Chi l’avrebbe mai detto. L’Antitrust che punta l’indice sull’Aia, l’Associazione italiana allevatori, segnalando gli “ingiustificati vantaggi concorrenziali a favore delle imprese associate ad Aia, a danno degli allevatori non iscritti a tale Associazione”. Eppure è successo, con una comunicazione a fine marzo indirizzata ai Presidenti di Camera e Senato, invitati a prendere in esame il caso e le normative sulla riproduzione che, a detta dell’Antitrust, sono responsabili di questo squilibrio.

 

Aia e la sua organizzazione

Ma facciamo un passo indietro per aiutare anche chi non è addentro alle “cose” della zootecnia italiana a districarsi in questi argomenti, altrimenti ostici. Iniziamo dal ricordare come è organizzata Aia, associazione di secondo grado sorta nel 1944 e alla quale aderiscono 36 associazioni nazionali per specie e razza (Ana), 16 associazioni regionali (Ara) e 92 associazioni provinciali allevatori (Apa). A queste spetta il compito di associare i singoli allevatori assicurando al contempo ad Aia una struttura capillare e ramificata sul territorio. La sua “mission” è quella di favorire lo sviluppo della zootecnia italiana. Un compito che Aia cerca di assolvere con una serie di attività di natura tecnica, fra le quali un ruolo di primo piano è quello della tenuta dei Libri Genealogici e dei Registri Anagrafici, compito che Aia svolge su incarico e per conto dello Stato italiano. Un impegno delicato e importante che va di pari passo con il miglioramento genetico, un campo dove l’Italia, specie per le vacche da latte, può andare a testa alta.

Numero allevamenti del 'Sistema' Aia (fonte Aia, forfait 2006)
Bovini da latte 22349
Bovini da carne 9451
Ovini 5076
Caprini 814
Bufalini 276
Suini 424
Equini 6745
Cunicoli 339
Totale 45.474
In questo settore è importante poter disporre di grandi numeri, avere informazioni centralizzate ed elaborare i dati su masse importanti di animali. Sarebbe difficile fare la stessa cosa se gli allevatori di una stessa razza fossero rappresentati da più di un’associazione. Cose note agli “addetti ai lavori” e presumibilmente anche agli uffici dell’Autorità garante della concorrenza. Che però “…auspica che i controlli sulle attitudini produttive del bestiame possano essere svolti da tutte le associazioni di allevatori…

 

Non solo genetica

Scorrendo il documento dell’Antitrust si legge poi che i vantaggi per gli iscritti all’associazione degli allevatori “…possono tradursi, in particolare, nell’individuazione di canali distributivi e commerciali privilegiati per i prodotti agroalimentari degli iscritti ad Aia…” Forse è qui, piuttosto che sui Libri Genealogici, che bisogna fermare l'attenzione. Aia ha infatti lavorato a lungo per valorizzare i prodotti degli allevamenti attraverso il marchio Italialleva e proprio con questo marchio è riuscita a fare un accordo con il gruppo di distribuzione all’ingrosso Metro. Di Italialleva si è parlato anche durante l’ultima Fieragricola e qualche prodotto con questo logo inizia a fare la sua comparsa sugli scaffali della distribuzione, più o meno grande. In questo modo gli allevatori stanno cercando di recuperare un po’ di valore nella filiera agroalimentare, oggi squilibrata a favore delle industrie di trasformazione e della distribuzione in particolare. A quanto pare hanno imboccato la strada giusta. I rimproveri dell’Antitrust ne sembrerebbero una conferma. Ma il rischio, adesso, è quello di compromettere quasi 70 anni di selezione e di miglioramento genetico pur di negare agli allevatori qualche spazio di manovra in ambito commerciale. Sarebbe imperdonabile.