L'agricoltura sta attraversando una fase complessa, con grandi sfide di portata epocale. Sfamare una popolazione mondiale in aumento, fronteggiare i cambiamenti climatici, adattarsi alle nuove regole di origine europea e nazionali, soddisfare consumatori sempre più esigenti. Ma dove alcuni vedono solo problemi, altri intravedono delle opportunità.

 

In particolare la forte spinta impressa dall'Ue e dall'opinione pubblica verso la decarbonizzazione dell'economia, offre nuove occasioni di crescita come, ad esempio, quella rappresentata dal sequestro del carbonio nei suoli agricoli con la generazione e successiva vendita dei crediti di carbonio (Cc). 

 

Un'opportunità di cui si è discusso durante l'evento organizzato da Terrepadane che si è tenuto presso l'Università Cattolica di Piacenza e che ha visto coinvolte le aziende israeliane Rivulis ed Haifa, nonché la partecipazione da remoto dell’Ambasciatore di Israele in Italia Alon Bar. Un evento che ha avuto come focus l'irrigazione e la nutrizione smart delle colture e l'ingresso degli agricoltori nel mercato dei crediti di carbonio.

 

L'Unione europea a sostegno del Carbon farming

Ma andiamo con ordine. Prima di capire come gli agricoltori potrebbero guadagnare dal mercato dei crediti di carbonio è bene capire quello che sta a monte. Oggi l'Unione europea, pressata anche dai suoi cittadini-consumatori, ha stabilito obiettivi ambiziosi in termini di neutralità climatica del Vecchio Continente.

 

Entro il 2050 l'Ue non dovrà più emettere gas che abbiano un effetto negativo sul clima. Per raggiungere questo obiettivo Bruxelles ha adottato o sta discutendo una serie di regolamenti per intervenire in diversi comparti produttivi (si pensi al mondo dell'auto, che dal 2035 sarà solo elettrico).

 

Per il settore dell'agricoltura sono 2 le direttive di riferimento: Farm to Fork e Biodiversity. Direttive di ampio respiro, che toccano diverse tematiche, come ad esempio l'impiego degli agrofarmaci, ma che chiedono anche all'agricoltura di raggiungere la neutralità climatica. Anzi, all'agricoltore viene chiesto di sequestrare nei suoli agricoli anidride carbonica, il principale gas ad effetto serra.

 

Come ben spiegato da Paolo Sckokai, docente dell’Università Cattolica, le due strategie hanno già avuto ripercussioni importanti, ad esempio per quanto riguarda la nuova Pac. Per accedere ai pagamenti diretti si deve rispettare la condizionalità rafforzata che prevede alcune pratiche volte a sequestrare CO2 nei suoli agricoli. E anche gli Ecoschemi, come le misure agro-climatico ambientali dei Psr, vanno in questa direzione.

 

Insomma, l'Unione europea chiede agli agricoltori non solo di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, ma anche di contribuire a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sequestrando CO2 nei terreni agricoli. La Strategia F2F prevede anche un impegno esplicito da parte della Commissione Ue ad intraprendere una iniziativa sul carbon farming per valorizzare il contributo positivo dell'agricoltura.

 

In particolare, lo scorso anno è stata presentata la bozza di regolamento sul carbon farming, in cui la Commissione Ue ha proposto un quadro normativo di riferimento, che definisca ad esempio come calcolare la CO2 sequestrata, quali sono gli impegni che vincoleranno gli agricoltori e come dovrebbe funzionare il mercato dei Cc.

 

Il mercato dei crediti di carbonio e le opportunità per l'agricoltura

Già, perché quando una pianta cresce assorbe anidride carbonica che rimane imprigionata nella sostanza organica finché questa non viene degradata dai microrganismi del suolo. L'Unione europea promuove dunque alcune pratiche per evitare che questo accada e sovvenziona direttamente alcuni interventi.

 

Tra le pratiche che rientrano nel carbon farming troviamo:

  • Forestazione.
  • Agro-forestazione (mix di specie arboree e coltivazioni erbacee).
  • Gestione conservativa del suolo (minima lavorazione, no tillage, etc.).
  • Conversione di terreni arabili in pascoli o prati permanenti.
  • Ripristino di torbiere e zone umide.
  • Nuovi sistemi irrigui.

