Il Consiglio di amministrazione di Caviro, riunitosi il 26 novembre, ha eletto Carlo Dalmonte nuovo presidente del Consorzio.

Oggi Caviro è azienda leader del settore vitivinicolo nazionale, grazie a 37 cooperative associate - di cui 34 cantine -, 13 mila viticoltori che coltivano oltre 30 mila ettari di vigneto su tutto il territorio italiano, più di 400 milioni di litri prodotti e un fatturato previsto per il 2012 di 280 milioni di euro (+13% rispetto al 2011).
Abbiamo chiesto al neo-presidente di approfondire alcuni temi riguardanti gli obiettivi del gruppo faentino e una riflessione sulla  viticoltura italiana.


Quali sono gli obiettivi del suo mandato?
“Potrei rispondere semplicisticamente che l’obiettivo è quello di mantenere la leadership, poiché è normale che tutti cerchino di superare il capofila. In realtà l’obiettivo più importante è dare risposte soddisfacenti in termini soprattutto reddituali ai nostri azionisti, cioè ai soci viticoltori che noi dirigenti rappresentiamo”.

Per la vendemmia 2012 le previsioni davano quantità in calo, ma buona qualità. Quale è la situazione, a raccolta terminata, per la campagna 2012/2013?
“I dati, pressoché definitivi, ci confermano che nonostante le piogge di fine estate, in Italia siamo di fronte alla vendemmia più scarsa dal 1947 ad oggi. Anche in Europa le ultime due annate sono state molto deficitarie in termini quantitativi. In compenso la qualità si è presentata molto buona, pur con importanti diversificazioni nei diversi territori”.

Quali sono le prospettive per il comparto vitivinicolo in Italia e nel mondo?
“E’ difficile rispondere con una battuta. In linea generale si può affermare che con la cosiddetta ‘globalizzazione dei mercati’ sarà più facile continuare a crescere nell’export, specie nei Paesi che finora conoscevano poco il vino, mentre nel Vecchio Continente siamo di fronte a mercati saturi. La sfida di Caviro sarà proprio nel saper presidiare efficacemente tutti i mercati, sia come territorialità sia come fasce di consumo”.

Le Regioni dicono no alla liberalizzazione. Allo stato attuale, nel 2015 i diritti d’impianto spariranno. L'impatto potrebbe essere devastante per i produttori: grossi investimenti nella filiera, sovrapproduzione e crollo dei prezzi. Cosa ne pensa?
“Il mondo del vino è fortemente condizionato dalle normative comunitarie (ma vale per tutta l’agricoltura). Le regole attuali valgono fino al 2015, dopo avremo una nuova Ocm i cui negoziati sono già avviati. Tuttavia sul tema diritti di reimpianto c’è una posizione comune e condivisa dai Paesi produttori di vino (Italia compresa) volta a mantenere l’attuale sistema. Siamo comunque ancora in una fase di trattative anche se, pur con la necessaria prudenza, credo ci siano buone possibilità che il sistema attuale delle quote possa essere mantenuto anche per gli anni a seguire”.