La siccità continua ad allungare minacciosa la sua ombra sul Mezzogiorno d'Italia, che sta affrontando una delle annate più secche del recente passato. E le prospettive per i prossimi mesi, a causa delle temperature marine mai così alte come quest'anno, non sono affatto rosee: maturano le condizioni per lo scatenarsi di devastanti incendi boschivi, proprio mentre le riserve idriche stoccate appaiono insufficienti a garantire contemporaneamente la necessaria disponibilità per cittadinanza, flussi turistici e produzione agricola di qualità.

 

È questa l'analisi dell'Osservatorio sulle Risorse Idriche dell'Anbi,  l'Associazione Nazionale tra i Consorzi di Bonifica e Irrigazione, sulle condizioni di siccità che si prospettano in tutto il Sud, dopo il maggio più caldo della storia a livello globale, con 0,64°Celsius in più di temperatura rispetto alla media.

 

In Sicilia, ad inizio di maggio, la disponibilità idrica nei bacini era scesa a 300,18 milioni di metri cubi, vale a dire il 30% della capacità complessiva. Si tratta del risultato peggiore almeno dagli ultimi 15 anni con uno scarto negativo, sul precedente record del 2018, pari ad oltre 187 milioni di metri cubi. Ma c'è di più: solo rispetto alla media 2010-2023 manca il 48% di acqua. Inoltre, al di là di modeste piogge, i prossimi giorni sull'isola saranno all'insegna del bel tempo e di temperature, che supereranno i 30 gradi come in tutto il Sud. Su tutto nella Sicilia si aggiungono importanti problemi di interrimento dei bacini, che hanno così ridotto la loro capacità di invaso nominale.

 

In Sardegna, la temperature elevate nei giorni scorsi. Sull'isola la situazione degli invasi resta difficile: nel mese di maggio sono stati rilasciati ben 48,46 milioni di metri cubi d'acqua. La differenza negativa tra maggio 2024 e l'anno precedente è di 287,62 milioni di metri cubi. Anche qui come in Sicilia si tratta del dato più basso da almeno 15 anni; mancano all'appello quasi 761 milioni di metri cubi d'acqua sulla capacità complessiva dei bacini.

 

Analoga è la vicenda della Puglia, dove i bacini si svuotano settimanalmente di 5 milioni di metri cubi d'acqua: attualmente ne restano 175,7 cioè il 53% del potenziale; il deficit sul 2023 sale a 148,31 milioni di metri cubi.

 

Ma se queste sono le tre regioni dove si trovano le aree di crisi che fanno più paura per i mesi avvenire, anche per la condizione di insularità di due di loro, c'è da rilevare che chiare presenze di scarsità di risorsa idrica iniziano a palesarsi - percorrendo lo stivale da Nord a Sud - sin dalla regione Marche. Proprio in questa ultima regione, complice una primavera avara di piogge ed il mancato innevamento dell'Appennino Umbro Marchigiano durante l'inverno, i fiumi stanno subendo da diverse settimane una lenta e progressiva contrazione dei livelli idrometrici; a farne le spese sono soprattutto i fiumi Potenza, Esino, Tronto ed il Sentino, che registrano valori ben al di sotto della media dello scorso quinquennio. Le cinque dighe regionali stanno, però, trattenendo una quantità d'acqua pari a 52,29 milioni di metri cubi, cioè un valore inferiore al solo 2023 quando gli invasi erano pieni al 97%, mentre ora stazionano comunque intorno ad un confortante 80%.

 

In Umbria è molto preoccupante la condizione del lago Trasimeno che, al pari dei bacini del Centro Italia, affronterà i mesi più caldi dell'anno in una condizione davvero critica ed un livello idrometrico, inferiore di 82 centimetri alla media. Anche i fiumi umbri non brillano per le loro performance: decrescono velocemente Paglia e Topino, così come il Chiascio, la cui altezza attuale è quasi 40 centimetri in meno dello scorso anno.

 

Similmente è evidente la situazione di sofferenza idrica che stanno vivendo i territori del Lazio, i cui laghi perdono quotidianamente preziosi centimetri d'acqua: il bacino di Bracciano è prossimo a tornare sotto il livello di -100 centimetri di livello, indicatore degli anni peggiori. Il lago di Albano in poco più di un mese si è abbassato di ben 17 centimetri, mentre il limitrofo invaso di Nemi è 48 centimetri più basso rispetto all'anno scorso. Anche i fiumi, ad eccezione del Fiora, stanno soffrendo: il Tevere ha una portata dimezzata rispetto alla media ed anche nell'Aniene manca il 43% del flusso abituale in questo periodo; prestazioni negative anche per il fiume Velino, il cui deficit di portata nell'Alta Sabina si aggira sul 24%.

 

Non accenna a finire neppure la lunga stagione siccitosa dell'Abruzzo, dove i fiumi stanno soffrendo, oltre che per la scarsità di piogge, anche per l'irrisorio apporto d'acqua generato dalla fusione della neve in quota che quest'anno è stata inferiore del 60% sulla media (fonte: Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Centrale). Così l'Orta, nel pescarese, continua a calare e l'attuale livello idrometrico, 54 centimetri, ne segna ben 40 in meno rispetto allo scorso anno; il Sangro (48 centimetri) registra -11 centimetri sul 2023; il Vomano, nel Teramano, vede in alveo 16 centimetri d'acqua contro i 38 centimetri di un anno fa: sono livelli abitualmente verificati nel mese di agosto.

 

Il livello del fiume Volturno, sia in Campania che a monte in Molise, risulta basso e addirittura decrescente verso la foce; cala anche il Sele, mentre il Garigliano resta stabile.

 

In Basilicata i volumi trattenuti dai bacini si sono ridotti di ulteriori 4,3 milioni di metri cubi: il gap con il 2023 si amplia fino a toccare i 166,74 milioni di metri cubi in meno; il totale della riserva idrica disponibile si attesta a 318,5 cioè il 42% della capacità d'invaso delle dighe.

 

In Calabria, trend decrescente per le portate dei fiumi Coscile, Lao ed Ancinale con gli ultimi due nettamente deficitari rispetto ai valori medi del periodo.