"È stata una scelta importante soprattutto in termini di democrazia interna. Con il passaggio da Unacoma a FederUnacoma abbiamo dato molta più rilevanza ai settori che compongono la nostra federazione. Prima eravamo un'unica associazione, ora siamo una federazione di associazioni, in cui ci sono produttori di trattori, di macchine semoventi, di macchine agricole trainate, il giardinaggio e la componentistica. Cambiando lo statuto siamo riusciti essenzialmente a creare dei gruppi molto forti e coesi, che producono molte più idee. Dal nostro punto di vista è stato un buon progetto che ha portato a un buon successo. Il passaggio è stato un po' sofferto, portando come tutti i cambiamenti con sé cose positive e altre da sistemare, ma il bilancio di questo cambiamento, avvenuto ormai sei anni fa, è comunque positivo".
Può darci qualche numero sul mondo della meccanizzazione agricola?
"Il mondo della meccanizzazione in Italia vale poco più di 11 miliardi di euro, dei quali circa 7 derivano dall'export. A livello mondiale siamo tra i primi tre paesi costruttori leader, insieme a Germania e Stati Uniti, e questo ci rende molto orgogliosi. Siamo sicuramente leader nella meccanizzazione specializzata, nelle produzioni di nicchia, nella meccanizzazione per l'ortofrutta, nella componentistica e in tante altre produzioni specializzate.
In base a una nostra stima interna, l'occupazione generata dal settore si aggira intono ai 52mila posti di lavoro, comprensivi dei circa 10mila dell'indotto".
Il mondo produttivo italiano, ormai, punta all'export e la meccanizzazione agricola non fa eccezione. Quella del mercato interno è ormai una partita persa?
"Il mercato italiano non è una partita persa, ma un ottimo mercato su cui stiamo tornando e che ci ha permesso di fare il salto verso l'export, molto cresciuto negli ultimi anni. Per noi resta sempre e comunque il mercato di riferimento, che ci ha fatto crescere dal punto di vista tecnologico e di innovazione. Il mercato italiano soffre di una strutturazione, soprattutto per quanto riguarda le macchine semoventi, abbastanza pesante; abbiamo anche subito delle normative per queste macchine che sono state penalizzanti per il mercato, come la Mother Regulation. L'exploit del 2017, dove abbiamo registrato un +23,8% di immatricolazioni sui trattori, è legato a questa norma, ma è un dato che abbiamo pagato nel primo semestre del 2018, dove troviamo un calo delle immatricolazioni del 5,6%. Il mercato si conferma comunque abbastanza positivo, sebbene l'effetto delle normative sia stato distruttivo.
Negli ultimi venti anni abbiamo perso circa il 33% del nostro mercato, passando dalle oltre 30mila macchine immatricolate annualmente alle attuali 20mila. Tutte le normative sono per noi positive, ma hanno nel contempo sviluppato un mercato dell'usato che ha essenzialmente vanificato gli effetti generati dalla normativa antinquinamento".
Qual è la situazione sui mercati stranieri?
"La situazione in Europa è simile a quella italiana. Sempre come effetto della Mother Regulation, tutti hanno fatto sostanzialmente numeri simili a quelli dell'Italia. Francia e Spagna sono rimaste un po' più al palo.
I mercati extraeuropei sono in lieve crescita più o meno ovunque. Da segnalare quello statunitense, quello brasiliano e quello argentino, ma soprattutto quelli cinese e indiano, che da soli assorbono circa la metà dei 2 milioni 100mila trattori prodotti annualmente nel mondo. Si tratta, è vero, di macchine più piccole e leggere delle nostre, con meno cavalli, ma si tratta comunque di due realtà impressionati. Tutto il mercato europeo conta 180mila macchine, a fronte delle oltre 600mila del solo mercato indiano.
