Mediobanca presenta un aggiornamento annuale del settore vinicolo italiano e internazionale. Il campione riguarda 136 società produttrici con fatturato superiore ai 25 milioni di euro, di cui 14 tra le maggiori imprese internazionali quotate con fatturato superiore a 150 milioni di euro. Il dato sicuramente più rilevante è la ripresa dei ricavi nel 2015 (+4,8%), sia grazie all’export (+6,5%) ma anche per la ripresa dei consumi interni.

Ottima la performance degli spumanti (+10%), che sono cresciuti all’estero del 15,2% in più. Buoni risultati anche per i vini non spumanti (+3,7% complessivo, +5,1% per l’estero). Fra i mercati principali di sbocco per il vino made in Italy, il Nord America mette a segno una crescita notevole (+13,3%),  arrivando a rappresentare il 34% dell’export, mentre diminuisce l’Asia (-10%), con una quota che vale appena il 3,9% delle vendite.

Il principale sbocco restano i paesi Ue, che crescono a ritmo più modesto (+3,7%). Segno più anche per l’export in Africa, Medio Oriente e Paesi europei non UE, con un peso del 9,1% del totale; il residuo 1,5% delle esportazioni va invece in Sudamerica, mercato che cresce del 18,3%.

Per quanto riguarda un’analisi approfondita sui big del settore, Cantine Riunite-Giv si conferma il maggiore gruppo italiano con 547 milioni di euro di fatturato (+2,7% sul 2014). Al secondo posto rimane la cooperativa romagnola Caviro, con 300 milioni di fatturato (-4,4%), mentre prosegue la crescita di Antinori (+8,7%), con 202 milioni di euro. Zonin tocca quota 183 milioni di euro di fatturato (+14,3% sul 2014), e a seguire la trentina Mezzacorona, quinta a 175 milioni (+2,1%).

Brusco calo per la divisione vini della Campari, che paga il prezzo pesante della crisi russa e scivola così in sesta posizione con 171 milioni di euro (-18,2%). Il record di crescita nel 2015 va però alla cooperativa trevigiana La Marca, che passa da 60 a 76 milioni di euro (+25,1%), seguita da Ruffino, con un fatturato di 94 milioni di euro (+17%). Ottime performance anche per La Gioiosa, Botter, Frescobaldi e la cooperativa veronese Collis.

Per quanto concerne le Spa italiane del vino, il capitale netto di queste ammonta a 2,4 miliardi di euro, con un valore di mercato da 3,3 miliardi di euro e un premio sul valore contabile pari a circa il 40%. Intanto anche la Borsa guarda al vino, tanto che nel 2015 c’è stata la prima quotazione di due società vinicole italiane, l’Italian Wine Brands e Masi Agricola, della famiglia Boscaini.

Investire nel vino quotato in Borsa sembra essere un ottimo affare, infatti da gennaio 2001 l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo è cresciuto del 449%, ben al di sopra delle Borse mondiali che hanno segnato un più modesto progresso dell’86%.