Taglia, taglia e ancora taglia. Nel 2021 toccò a mancozeb cadere sotto i colpi della Revisione Europea degli agrofarmaci, seguito nel 2024 da metiram e dimetomorf. L'ultimo giorno di impiego del primo cadrà infatti il 28 novembre 2024 (quindi è già gara chiusa), mentre per il secondo le applicazioni in campo potranno prosegue sino al 20 maggio 2025

 

Fra le sostanze attive di sintesi multi-sito, capaci cioè di inibire più vie enzimatiche contemporaneamente, restano in pratica solo folpet e ditianon. Se quest'ultimo è stato per decenni pilastro fondamentale dei programmi di difesa del melo dalla ticchiolatura, folpet ha svolto analogo ruolo per quanto riguarda la peronospora della vite. Unica differenza, doveva spartirsi il mercato con i ditiocarbammati e con un altro prodotto di copertura multisito che porta il nome di rame. Ciò ne ha limitato ovviamente l'uso, complici anche dei disciplinari di produzione che lo hanno osteggiato a lungo e duramente. 

 

Oggi, come detto, fra le sostanze di sintesi restano solo loro come agenti ad ampio spettro e avulsi da qualsivoglia fenomeno di resistenza: folpet e ditianon, quest'ultimo approdato anni fa anche su vite contro la peronospora. Sarà quindi bene tenerseli buoni, poiché di partner di contatto come questi non se ne trovano davvero più. 

 

Folpet: lo stato dell'arte quanto a registrazioni

A oggi folpet è presente in Italia con 91 diversi formulati autorizzati, di cui 48 disponibili a catalogo di una o più aziende. Da solo è venduto con 12 differenti prodotti, mentre più numerose sono le miscele a due o a tre vie alle quali folpet partecipa. 

 

Diversi i partner tecnici, come il citato e morituro dimetomorf, ma anche iprovalicarb, amisulbrom, bentiavalicarb isopropile, benalaxil M, valifenalate, azoxistrobin, metalaxil e metalaxil-m, mandipropamid, pyraclostrobin, ciazofamid, solfato tribasico di rame, fosetil alluminio, fosfonato di potassio e oxathiapiprolin. 

 

Una quantità di soluzioni molto ampia, quindi, visto che a un fungicida di contatto come folpet vengono abbinati diversi citotropico/translaminari e sistemici. Un mix di antiperonosporici che permette di controllare molto bene la patologia, pur essendo folpet attivo anche su altri patogeni e su altre colture.

 

Per esempio sono autorizzati i trattamenti con folpet anche su pomodoro, da mensa o da industria, in pieno campo o in serra, contro alternaria, cladosporiosi, antracnosi, septoriosi e muffa grigia. Anche su vite, sua coltura di elezione, i target di folpet sono però molteplici, rinvenendosi nelle etichette autorizzate, oltre alla peronospora, anche escoriosi, black rot e rossore parassitario (Pseudopezicula tracheiphila). Chi lo usa sa però bene che ci sono altri patogeni che non lo gradiscono, come per esempio la botrite. 

 

Il quadro normativo

Dal punto di vista normativo, Austria e Italia sono stati rispettivamente Stato relatore e correlatore per la valutazione di folpet. Al termine del percorso folpet è stato autorizzato tramite il Regolamento di Esecuzione (Ue) 2024/2198 Della Commissione del 4 settembre 2024, in conformità al regolamento (CE) n. 1107/2009. 


Non è stata però una passeggiata: per essere approvato, folpet ha dovuto superare alcune richieste di approfondimento. Il 10 ottobre 2019, per esempio, l'Autorità ha infatti chiesto informazioni supplementari su eventuali proprietà di interferente endocrino. Queste informazioni aggiuntive sono state soddisfatte dai richiedenti e utilizzate quindi dallo Stato relatore il quale, nel maggio 2022, ha messo a disposizione dell'Autorità, degli Stati membri e della Commissione un progetto aggiornato di rapporto valutativo per il rinnovo, proponendo di rinnovare l'approvazione di folpet.

 

Tradotto: non risulta classificabile come interferente endocrino. Grazie a ciò, il 12 luglio 2023 l'Autorità ha comunicato alla Commissione le sue conclusioni sulla possibilità che folpet soddisfacesse i criteri di approvazione di cui all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1107/2009. Quindi, il 20 marzo 2024 la Commissione ha presentato al comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi una relazione sul rinnovo, mentre il 22 maggio 2024 ha presentato il relativo progetto di regolamento d'approvazione.


