Prodotti agroalimentari e filiera “controllata”, anche se in questo caso il termine non ha lo stesso significato di garantito e trasparente. Dalle mozzarelle ai terreni agricoli, dai ristoranti all’autotrasporto, il terreno dell’illegalità è fertile, come riconosce un’indagine di Coldiretti sul prezzo dell’illegalità, presentata nei giorni scorsi al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio.
Per contrastare questi fenomeni di agromafia la Coldiretti insieme all’Eurispes ha promosso la Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare”, con l’ex procuratore capo di Torino e Palermo, Gian Carlo Caselli, alla guida il Comitato Scientifico della Fondazione presieduta da Roberto Moncalvo.
Lo scenario che emerge è inquietante. A partire dalle frodi a tavola. Il valore dei prodotti – cibi e bevande – sequestrati in quanto adulterati, contraffatti o falsificati, ha registrato una vera e propria impennata: +277% nel giro di sei anni, nell’intervallo cioè 2008-2014.
Nei primi nove mesi del 2014, riferisce Coldiretti, sono stati sequestrati beni e prodotti per un valore di 318,7 milioni di euro: carne (29%), farine pane e pasta (16%), latte e derivati (12%) e prodotti ittici (9 per cento). Per non dimenticare la nuova frontiera degli ingredienti low cost (di per sé nulla di male) impiegati nella ristorazione, ma che nel 15% dei casi nascondono frodi e adulterazioni. A corollario delle attività delle forze dell’ordine e della magistratura, 10 arresti nei primi nove mesi dell’anno, 1.310 persone segnalate all’autorità giudiziaria e 7.672 a quella amministrativa.
D’altronde chi riesce a mettere a segno un “tarocco” nell’agroalimentare riesce a guadagnare da cinque a 60 volte il costo della sofisticazione, a seconda del prodotto. fra i più colpiti, logicamente, i simboli del made in Italy per il valore aggiunto che garantiscono.
“Le frodi a tavola si moltiplicano nel tempo della crisi soprattutto con la diffusione dei cibi low cost e sono crimini particolarmente odiosi perché si fondano sull'inganno nei confronti di quanti, per la ridotta capacità di spesa, sono costretti a risparmiare sugli acquisti di alimenti”, ha dichiarato il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “oltre un certo limite non è possibile farlo se non si vuole mettere a rischio la salute”.
Una delle strategie per ridurre simili pratiche, secondo Coldiretti è “l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima impiegata”.
Dalle agromafie al panorama più preoccupante fra mafia, camorra e ‘ndrangheta il passo è purtroppo breve. E così, dall’indagine Coldiretti sul prezzo dell’illegalità, sulla base dei dati Ixé, emerge che il 61% dei disoccupati è disposto ad accettare un posto di lavoro in un’attività dove la criminalità organizzata ha investito per riciclare il denaro e quasi uno su dieci (l’8%) è pronto anche a commettere reati. Si parlerebbe di un esercito potenziale costituito da ben 230mila “soldati”. Gente che non avrebbe alcun problema a delinquere in cambio di un lavoro.
Quasi un italiano su cinque (18%) non avrebbe problemi a recarsi in un pizzeria, ristorante, bar o supermercato gestito o legato alla criminalità organizzata, a patto che i prezzi siano convenienti (9%), i prodotti siano buoni o di ottima qualità (5%) o addirittura se il posto sia comodo e vicino a casa (4 per cento).
Altro aspetto che fa pensare è che il 63% degli italiani conviene che in certe zone d’Italia, dove c’è molta disoccupazione e povertà, la criminalità organizzata ha saputo creare opportunità di lavoro. La crisi preme anche sulla solidarietà, al punto che il 58% degli italiani non sarebbe disposto a pagare il 20% in più per un prodotto alimentare ottenuto da terre o aziende confiscate alla mafia.
Il 17% degli italiani (quasi uno su cinque) secondo la ricerca di Coldiretti avrebbe commesso furti, anche di lieve entità, in quanto costretto dalle difficoltà economiche che spingono a rubare per soddisfare anche i più elementari bisogni e le più tradizionali abitudini.
Nel 68% dei casi sono stati sottratti generi alimentari, nell’11% oggetti per i figli e nel 10% strumenti di lavoro. Il risultato è che i furti nei supermercati in Italia hanno superato il valore di 3 miliardi di euro all’anno, secondo una stima della Coldiretti. Dai prodotti per la barba ai formaggi (Grana Padano e Parmigiano-Reggiano), mentre aumentano anche i furti nella campagne: insalata, frutta, animali. La crisi cambia i gusti anche dei ladri, se così si può dire. Anche in Italia, dove la spesa per l’alimentazione raggiunge quasi il 19% del totale.