In Campania le Zvnoa sono il 23% del territorio regionale
Il professor Tammaro Chiacchio, docente di diritto amministrativo all'Università del Sannio, legale di Coldiretti Campania, ha spiegato le motivazioni del ricorso, innanzitutto ricordando le potenziali conseguenze della delibera impugnata. "La delibera del dicembre scorso si riallaccia a quella del dicembre 2017 con la quale furono perimetrate le nuove Zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola e ne rappresenta l'applicazione" ha detto Chiacchio.La delibera 585/2020 ha mandato in vigore a decorrere dal primo marzo scorso - per effetto del divieto di spandimento dei liquami invernale - le nuove zone vulnerabili, che si estendono per oltre 137.470 ettari, già designate con la delibera di giunta n 762 del 5 dicembre 2017, portando da subito il limite agli spandimenti di effluente zootecnico da 360 chilogrammi di azoto per ettaro anno a 210 chilogrammi, per poi scendere, alla fine di un periodo transitorio di due anni, a 170 chilogrammi per ettaro anno.
Intanto, restano in vigore le norme che limitano lo spandimento a 170 chilogrammi di azoto per ettaro anno su altri 179mila ettari, per cui al momento le Zvnoa in Campania sono pari in totale a 316.470,33 ettari, qualcosa come il 23,15% della superficie territoriale totale della regione: in pratica tutte le principali aree pianeggianti. Un'emergenza che mette in pericolo tutta la zootecnia regionale bufalina e bovina.
"Tutto ciò comporta che, secondo quanto appurato da parte dei nostri esperti, se oggi teniamo sei capi bovini adulti per ettaro, da subito ne potremo avere solo 3,7 per finire a non più di tre capi al compiersi del secondo anno, il che equivale a porre gli allevatori di fronte ad una scelta: dimezzare la mandria o aumentare le superfici dei terreni dove effettuare gli spandimenti" ha ricordato il professor Chiacchio.
Le motivazioni del ricorso
Tre le motivazioni del ricorso. La prima è una vera e propria censura dell'operato di Regione Campania. "La colpa dell'inquinamento da nitrati non è degli allevatori - ha affermato l'avvocato Chiacchio - e l'istruttoria sulla quale si basano le norme della delibera si rivela inadeguata, tanto è vero che Coldiretti è in grado di dimostrare, secondo i calcoli dei suoi tecnici di Caserta e Salerno, basati su dati Ispra e del Censimento per l'agricoltura Istat più recente, la totale compatibilità ed il bilanciamento tra fattori inquinanti di origine agricola e fattori rigeneranti, quali l'assorbimento sui terreni da parte delle essenze foraggere dell'azoto contenuto negli effluenti zootecnici".Si tratta di una motivazione in parte già presente nella richiesta di sospensione degli effetti della perimetrazione delle nuove Zvnoa inviata da Confagricoltura Campania a Regione Campania nel febbraio 2018, che ebbe come effetto, unitamente ai successivi ricorsi amministrativi in atto all'epoca da parte di Coldiretti e Confagricoltura, di una moratoria. La tesi comune era già allora che non poteva esservi inquinamento di falda lì dove si era di fronte ad una insufficienza dell'azoto di origine zootecnia per sostenere le coltivazioni foraggere.
La seconda motivazione del ricorso è rappresentata dalla violazione di legge dell'atto amministrativo per sviamento e contraddittorietà: "Nel ricorso Coldiretti sostiene che, coerentemente alle direttive dell'Unione europea, da parte di Regione Campania doveva esservi innanzitutto una strategia di contenimento del fenomeno dell'inquinamento da nitrati di origine agricola ed in effetti la Regione si era dotata della legge n 20/2019 recante norme di incentivo all'adozione di tecnologie per l'abbattimento dei nitrati - ha ricordato il docente - ma tale normativa è stata disattesa da Regione Campania e l'atto amministrativo impugnato, legato astrattamente al rispetto delle norme europee, ha sviato l'azione programmatoria della legge 20/2019".
In effetti, anche se non sulla base di quella legge, con la successiva delibera di giunta regionale n 546 del 12 novembre 2019, l'assessorato Agricoltura aveva promosso il Piano straordinario per l'impiantistica, dedicato alla zootecnia bufalina, con un budget però di appena cento milioni di euro, volto a costruire una filiera energetica e del riutilizzo degli effluenti e dei digestati non spandibili, ma il Piano è rimasto lettera morta.
Ultima motivazione del ricorso Coldiretti: manca l'applicazione del principio di proporzionalità nell'azione amministrativa nella tutela di più beni giuridicamente protetti. "L'ambiente è un bene giuridico protetto che va salvaguardato, al pari dell'occupazione e della capacità di produrre reddito da parte della filiera zootecnica - ha sottolineato Chiacchio - ma è mancato un adeguato percorso partecipativo alla formazione dell'atto amministrativo delle organizzazioni agricole, cosa che ha contribuito a renderlo totalmente sproporzionato anche rispetto ai fini che intendeva raggiungere, quelli di realizzare le condizioni per la limitazione dell'inquinamento da nitrati".
Quest'ultimo affondo è - su un piano strettamente logico - un corollario della prima motivazione, l'inadeguatezza dell'istruttoria sin dalla perimetrazione delle aree, ma riveste sul piano giuridico una sua autonomia, di per sé idonea a rendere l'atto vulnerabile in giudizio.
Masiello, occorre trasformare questa crisi in opportunità
Conclusioni affidate al presidente di Coldiretti Campania, Gennarino Masiello: "Sono fiducioso sull'esito di questo ricorso perché credo possa portare Regione Campania a riflessioni diverse. Questo ricorso è importante non solo per questa filiera - ha aggiunto Masiello - ma per indicare una strada diversa dalla censura"."Occorre trasformare questa crisi in una opportunità - ha detto ancora il presidente di Coldiretti Campania - i reflui zootecnici possono diventare una risorsa per altre imprese per il riutilizzo dell'azoto e la produzione di energia, cose sulle quali occorre rilanciare una programmazione regionale, solo così è possibile costruire un'alternativa".