In venti anni hanno chiuso i battenti 140mila stalle da latte e oggi ne restano in attività poco più di 40mila. Non è andata meglio per gli allevamenti di bovini da carne o per quelli di suini. E ancora oggi non si arresta la sequenza di aziende costrette a gettare la spugna. Gli allevamenti che resistono alle bufere del mercato si strutturano però su maggiori dimensioni e puntano a migliorare l'efficienza produttiva. L'obiettivo è aumentare la competitività e vincere la concorrenza, sempre più agguerrita quanto più avanza la globalizzazione. Una battaglia che ogni giorno si fa più difficile da affrontare come dimostra la continua diminuzione delle aziende in attività. Occorre arrestare questa “emorragia” che colpisce il mondo delle produzioni animali assai più di altri comparti della nostra agricoltura. Per cercare una possibile risposta l'Accademia dei Georgofili, crocevia delle migliori esperienze scientifiche della nostra agricoltura, ha riunito a Firenze accademici, responsabili d'industrie alimentari, mondo della distribuzione e, ovviamente, allevatori.
I problemi
Si è partiti dall’esame dei vincoli strutturali con i quali il settore si deve misurare e che si possono riassumere nella scarsa disponibilità di terreni da adibire a pascolo o colture foraggere, e poi la larga dipendenza dall'estero per le materie prime per l'alimentazione del bestiame, che paga anche lo scotto di infrastrutture (porti e trasporti) meno efficienti rispetto ad altri Paesi. C'è poi il tema ambientale e quello del benessere animale al quale è necessario tendere, ma che rappresenta un aggravio di costi che in questi momenti di difficoltà può far sentire ancor di più il proprio peso.
Le soluzioni
Risposte si possono trovare seguendo due percorsi paralleli, quello del miglioramento dell'efficienza e dunque delle tecniche di allevamento (nell'accezione più ampia del termine) e quello delle politiche di alleanza e collaborazione con gli altri protagonisti delle diverse filiere, dai mangimisti alle industrie di trasformazione. Sul fronte del progresso tecnico, il presidente dell’Associazione italiana allevatori (Aia), Nino Andena, ha portato l'attenzione dei partecipanti all'incontro di Firenze sull'importanza dell'assistenza tecnica ed economica che se coordinata e diffusa sull'intero territorio può offrire concrete possibilità di miglioramento dei margini di competitività degli allevamenti. Ne è dimostrazione il buon livello tecnico e imprenditoriale dei nostri allevamenti, raggiunto anche grazie al “sistema Aia”, con le sue organizzazioni periferiche a contatto con le realtà di allevamento e le sue molteplici attività sul fronte della selezione animale e della assistenza tecnica. Un percorso, è questo il parere di Andena, che non ha certamente concluso il suo ruolo ma che è in grado di offrire al mondo degli allevamenti ulteriori strumenti di crescita.
Le disponibilità
Sul fronte delle alleanze fra i vari protagonisti della filiera è intervenuto Silvio Ferrari, nella sua duplice veste di presidente di Assalzoo (l'associazione dei mangimisti) e di vicepresidente di Federalimentare (che riunisce le industrie che operano nell'agroalimentare). Ferrari si è detto pronto a collaborare con gli allevatori per cogliere le opportunità che andrebbero a vantaggio di tutto il comparto e che potrebbero altrimenti disperdersi in assenza di un progetto comune sugli obiettivi da raggiungere.
La sfida della distribuzione
Tra le sfide da affrontare resta quella, forse più difficile, della commercializzazione dei prodotti che escono dagli allevamenti, che oggi giungono sulle tavole dei consumatori per la maggior parte attraverso la grande distribuzione. Sempre più preferita per gli acquisti delle famiglie, la grande distribuzione ha assunto un peso rilevante nel condizionare mercati e prezzi. Un motivo in più per trovare nelle alleanze con il mondo distributivo una risposta ai problemi che la zootecnia ha di fronte. Un'esperienza in questa direzione viene dagli accordi con Metro Italia che ha inserito fra le sue referenze i prodotti con la “targa” Italialleva, marchio che Aia ha messo a punto per le produzioni animali di eccellenza. Se ne è parlato anche in occasione dell'incontro dei Georgofili, dove Claudio Truzzi, responsabile qualità di questa azienda leader nel cash and carry, ha illustrato il percorso sin qui fatto sulla base degli accordi siglati a fine 2008 con Aia. Un’esperienza importante e un trampolino dal quale arrivare in maniera più diretta al consumatore, per fargli conoscere il marchio Italialleva. Ma quest’ultimo è un compito molto impegnativo, che potrà essere affrontato solo quando il mondo degli allevamenti avrà messo alle spalle i problemi che oggi lo assillano. E speriamo si faccia in fretta.