Il regolamento di esecuzione (Ue) 2023/918 della Commissione ha perciò prorogato il periodo di approvazione di folpet fino al 15 febbraio 2025, al fine di consentire il completamento della procedura di rinnovo prima della scadenza del periodo di approvazione della sostanza attiva. Tuttavia, dato che una decisione sul rinnovo era stata presa prima di tale scadenza prorogata, il regolamento di esecuzione dovrebbe iniziare ad applicarsi anteriormente a tale data. L'entrata in vigore è quindi caduta il 1° novembre 2024 e la scadenza è prevista per il 31 ottobre 2039

 

Le disposizioni specifiche

Alcune disposizione specifiche sono state però prescritte, dovendosi per esempio prestare massima attenzione alla protezione degli organismi acquatici, garantendo una riduzione minima del 95 % della deriva dell'aerosol fitosanitario nei pressi dei corpi idrici, per i quali andrebbe posta una zona tampone di 20 metri. Il tutto, come accade anche per altri prodotti, a meno che l'esito della valutazione del rischio elaborata per usi specifici indichi che tali misure di mitigazione non sono necessarie, o possono comunque essere ridotte in quanto la deriva delle sostanze nebulizzate non comporta rischi inaccettabili

 

In tal senso oggi esiste una molteplicità di macchine per l'irrorazione che sono in grado di abbattere drasticamente la deriva, permettendo quindi di operare al meglio sia in termini fitosanitari, sia ambientali. 


Attenzione massima per la protezione degli operatori, i quali dovrebbero (si spera lo facciano) utilizzare gli appositi dispositivi di protezione individuale (Dpi) durante la miscelazione, il carico e l'applicazione. Uso di adeguati indumenti da lavoro e guanti protettivi sono prescritti anche per le per attività di rientro, come per esempio quelle di potatura o legatura dei traci.

 

Esistono però anche i cosiddetti astanti e residenti, ai quali si devono garantire condizioni d'impiego che mitighino i rischi per la salute. In pratica, sono le medesime precauzioni da adottare a salvaguardia dei corpi idirici.

 

Folpet e classificazione, vecchia e nuova

Folpet trova usi prevalenti in vigna. In passato sollevò però questioni per via di applicazioni molto tardive che lasciavano sull'uva residui tali da ritardare la fermentazione in cantina. Aumentato l'intervallo di sicurezza tali problemi non si sono più visti. Per lo meno, non attribuibili a folpet. 

 

Dal punto di vista della classificazione tossicologica, in effetti, folpet ne ha una poco favorevole. In passato fu classificato "Xn - nocivo" a causa della passata frase di rischio R40, ovvero "Possibilità di effetti cancerogeni - Prove insufficienti". Ciò lo fece mettere alla porta dalla maggior parte dei disciplinari di produzione integrata.

 

Oggi le frasi in etichetta sono ovviamente cambiate. Consultando l'attuale etichetta ministeriale di un formulato all'80% di sostanza attiva si evincono le seguenti indicazioni di pericolo:

  • H317 - Può provocare una reazione allergica cutanea.
  • H319 - Provoca grave irritazione oculare.
  • H351 - Sospettato di provocare il cancro.
  • H410 - Molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.
  • EUH401 - Per evitare rischi per la salute umana e per l'ambiente, seguire le istruzioni per l'uso. 

 

In effetti, folpet è noto per gli effetti irritanti sulla pelle e sugli occhi, ma le frasi di cui sopra dipingono la sostanza attiva molto peggio di ciò che in realtà è, sempre in ossequio alle differenze che intercorrono fra i concetti di "pericolo" (le frasi H) e di "rischio", ossia la vita reale.


Tornando alla vecchia classificazione, giusto per fare un paragone con il passato, oltre alla famigerata R40 sopra citata i formulati a base di folpet riportavano in etichetta anche la R20 (Nocivo per inalazione), la R36 (Irritante per gli occhi), la R43 (Può provocare sensibilizzazione per contatto con la pelle). Circa l'ambiente sulle etichette commerciali compariva la R50 (Altamente tossico per gli organismi acquatici), frase che gli è valsa la fatidica "N", ovvero "Nocivo per l'ambiente", con il pittogramma post-atomico del pesce morto e dell'albero secco. 

 

Folpet spiegato dalla tossicologia 

Nelle liste Iarc folpet è classificato in gruppo 2B, quello dei "possibili cancerogeni per l'uomo". In effetti, su cavie in laboratorio si sarebbero manifestati tali effetti, ma come al solito a dosi altissime. La LD50 di folpet è infatti molto alta, superiore a 2.000 mg/kg sia per esposizione orale, sia dermale. Un po' peggio quella inalatoria (LC50 1,89 mg/L), parametro che lo ha fatto classificare pericoloso per inalazione. 

 

Una LD50 orale così alta, però, consente di salire moltissimo con le dosi somministrate alle cavie. Quindi, stando alla bibliografia, nei report dei Epa, l'agenzia americana per l'ambiente, la sostanza attiva sarebbe risultata sì cancerogena su ratto e topo, ma sottoponendo le povere bestiole per due anni alla dose di 1.000 mg/kg/giorno di peso corporeo. Una dose "apocalittica", pari a 60 grammi al giorno per una persona di 60 chili di peso. Circa tre cucchiai da cucina. Al giorno. Per due anni.

