Fra i motivi alla base del progressivo bando dei vari esteri fosforici, ultimi della serie chlorpyrifos, etile e metile, ma anche dimethoate e malathion, vi è l’accusa di arrecare disturbi allo sviluppo cerebrale nei bambini, unita a una supposta diminuzione dello sviluppo cognitivo dei medesimi. Su quest’ultimo punto ci si era già espressi con uno specifico articolo, in cui si mettevano a nudo le debolezze, quando non addirittura le insussistenze, di tali pubblicazioni.
 
Altri studi californiani avevano invece puntato il dito contro gli stessi insetticidi addirittura in tema di autismo, accusandoli di aumentare del 60% la probabilità di sviluppare tale disturbo in caso i bambini fossero stati concepiti nel raggio di un chilometro e mezzo da un punto di trattamento. Anche in questo caso, stando ai dati pubblici accessibili in America, fu possibile dimostrare che l’aumento nel tempo delle diagnosi in Usa era coinciso con una riduzione del 63% negli usi di tali prodotti e del 50% della presenza di queste sostanze nelle urine degli Americani. Pure si rilevò come gli Stati più agricoli mostrassero incidenze inferiori di casi di autismo rispetto a Stati più tipicamente urbani. L’Alabama, per esempio, ha circa otto volte la superficie coltivata del New Jersey ma mostra un quarto dell’incidenza rispetto a quest’ultimo (1:178 contro 1:45).
 
Oggi prosegue la disamina delle accuse mosse a tali insetticidi, visto che la loro mancanza sta iniziando a mostrare i propri effetti nei programmi di difesa e ciò sconfinerebbe nel grottesco se le ragioni del loro bando si dimostrassero fragili o addirittura insussistenti.
 

Esteri fosforici e sviluppo cerebrale

Anche la dimensione stessa del cervello sarebbe stata più volte indagata da diversi gruppi di ricerca. Al di là dei risultati di tali test, spesso privi perfino di chiari effetti dose, sono come al solito le dosi stesse a suscitare disappunto, dal momento che alle cavie di laboratorio sarebbero state somministrate con la dieta quantità di insetticidi che spaziano da diverse centinaia a migliaia di volte quelle che ci si può attendere nella realtà. Difficile trovare sensate, infatti, delle dosi che partano da un minimo di 1 mg/kg/bw (un milligrammo per chilo di peso corporeo al giorno), fino addirittura a 50 milligrammi.

Urge quindi comprendere se tali dosi siano in qualche modo ragionevoli oppure siano del tutto fuori scala. A risultare di ausilio in tali analisi comparative giunge il più volte citato lavoro di Ivano Camoni(1), del Laboratorio di tossicologia applicata dell’Istituto superiore di Sanità.

Il ricercatore basò il proprio lavoro sui dati dei monitoraggi ufficiali dei residui per l’anno 1997, stimando i livelli di assunzione medi giornalieri (Edi: Estimated daily intake) in accordo con i panieri statistici dei consumi dei diversi alimenti da parte degli Italiani. Assumendo i dati relativi al 90esimo percentile (il dato che raccoglie il 90% dei casi) è stato possibile sommare gli EDI dei diversi esteri fosforici all’epoca utilizzati e quindi reperiti nelle analisi. I dati sono stati accorpati nella seguente tabella.
L'assunzione di esteri fosforici con la dieta era già nel 1997 migliaia di volte inferiore alle dosi che oggi vengono prese a riferimento per dimostrare danni neurologici nei bambini. Oggi l'esposizione è molto diminuita, considerando che l'impiego di insetticidi in Italia si è più che dimezzato in vent'anni
L'assunzione di esteri fosforici con la dieta era già nel 1997 migliaia di volte inferiore alle dosi che oggi vengono prese a riferimento per dimostrare danni neurologici nei bambini. Oggi l'esposizione è per giunta molto diminuita, considerando che l'impiego di insetticidi in Italia si è più che dimezzato in vent'anni e verso i residui è stata riservata un'attenzione sicuramente maggiore

Dalla sopra riportata tabella si possono ricavare diverse considerazioni:
  • Nel 1997 gli usi di tali insetticidi erano molto più elevati di oggi, essendo nel frattempo più che dimezzati i quantitativi assoluti impiegati nelle campagne. Difficile quindi additare queste molecole come colpevoli di fenomeni che i ricercatori avrebbero ravvisato in crescita (o supposta tale) proprio negli ultimi decenni.
  • Tranne pirimiphos metile, utilizzato tutt’oggi ma non in campagna, bensì per la disinfezione delle granaglie nei magazzini, tutte le altre molecole elencate sono state bandite una dopo l’altra. Oggi di esteri fosforici ancora utilizzabili, oltre al citato pirimiphos metile, ve ne sono solo altri tre, ovvero fenamifos, fosmet e fosthiazate, tutti assenti nelle tabelle prese in considerazione in quanto non reperiti alle analisi.
  • La somma stimata di tutti i diversi esteri fosforici assunti con la dieta, al 1997, era di 1,239 µg/kg/bw, cioè 800 volte inferiore alla dose più bassa adottata in alcune ricerche (1 mg) e oltre 40mila volte più bassa della dose più elevata (50 mg).
  • Considerando l’esposizione reale agli esteri fosforici che può aver caratterizzato i cittadini italiani negli ultimi anni, è quindi da escludere che questi insetticidi possano essere accusati delle molteplici nefandezze, cognitive e neurologiche che invece sono state ad essi addossate.
  • Si sottolinea per l’ennesima volta l’enorme differenza fra test di laboratorio e vita reale, situazione nella quale mai si apprezza una coincidenza fra dosi sperimentali impiegate ed esposizione oggettiva della popolazione, falsando di fatto le decisioni normative stesse.

1) Ivano Camoni (200: “I residui di pesticidi”. In: “La tossicologia per la qualità e la sicurezza alimentare” a cura di Patrizia Hrelia e Giorgio Cantelli Forti. Collana Sitox Alimentazione e Ambiente - Pàtron Editore.
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