Chi pensava che il problema delle quote latte e delle multe fosse ormai alle spalle si è sbagliato. Non è bastato che per gli ultimi tre anni la produzione italiana sia rimasta entro i limiti imposti dall'Unione europea. Il conto è ancora aperto per gli anni precedenti e puntuale Bruxelles si è presentata all'incasso. Lo ha fatto con una lettera che la Commissione ci ha inviato e che di fatto è il primo atto per dare il via alla procedura di infrazione. Ora abbiamo due mesi di tempo per rispondere motivando il perché ci siano ancora conti in sospeso per il lungo periodo che va dal 1995 al 2009. Prima di allora, lo ricordiamo, l'Italia era stata “graziata” con una quota unica nazionale. Di fatto le multe le pagava “Pantalone”. Poi, nel 1996, arrivarono le quote individuali e le clamorose proteste dei cobas del latte a Linate e Vancimuglio. In molti e per più volte da allora hanno tentato di fare chiarezza su questa controversa questione, sulla quale ancora oggi restano molti angoli bui. Difficile far chiarezza sui numeri, un po' più semplice comprendere le motivazioni che hanno spinto Bruxelles a contestare all'Italia il mancato rispetto delle regole.

Il perché
Partiamo allora dalle motivazioni. Mentre l'Unione europea tratteneva dai sostegni comunitari gli importi delle multe, l'Italia continuava a distribuire gli aiuti nella loro interezza a tutti gli agricoltori (e dunque anche agli allevatori, anche quelli multati). In questo modo è come se l'Italia avesse concesso aiuti di Stato, creando una distorsione della concorrenza fra gli allevatori della Ue. Così non sarebbe accaduto se il recupero delle somme presso gli allevamenti fosse stato tempestivo ed efficace. Questo, in estrema sintesi, il rimprovero che viene mosso da Bruxelles.

I numeri
La parte più difficile riguarda le cifre. E qui il balletto dei numeri si fa frenetico, chi parla di oltre 4 miliardi di euro, chi di poco più di un miliardo, chi di qualche centinaio di milioni. Proviamo a fare un po' di ordine. L'Italia si è fatta carico di 1,87 miliardi di euro per il solo periodo 1988-1993, quando vigeva il “bacino unico”. Per il successivo periodo, quello dal 1996 al 2009, che è quello oggetto di contestazione, l'importo delle multe ammonta a poco più di 2,5 miliardi, dei quali la maggior parte (2,26 miliardi) a carico dei produttori. Sono questi i numeri comunicati da Agea e riportati da Agronotizie giusto due anni fa. Parte di questi denari stanno rientrando nelle casse dello Stato attraverso le rateizzazioni concesse nel 2003 e poi nel 2009. Ma una parte della cifra complessiva non è esigibile, in quanto ancora oggi sono presenti contenziosi aperti o in altri casi ancora non è possibile procedere con l'esazione del dovuto. E qui il conto si fa più complicato. Bruxelles ci contesta un importo di 1,42 miliardi di euro. Per la Corte dei Conti, che ha tirato le somme della vicenda a fine 2012 (si veda Agronotizie), lo sbilancio è più ampio, 1,7 miliardi di euro. Ma la differenza più forte è fra l'entità della cifra contestata e quella realmente esigibile, che si fermerebbe (il condizionale è d'obbligo) a soli 313 milioni di euro.

Le posizioni
Difficile dire come si concluderà la partita fra Italia e Bruxelles. Il Ministro per le Politiche Agricole, Nunzia De Girolamo, si è affrettata a dire che a breve sarà risolto il problema del recupero delle somme dovute (ma il “quanto” resta indefinito), tornando ad affidare il compito ad Equitalia oltre che ad Agea. Certo il ministro, seppure di recente nomina, non avrà dimenticato che già in passato Equitalia aveva questo compito, poi trasferito ad Agea. E i risultati sono noti. Coldiretti mantiene la posizione che già in passato aveva assunto su questa vicenda, denunciando che solo pochi allevatori sono fuori regola, mentre la maggior parte ha rispetto le norme acquistando o affittando quote per evitare le multe. Cia denuncia ancora una volta che si è cercato di coprire chi non ha avuto rispetto per le regole. Non è dissimile la posizione di Confagricoltura, che fa però notare la concomitanza fra la denuncia della Ue e la delicatezza del momento, con le discussioni in corso sul futuro della Pac.
Intanto si avvicina sempre più il 2015, quando le quote saranno cancellate. Finirà anche la “confusione”? C'è da dubitarne.