 

In altri test, sempre su roditori, folpet avrebbe infine mostrato un residuo effetto nocivo a 350 mg/kg/giorno e una No Adverse Effect Level di 9 mg/kg/giorno

 

Ambiente ed ecotossicologia 

Come anticipato sopra, folpet potrebbe rappresentare pericoli per il comparto acquatico. Sempre stando ai report di Epa, alcuni test "statici" con pesci e dafnidi (microcrostacei acquatici) avrebbero fornito valori di tossicità acuta (LC50/EC50) pari rispettivamente a 15-65,5 µg/L per i pesci e 20 µg/L per i dafnidi.

 

A causa però della rapida idrolisi e degradazione in metaboliti molto meno tossici rispetto alla tossicità acuta osservata durante i test, le condizioni nell'ambiente reale si stima siano nettamente meno rischiose.

 
Il fatto è che Folpet in acqua proprio non ci vuole andare, a meno ovviamente di trattare fino all'ultimo filare di vigneto a due metri da un torrentello. Operando correttamente, folpet ha invece pochissime probabilità di migrare verso il comparto acquatico. Ciò grazie a valori di logKow compresi fra 2,85 e 3,63. In pratica, adottando quest'ultimo parametro, folpet è circa 4.500 volte più affine per le cere vegetali della coltura e per la componente organica del suolo rispetto all'acqua. Per tali ragioni non migra verso il comparto acquatico, motivo per il quale è praticamente assente nei periodici monitoraggi delle acque superficiali e profonde. 

 

Può però folpet causare problemi a organismi diversi da quelli acquatici? Non pare proprio: la LC50 per i lombrichi è pari a 339 mg/kg di suolo, un valore molto superiore a quello che si può stimare per folpet nei primi cinque centimetri di terreno dopo un trattamento. A conferma, se anche tutto il prodotto applicato all'ettaro finisse al suolo anziché sulle piante, la concentrazione nei primi centimetri di terreno sarebbe di circa 4 mg/kg di suolo. 


Inoltre, folpet mostra una DT50 nel terreno (tempo di dimezzamento) stimabile in poco più di quattro giorni. Motivo per il quale ben difficilmente potrà apportare danni sia al suolo, sia alle acque. 


Infine le api, poiché i trattamenti aerei potrebbero coinvolgere gli utilissimi impollinatori. Folpet ha in tal senso una LD50 su ape superiore a 236 µg/ape, un valore inferiore a quelli delle diverse forme di fungicidi rameici, i quali mostrerebbero invece valori compresi fra 11 e 116 µg/ape (più piccolo è il numero, più alta è la tossicità). Se quindi non preoccupano le applicazioni rameiche ai vigneti, per lo meno in tema api, nemmeno folpet dovrebbe essere considerato "preoccupante" in tal senso. 


Esposizione umana: quanto folpet arriva al cittadino comune?

Un monumento dovrebbe essere eretto a Ivano Camoni, operante in passato nell'Istituto Superiore di Sanità. Il suo lavoro sui residui di agrofarmaci continua infatti a essere un pilastro irrinunciabile per elaborare analisi sulla esposizione potenziale tramite cibo di una molteplicità di sostanze attive.

 

Circa folpet, le stime di una sua possibile assunzione orale tramite residui si possono elaborare in base al lavoro del 1997 di Ivano Camoni "I residui di pesticidi", incluso come capitolo nel libro "La tossicologia per la qualità e la sicurezza alimentare", a cura di Patrizia Hrelia e Giorgio Cantelli Forti.

 

Camoni stimò che l'Edi di folpet (estimated daily intake), fosse di soli 0,081 µg/kg/giorno, pari a circa l'1% dell'Adi (acceptable daily intake). Adottando l'usuale persona di 60 chili di peso corporeo, si può quindi stimare che nel 1997 questa assumesse con la dieta 4,86 µg/giorno, ossia 1.774 µg/anno. Tradotto in milligrammi, è circa 1,8 milligrammi all'anno. Praticamente il nulla.

 

Il tutto pensando che i dati si riferiscono al 1997, quando si usavano molti più agrofarmaci rispetto a oggi (quasi il doppio) e di attenzione per i residui non ve n'era certo di paragonabile all'attuale (adesso sfiora il maniacale). Se i calcoli elaborati da Ivano Camoni venissero ripetuti oggi, forse folpet non sarebbe nemmeno considerato. 

 

Facendo un raffronto con il test di cancerogenesi sopra citato, una persona di 60 chilogrammi dovrebbe ingerire circa 22 chili di folpet all'anno per correre un comparabile rischio di sviluppare un cancro. Anche adottando un fattore di sicurezza pari a 1.000, si scenderebbe a 22 grammi l'anno: oltre 11mila volte superiore all'esposizione reale stimata per via orale. Ogni commento risulta quindi superfluo. 

 

In conclusione, le dosi che davvero possono fare danni nella vita reale non sono quelle di folpet, bensì quelle dell'allamismo ipocondriaco e ossessivo che sta permeando sempre più la società attuale. Quella in cui si vedono pericoli catastrofici ovunque, tranne che dove realmente sono.