Popillia japonica, chiamato anche coleottero giapponese, preoccupa così tanto da portare l'Unione europea a finanziare un progetto Horizon 2020 da circa 5 milioni e mezzo di euro: i ricercatori di mezza Europa uniscono le forze per accerchiare l'insetto che, se non contenuto, rischia di replicare il disastro della cimice asiatica.

Dalla Francia alla Germania al Portogallo all'Austria con il coordinamento di un gruppo di ricerca svizzero, diversi enti pubblici (non senza il contributo anche di soggetti privati) sono impegnati su più fronti per cercare di trovare le armi giuste per stoppare l'avanzata dell'insetto. E' in campo una vera e propria task force. Per l'Italia sono coinvolti il Crea, l'Università di Siena, il Servizio fitosanitario del Piemonte e i Vignaioli piemontesi.

Il coleottero giapponese non ha ottenuto fino ad ora l'attenzione che meriterebbe da parte dell'opinione pubblica. Fortuna vuole che, da quando è stato individuato in Italia nel 2014, nel Parco del Ticino, fra Lombardia e Piemonte, abbia invaso aree non intensamente coltivate ma l'espansione è costante, ad oggi P. japonica ha infestato 7.500 chilometri quadrati di superficie.
Nel luglio scorso è stato poi individuato in Emilia Romagna (Parma), fuori quindi dall'area originaria di infestazione. Solo l'estate prossima sapremo se si è trattato di un semplice avvistamento senza conseguenze o se P. japonica si sia insediato nel territorio. Il potenziale distruttivo è notevole e non troppo distante dall'area attualmente infestata ci sono produzioni vinicole di pregio. Il danno economico, benché non calcolabile al momento, è potenzialmente enorme.
 
Il programma di ricerca intitolato 'Integrated pest management of the invasive Japanese Beetle, Popillia japonica' è appena partito e si chiuderà nel 2024. E' molto ambizioso ma, se tutto andrà come previsto, a fine progetto potremmo avere in mano un vademecum per controllare la minaccia. "L'obiettivo - ha raccontato Leonardo Marianelli, coordinatore per il Crea del progetto - è individuare buone tecniche di controllo da applicare su tutto il territorio europeo per gestire la problematica".

Nella pratica si cercherà di mettere nero su bianco un manuale di istruzioni nella sventurata ipotesi che dall'Italia e dalla Svizzera (dove P. japonica è presente), l'insetto si espanda su altri territori. L'idea è arrivare a intervenire tempestivamente con le misure di contenimento e, possibilmente, non permettere al coleottero di insediarsi in nuovi territori europei.

Per quanto riguarda il Crea, il centro di ricerca italiano si concentrerà su lotta biologica a basso impatto ambientale: partecipa al progetto Ipm Popillia indagando diversi aspetti. "Ci concentreremo - ha detto ancora Marianelli - su nematodi entomopatogeni e funghi entomopatogeni per sviluppare alternative innovative all'utilizzo di agrofarmaci, metodi di lotta a basso impatto ambientale. Sia per i funghi sia per i nematodi, lavoriamo cercando organismi autoctoni. Per i nematodi abbiamo già qualche ceppo interessante che stiamo iniziando a provare in laboratorio e in semicampo. Essendo organismi nostri si sono coevoluti con l'ambiente del Parco del Ticino e potrebbero avere maggiore resistenza alle condizioni ambientali della zona, potrebbero essere più efficaci, avere una durata maggiore nel terreno e quindi potremmo anche ridurre il numero di trattamenti. Siamo nel campo delle ipotesi, è tutto da verificare", ha sottolineato Marianelli.

"I nematodi - ha spiegato Giuseppe Mazza, uno dei ricercatori che fa parte del gruppo del Crea che lavorerà su Popillia japonica - hanno come target le larve di Popillia e per essere definiti entomopatogeni devono ucciderle in, al massimo, quarantotto ore. La larva di nematode penetra all'interno di quella di Popillia e lì si riproduce andando poi a colonizzare altre larve. L'effetto è esponenziale. Una volta individuato il nematode che ci interessa (lo valutiamo in base alla velocità con la quale uccide le larve di Popillia, alla percentuale di larve dell'ospite che uccide, a quanti nematodi nascono) possiamo riprodurlo e distribuirlo".

Per quanto riguarda i funghi entomopatogeni, il meccanismo letale nei confronti di Popillia japonica è diverso. "La spora del fungo che avremo individuato - ha detto un altro componente del gruppo di ricerca Crea, Francesco Paoli - si attacca all'insetto che viene poi colonizzato dal fungo fino alla morte di Popillia. Interessante, per gli adulti, è che il coleottero giapponese è un insetto gregario. L'insetto, carico di spore, andrà a diffonderle su altri individui della sua specie, moltiplicando l'effetto. Per quanto riguarda i funghi entomopatogeni lavoreremo sia sugli adulti sia sulle larve".

Gli altri istituti europei coinvolti si concentreranno ognuno su un aspetto diverso: individuare i punti d'ingresso europei di Popillia japonica in modo da poter fare una ricostruzione filogeografica dell'insetto; capire quali siano le condizioni migliori per il suo insediamento in un nuovo territorio (saranno studiati dei modelli di sviluppo dell'insetto); studiare nuove trappole con l'utilizzo anche di machine learning in modo da essere più rapidi nel riconoscimento di P. japonica qualora si presentasse; stimare il danno socio economico di insediamento in un nuovo territorio; investigare se esistano altri nemici naturali da valutare per il rilascio.
Si tratta quindi di un vero piano di accerchiamento della minaccia per fermarne l'avanzata.