Che cosa farà la Cina nel 2023? E qual è stato l'impatto della guerra in Ucraina ad opera dell'amico "senza limiti" Vladimir Putin? Quali conseguenze ci saranno sulle politiche agricole di Pechino?

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Domande alle quali dare una risposta è tutt'altro che semplice, sia per l'ambiguità dell'atteggiamento del Politbüro cinese, sul quale Xi Jinping - lo abbiamo visto lo scorso ottobre, nelle fasi cruciali del congresso del Partito Comunista Cinese - esercita il controllo totale, e sia perché nel corso degli ultimi anni l'ex Celeste Impero non ha fornito coordinate chiare in merito all'individuazione dei propri partner commerciali, coi quali talvolta ha ingaggiato scaramucce ideologiche, rientrate alla bisogna, cioè quando gli interessi della grande Nazione cinese sovrastavano eventuali prese di posizioni dogmatiche.

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Un dato appare pressoché incontrovertibile. La popolazione cinese, ancorché superata da pochi mesi nei numeri dall'India e alle prese per la prima volta dopo decenni con una mancata crescita e un rallentamento del Prodotto Interno Lordo (Pil), non è ancora autosufficiente dal punto di vista alimentare. Deve pertanto affidarsi alle importazioni. Non a caso, la Cina è il primo importatore di cereali e di semi oleosi al mondo. Solamente nel 2022, il Regno di Mezzo ha ritirato oltre 54,2 milioni di tonnellate di cereali. In flessione, ci evidenzia il sito Teseo.Clal.it, del 18% rispetto ai volumi record del 2021, ma pur sempre con importazioni record.

 

I primi fornitori di cereali della Cina, almeno negli ultimi tre anni, sono, guarda caso, gli Stati Uniti, seguiti da Australia, Ucraina (che nel 2022 ha registrato un crollo del 51,9% dell'export verso il Dragone) e Argentina. Le importazioni di mais, in particolare, sono aumentate di quasi dieci volte tra il 2016-2017 e il 2021-2022, passando da 2,4 milioni di tonnellate a 21,8 milioni di tonnellate, secondo i dati dell'Usda, il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti.

 

Osservando invece il comparto dei semi oleosi, la Cina ha acquistato oltre 96,2 milioni di tonnellate dall'estero (-5,83% sul 2021), con il Brasile e gli Stati Uniti primi fornitori, con quote di mercato rispettivamente del 60% e del 32%, in diminuzione del 6,45% e dell'8,56% rispetto all'anno precedente.

 

Singolare che sia per cereali che per semi oleosi la Russia di fatto non compaia (se non per un residuale 1% tra i fornitori di soia) come partner commerciale. Possibile? Lo sarà nel 2023? Vedremo.

 

Quale sarà l'evoluzione del 2023, come anticipato, è difficile prevederlo, per le molte variabili in campo. È tuttavia molto probabile che Pechino porti avanti una strategia, dove possibile, di riduzione delle importazioni.

L'Agenzia di stampa Reuters, citando il Piano annuale di politica rurale del Consiglio di Stato, sostiene che "il Governo intende intensificare gli sforzi per aumentare la produzione agricola di diverse derrate strategiche e ridurre gli acquisti su un mercato internazionale sempre più volatile".

 

Le autorità cinesi puntano ad incrementare il ritmo della commercializzazione di mais e soia geneticamente modificati al fine di aumentare le rese delle colture. Allo stesso tempo, informa l'Agenzia di stampa Ecofin, "vogliono sostenere maggiormente i produttori di grano e promuovere la coltivazione della colza. Nel complesso, il Governo intende in particolare aumentare la capacità di produzione di cereali di 50 milioni di tonnellate, rispetto all'attuale produzione di oltre 650 milioni di tonnellate, e ridurre l'utilizzo di razioni di farina di soia nell'alimentazione animale". Una soluzione finalizzata, molto probabilmente, a contenere i costi di una zootecnia che nei piani produttivi del Governo cinese mira alla crescita, stante il crescente fabbisogno di proteine nobili di origine animale.

 

Un altro risvolto della politica cinese legato indirettamente all'invasione russa in Ucraina. Nei giorni scorsi il presidente iraniano Ebrahim Raisi è stato in visita ufficiale a Pechino. Secondo fonti del Ministero dell'Agricoltura dell'Iran la Cina si impegnerà per sostenere diversi progetti agricoli in Iran, attraverso investimenti e finanziamenti per un valore di 8,1 miliardi di dollari. Inoltre, il viceministro iraniano dell'Agricoltura, Shahpour Alayi, ha reso noto che la Cina investirà "circa 3,5 miliardi di dollari in pesca, meccanizzazione, agricoltura, serre e aridocoltura in Iran, nel quadro di un memorandum di intesa firmato tra i due Paesi".

 

Secondo quanto riportato dal sito presstv.ir, "l'Iran potrà accedere a circa 4,6 miliardi di dollari di risorse cinesi nell'ambito di un programma finanziario per due importanti progetti agricoli nel Sud e nel Nord del Paese". Il via alle operazioni potrebbe arrivare già il mese prossimo.

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