La plastica è da sempre tra i principali imputati per l’impatto ambientale provocato dai rifiuti. A Napoli, i ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare (Icb-Cnr) con i colleghi dell’Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri (Ictp-Cnr) e dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr) del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli e Avellino, stanno lavorando da tempo sull’estrazione di polisaccaridi dagli scarti della lavorazione industriale dei pomodori, ottenendo materiale plastico biodegradabile. Alcuni dei risultati conseguiti sono stati illustrati nel convegno dal titolo ‘Presente e futuro dei bioimballaggi attivi nella filiera dell’agroalimentare. Come trasformare i residui vegetali in ricchezza’ che ha avuto luogo oggi a Napoli nell’ambito di Tiam-Medpack 2008. “Quest’operazione - sottolinea Barbara Nicolaus dell’Icb-Cnr di Pozzuoli - può anche aiutare a risolvere un altro problema ambientale, dovuto all’eliminazione degli scarti dell’industria alimentare conserviera, consentendo inoltre una riduzione dei costi”. Il pomodoro è uno dei prodotti di maggiore interesse per l'industria alimentare mondiale. In Italia le industrie agroalimentari conserviere e la trasformazione industriale interessano 200 stabilimenti presso cui sono trasformate circa 6.300.000 tonnellate di pomodori (dati 2004), il 70% della produzione. “Dagli scarti industriali della lavorazione del pomodoro - spiega Barbara Nicolaus - è stata ottenuta una nobilitazione di semi e bucce con il recupero di biomolecole d’interesse. E' stato messo a punto un metodo di estrazione di polisaccaridi a basso impatto ambientale, di facile applicazione e in grado di fornire alte rese di prodotto. Ne sono state ottimizzate le potenzialità per la realizzazione di biomateriali tra cui un nuovo materiale per l’imballaggio alimentare”.  Una spruzzata di polimeri naturali sostituirà i teloni di plastica nera per la pacciamatura, per evitare la proliferazione di erbe infestanti. Malinconico, Barbara Nicolaus e Barbara Immirzi hanno scoperto che possono essere riutilizzati per la creazione di contenitori biodegradabili per la coltivazione ‘tray plant’. “Le piante attualmente sono poste in contenitori di polistirolo (tray o nursery pots) contenenti un substrato costituito principalmente da torba bionda fibrosa”, spiegano i ricercatori. “Nel periodo invernale le piante, con tutto il substrato e le foglie più giovani, sono interrate e portate a crescita. Questo spostamento, però, può provocare danni all’apparato radicale delle piantine. I contenitori non sono biodegradabili”. Il loro accumulo in agricoltura sta diventando un problema ambientale. “La nostra idea - proseguono Malinconico e Nicolaus - è stata quella di sostituire il polistirene con un materiale biodegradabile ottenendo contenitori altrettanto leggeri e resistenti che possono essere interrati con tutte le piantine”.