Alcuni l'hanno già ribattezzata la guerra dei formaggi, ma quella che potrebbe andare in scena fra Cina e Unione Europea potrebbe avere un impatto ben più ampio e colpire anche gli alcolici e le carni suine e i salumi, facendo male all'export dell'Ue e dell'Italia, che oltre la Grande Muraglia invia annualmente prodotti agroalimentari per qualche miliardo di dollari.

 

Solo di latte e derivati Pechino importa dall'Ue-27 qualcosa come 1,7 miliardi di euro, dei quali 80 milioni dall'Italia, che è leader nell'export di formaggi freschi verso l'ex Celeste Impero. Complessivamente, l'Italia ha collocato in Cina beni agroalimentari per un valore di 580 milioni di euro, su un totale dell'export tricolore che nel 2023 ha toccato i 64 miliardi di euro.

 

Formalmente, Pechino ha avviato una indagine sulle sovvenzioni riguardanti sussidi concessi dall'Unione Europea e da alcuni Paesi membri, Italia compresa, per i prodotti lattiero caseari, allo scopo di verificare se i sussidi forniti da venti Stati europei ai rispettivi produttori siano conformi alle regole dell'Organizzazione Mondiale Internazionale. Una diversa lettura, invece, attribuisce l'atteggiamento della Cina come un messaggio di risposta ai dazi imposti sulle auto elettriche cinesi, scattati proprio a seguito di un'indagine europea su presunti sussidi pubblici forniti da Pechino alle proprie aziende automobilistiche.

 

Fatto sta che a tremare ora sono le filiere lattiero casearie europee, dalle Dop come Gorgonzola, Mozzarella di Bufala, Grana Padano e Parmigiano Reggiano, con l'Italia che è leader nel segmento dell'export dei formaggi (secondo i dati Clal.it la Cina ha ritirato 6.291 tonnellate di formaggi made in Italy fra gennaio e luglio, in crescita di oltre il 29% rispetto allo stesso periodo del 2023). A frenare le vendite si rischierebbe di favorire l'italian sounding di altri Paesi che potrebbero insinuarsi con prodotti evocativi, senza provenire dall'arte casearia di casa nostra.

 

Grafico: Cina: dairy import da Italia

Cina: dairy import da Italia

(Fonte foto: Clal.it)

 

L'Unione Europea, secondo le ultime elaborazioni di Clal, ha inviato in Cina fra gennaio e giugno di quest'anno 151.373 tonnellate di latte (-26,9% tendenziale), 102.704 tonnellate di polvere di siero (-1%), 76.717 tonnellate di latte per l'infanzia (-18,8%), 17.592 tonnellate di formaggi (+7,4%), 16.233 tonnellate di polvere di latte scremato (-66,8%), 15.070 tonnellate di lattosio per uso farmaceutico (-15,4%), 9.894 tonnellate di burro e grassi (+13,8%), 8.883 tonnellate di yogurt e latticello (-22,9%), 7.816 tonnellate di polvere di latte intero (+3,6%), 5.682 tonnellate di latte condensato (-9,2%).

 

Al netto dei numeri, che restano per alcune voci significativi, anche se per diverse voci distanti in termini di volumi dai quantitativi esportati verso la Cina dalla Nuova Zelanda, si possono cogliere alcune evoluzioni del mercato cinese.

 

Rispetto alla prima fase post covid-19, quando l'Ue si trovò ad esportare 1.445.000 tonnellate in equivalente latte fra gennaio e luglio del 2021 (contro le attuali 534mila), oggi la rotta commerciale dall'Europa al Dragone cinese si è ridimensionata. È una tendenza che riguarda anche altri player e questo perché la Cina sta sviluppando una filiera lattiero casearia interna, a colpi di aiuti per realizzare strutture di trasformazione e stalle per rilanciare le aree rurali. Probabilmente, quindi, i numeri del periodo d'oro vissuto qualche anno fa potrebbero non vedersi più, almeno per un po' di tempo.

 

Grafico: Cina: importazioni di prodotti lattiero caseari distinte per Paesi fornitori

Cina: importazioni di prodotti lattiero caseari distinte per Paesi fornitori

(Fonte foto: Clal.it)

 

Non soltanto gli italiani sono preoccupati per una eventuale imposizione di dazi che renderebbero più complicato esportare in Cina e finirebbero inevitabilmente per frenare i commerci internazionali verso Pechino. Anche l'Irlanda, che esporta prodotti lattiero caseari per un valore di circa 450 milioni di euro, comincia ad agitarsi, con i rappresentanti dell'organismo agricolo che minacciano di chiedere il conto all'Ue per eventuali mancati introiti in seguito alle tensioni lungo l'asse Bruxelles-Pechino.

 

Anche carne suina e salumi potrebbero finire sul banco degli imputati, con il rischio di frenare esportazioni dall'Unione Europea alla Cina che rappresentano una valvola di sfogo anche per alcuni sottoprodotti particolarmente graditi dalla cucina cinese come teste, orecchie e zampe, per non parlare di prosciutti, salami e carne fresca, congelata e refrigerata. In caso di mancate vendite, sarebbero tutte produzioni destinate a creare pressioni sul mercato europeo. Con la conseguenza di un ridimensionamento dei listini di casa nostra, in questa fase piuttosto remunerativi per gli allevatori.