Quattro miliardi e mezzo. Di euro, ovviamente. E' questa la cifra ricorrente in questa campagna elettorale ormai prossima alla conclusione (finalmente). Tanto avrebbe reso alla casse dello Stato l'applicazione dell'Imu, ma lo stesso importo è stato indicato per la vicenda che vede coinvolto il Monte dei Paschi di Siena e subito dopo i 4,5 miliardi di euro si sono trasformati nel “buco” che le multe latte avrebbero creato nei conti dello Stato. Così i soldi dell'Imu sono stati usati in campagna elettorale per coprire i debiti del Mps oppure, a seconda del credo politico, a sanare i conti delle quote latte. Una tesi quest'ultima che non è piaciuta ai “cobas” del latte, che hanno preso carta e penna per denunciare quella che a loro parere “è una truffa a danno nostro e del Paese sin dal 1983”. Per sostenere questa pesante affermazione le otto organizzazioni che per brevità (e impropriamente) indichiamo come “Cobas” del latte, hanno firmato un lungo documento nel quale si citano numeri e dichiarazioni “ufficiali”, provenienti da varie istituzioni. Numeri che ridimensionano enormemente la portata delle multe latte ancora da riscuotere. In ballo ci sono “solo” 1,7 miliardi di euro, ma di questi, dice la Corte dei Conti su dati Agea, solo 313 milioni sono realmente esigibili. Il rimanente sarebbe “congelato” nei contenziosi ancora aperti o annoverato come “prelievo non più esigibile”. Poche le multe ancora da pagare, dunque, e molte quelle già pagate delle quali però si è persa traccia come parrebbe da una sottolineatura della Corte dei Conti riportata nel documento dei “Cobas”. Vi si legge: “Peraltro non è chiaro il motivo per cui, per gli anni 2006-2008, non risultino, dagli stati di previsione di bilancio, somme su tale capitolo, pur in presenza di accertamenti e riscossioni cospicue.” Dove sono finiti allora i soldi delle multe pagate?

Andando ancor più indietro nel tempo, il documento ricorda che a seguito dell'accordo Ecofin del 1994, l'Italia accettò di pagare 3,62 miliardi di euro per la mancata applicazione delle quote latte (ricordiamo che sino a quella data le quote latte non erano individuali, ma esisteva un “bacino unico”).

 

Le origini del “buco”

Ma se quote latte e multe non c'entrano, da dove arriva il “buco” da 4,5 miliardi denunciato dalla Corte dei Conti? Stando alle affermazioni riportate dal documento dei “Cobas”, questa cifra si riconduce alle anticipazioni di tesoreria, quelle che lo Stato destina ad Agea in attesa dei sostegni comunitari previsti dalla Pac. Peccato che alla fine non ci sia coincidenza fra quanto anticipato dalle casse dello Stato e contribuzioni della Ue, ridotte in conseguenza delle anomalie che gli uffici comunitari hanno riscontrato nelle pratiche Agea. In alcuni casi, seguendo questa tesi, agli agricoltori sarebbero andati contributi comunitari non dovuti e che pertanto dovevano essere restituiti.

 

Le responsabilità

Sullo sfondo restano le vicende giudiziarie a carico di chi non ha rispettato il regime delle quote latte e le condanne già emesse, alcune solo ai primi gradi di giudizio e dunque non definitive. Situazioni che i “Cobas” non vogliono celare. In alcuni casi, sono stati gli stessi allevatori a denunciare situazioni di illegalità, come accaduto nei confronti di qualche cooperativa che non si limitava ad eludere quote e multe, ma frodava Stato e Fisco.

Sull'intera questione delle quote late e della sua disastrosa applicazione in Italia sono in molti a dividerne le responsabilità. Purché, conclude il documento dei “Cobas”, non ci si faccia “prendere per i fondelli”. Affermazione alla quale segue la firma di Cospalt Piemonte – Latte Padano Bergamo – Liberi Agricoltori Lombardia – Anpa Veneto – Allevatori della Murgia – Allevatori Laertini – Liberi Agricoltori Veneto – Anpa Lombardia. E per chi volesse leggere numeri, documenti e circostanze alle quali gli allevatori si rifanno per sostenere le loro tesi, il documento è leggibile qui.