 

Gli agricoltori vengono dunque sovvenzionati (attraverso la Pac) per adottare alcune di queste pratiche, ma possono anche ricavare nuovi introiti dalla produzione e vendita dei crediti di carbonio. 

 

I crediti di carbonio sono attestati che certificano che un agricoltore ha sequestrato nei propri terreni anidride carbonica. Un credito equivale ad una tonnellata di CO2 ritirata dall'atmosfera. Se quindi, ad esempio, un agricoltore non ara il proprio campo sequestra CO2 e quindi può, in linea di principio, ottenere dei Cc.

 

Mentre si attende che l'Ue adotti una propria legislazione a riguardo, ad oggi il rilascio e la compravendita dei crediti non è regolamentata da nessuna legge. Se un agricoltore volesse entrare in questo mercato volontario dovrebbe rivolgersi ad un ente certificatore (ne esistono 5 al mondo) che verificherebbe la quantità di CO2 sequestrata attraverso analisi del suolo, sopralluoghi e controlli. Si tratta di un iter lungo, complesso e costoso che in futuro, grazie anche al digitale, diventerà molto più snello e accessibile.

 

Ottenuti i crediti, l'agricoltore può venderli. Ma a chi? Ad oggi i possibili clienti sono le aziende o le società che vogliono compensare le proprie emissioni. In altre parole aziende inquinanti, come le compagnie aeree, che non possono ridurre le proprie emissioni, le possono compensare comprando i crediti dagli agricoltori. Il concetto è semplice: io emetto in atmosfera x tonnellate di CO2 e pago l'agricoltore perché sequestri la stessa quantità di gas ad effetto serra nei suoi terreni.

 

Il progetto Rivulis Climate Farmer

Durante l'evento di Piacenza, Haifa e Rivulis hanno presentato le proprie soluzioni innovative per l'agricoltura che possono contribuire a ridurre le emissione di gas climalteranti. Ad esempio l'uso di concimi a lento rilascio permette all'agricoltore di ridurre l'impiego di fertilizzanti. L'uso di strumenti digitali a supporto delle decisioni, consente una concimazione più mirata, senza sprechi, con ricadute ambientali positive.

 

Lo stesso vale per l'irrigazione. Adottare quella a goccia, tecnologia di cui Rivulis è uno dei leader di mercato, permette di risparmiare acqua, mentre l'uso di strumenti digitali consente di ottimizzare l'uso della risorsa idrica. Matteo Scaglioni, responsabile Water Management di Terrepadane, ha ad esempio raccontato con quale impegno il consorzio affianchi gli agricoltori per fornire strumenti innovativi per l'irrigazione delle colture, pomodoro in primis, ma sempre di più anche mais.

E per sostenere l'ingresso degli agricoltori nel mercato dei crediti di carbonio Rivulis, azienda israeliana proprietà del fondo sovrano di Singapore (Temasek), ha lanciato Rivulis Climate Farmer.

 

Attraverso i suoi tecnici sul territorio e partner come Terrepadane, Rivulis si occupa di seguire il processo di certificazione affidato a Gold Standard, come di vendere i crediti di carbonio generati. In questo modo, per l'agricoltore si apre una nuova interessante opportunità di business.

 

Il nodo del prezzo 

Bisogna tuttavia sempre valutare il rapporto tra costo-opportunità dell'entrare in un mercato nascente, dove il livello di incertezza è elevato. Adottare pratiche volte a sequestrare carbonio nei suoli ha, ad esempio, un costo (ad esempio nuove attrezzature o cali di produzione) che solo in parte può essere coperto dai fondi Pac. 

 

Bisogna poi avere una stima della quantità di crediti che possono essere generati in una azienda agricola a seconda delle varie tipologie di impegni che questa si assume. Ed infine, bisogna calcolare quale può essere il prezzo di vendita dei crediti oggi estremamente ballerino e di difficile previsione per gli anni futuri.

 

All'interno del progetto Rivulis Climate Farmer ci sono oggi tre aziende agricole pilota, una delle quali ha messo a disposizione 50 ha di mais e 23 ha di kiwi. Ad oggi, l'iter di certificazione non si è ancora concluso ma si stima che il primo anno si genereranno circa 205 crediti di carbonio e che dopo 10 anni si arriverà a 1.790 cc generati. Crediti che poi saranno venduti per conto dell'agricoltore dalla stessa Rivulis.