A fronte delle cattive notizie sul fronte della capacità dei mercati esteri di assorbire la produzione italiana di vino, culminate con quella della caduta del 20% dell'export nel primo trimestre 2021, c'è chi non sembra proprio sfiorato dalla crisi da Covid-19 e dal conseguente rallentamento del settore Horeca. Mentre il mondo della cooperazione e delle organizzazioni agricole chiede a gran voce la distillazione di crisi e lo stoccaggio privato per le Doc e le Docg per sostenere i prezzi, che vede però Federdoc, Unione italiana vini e Federvini fermamente contrarie a misure ritenute e inefficaci, c'è chi nel 2020 ha strappato ogni record di vendita e proprio all'estero.

In tempo di pandemia e crisi da Covid-19 riuscire a commercializzare oltre 28 milioni di bottiglie che corrispondono a più di 21 milioni di litri per un giro d'affari di oltre 182 milioni di euro non è uno scherzo per nessuno. E sono invece proprio questi i numeri dello scorso anno di una delle denominazioni più importanti ed emergenti dell'Italia meridionale: il Primitivo di Manduria Dop, che mette a segno un aumento dei volumi venduti e del fatturato di circa il 23% rispetto al 2019: come se niente fosse. Per di più dentro una zona - quella del Salento, in Puglia - colpita gravemente dalla Xylella fastidiosa, che ha messo in ginocchio l'olivicoltura.

In particolare, il Primitivo di Manduria Doc rappresenta il 91,6% dell'intero imbottigliato di questo monovitigno, il Primitivo di Manduria Doc Riserva il 7,9% ed il il Primitivo di Manduria dolce naturale Docg lo 0,5%. E il dato forse più clamoroso è che il 70% di questa produzione è destinata ai mercati esteri, dove incurante della pandemia e della crisi da Covid-19 continua a mietere successi di vendite.

Segno che nelle crisi c'è sempre un'opportunità, ma che non devono mancare talenti e strumenti per poterle cogliere: "Questa crescita - afferma Mauro di Maggio, presidente del Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria - è la dimostrazione che le nostre cantine puntano sulla nostra Doc e che la passione dei consumatori non accenna a diminuire. La nostra area vitivinicola sta cambiando pelle più rapidamente di altre grazie ad un'economia che sta crescendo ed è in grado di fare ulteriori salti di qualità".

La crescita economica dell'area Dop è nei fatti, basta guardare ai numeri dell'anno precedente, il 2019, quando il fatturato aveva raggiunto gli oltre 147,5 milioni di euro (più 21% sul 2018) ed era stata sviluppata una produzione di 17 milioni di litri.

"A questi dati, che non ci sorprendono, si deve poi aggiungere il ricambio generazionale - aggiunge di Maggio. "Ci sono molti giovani che si stanno affacciando in questo settore con la voglia di continuare il lavoro dei vecchi viticoltori e con competenze elevate e grande passione. Il lavoro in campagna si sta trasformando: le nostre aziende, piccole e grandi, operano in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione e vendita aziendale del vino fino all'enoturismo".

Il presidente del Consorzio di tutela del Primitivo conclude con un dato forte: "Il 35% delle nostre cantine ha attirato le energie della nuova generazione, giovani appassionati di vino che hanno una preparazione cosmopolita".