Il mercato africano è particolarmente difficile, con alcune eccezioni come il Sudafrica, lo Zambia e lo Zimbabwe, che sono politicamente stabili e stanno crescendo. La scommessa per l'Africa subsahariana è ancora in là da venire. Ci sono tantissimi progetti ed esiste un potenziale enorme dal punto di vista economico e agronomico, ma ci si trova di fronte a Stati in cui la situazione politica ed economica è difficilissima, dove ci sono pochissimi investimenti e la cultura agraria è ancora molto arretrata. Per quanto riguarda gli investimenti in agricoltura nel bacino del Mediterraneo e nei paesi del Maghreb, questi si sono sostanzialmente fermati con le vicende degli ultimi anni. Fanno l'eccezione il Marocco, politicamente stabile, e la Tunisia, dove la situazione si sta normalizzando. In questi paesi la crescita è ripresa e fungono da 'porto di frontiera' per accedere ad altri, come Libia e Algeria e all'Africa subsahariana".
FederUnacoma, come tutte le associazioni di categoria, difende gli interessi dei suoi associati. Come si fa a fare lobby in un paese dove anche il solo termine è inteso come una parolaccia?
"Noi siamo un sindacato e come tale difendiamo gli interessi dei nostri associati. Il termine 'lobby' in Italia è inteso con accezione negativa, ma bisogna considerarne il vero significato: difendere i propri interessi in maniera legittima e trasparente. È quello che facciamo noi, sia a livello nazionale che europeo. Il 90% delle nostre regole sono scritte in Europa, dove l'attività di lobbing è ammessa se fatta in maniera esplicita. Noi emaniamo sempre comunicati stampa per le attività di lobby che facciamo, per cui nessuno può accusarci di fare giochini sottobanco: diciamo quali sono gli interessi che stiamo difendendo, li portiamo avanti e spieghiamo perché lo stiamo facendo, come e quale tipo di meccanizzazione e di cultura agronomica stiamo difendendo.
Da pochi mesi, ad esempio, abbiamo iniziato in Europa la battaglia per i trattori isodiametrici, colpiti da una nuova normativa che rischia di distruggerne il mercato. Il danno non sarebbe solo per noi, ma anche per gli agricoltori, tanto è vero che con noi, la battaglia vede coinvolti anche i sindacati degli agricoltori nazionali ed europei uniti per difendere degli interessi nazionali legittimi.
In Europa i grossi temi della meccanizzazione sono portati avanti attraverso il Cema, di cui facciamo parte insieme alle rappresentanze di quasi tutti gli altri paesi europei. In termini di nuove regole, abbiamo contribuito alla Mother Regulation, che ha portato incrementi di costi per le macchine, ma le ha rese molto più efficienti e sicure. Quello che deve essere chiaro è che l'industria non è sempre contro il legislatore, anzi, è spesso quella che lo aiuta a scrivere meglio le regole. Ci siamo opposti a regole che ci sembravano molto miopi. Pochi mesi fa, per fare un altro esempio, ci siamo opposti all'introduzione dell'Abs per le macchine che vanno sotto i 60 km/h, perché a quelle velocità non è necessario e ci è sembrato che rispondesse unicamente agli interessi di qualche multinazionale che li produce".
Cosa chiedete alla politica nazionale ed europea?
"Alla politica nazionale chiediamo che vengano attuati i decreti legislativi e attuativi del regolamento sulla revisione. Purtroppo ogni anno ci sono in Italia un centinaio di infortuni sul lavoro. La regola sulla revisione non significa rottamare le macchine, ma metterle a norma e riportarle nello stato di piena efficienza sulla frenatura, sulle luci, cinture di sicurezza e, soprattutto, roll bar. Non vogliamo essere accusati di essere un'industria che produce macchine poco sicure. Il problema è che abbiamo un parco macchine vecchissimo. Con tutte le associazioni di categoria, comprese quelle degli agricoltori, abbiamo trovato un accordo su questa norma ancora priva dei decreti attuativi. Ci troviamo di fronte al paradosso di alcune macchine sequestrate perché non hanno passato una revisione che non può essere fatta, perché il ministero ha ritardato oltre la scadenza naturale della legge il decreto attuativo. Il risultato è che anche i centri di revisione e le motorizzazioni non sanno come fare una revisione sui trattori, a cui non sono applicabili le regole valide per auto, moto o camion.
Chiediamo alla Repubblica italiana di fare il proprio lavoro; chiediamo alle regioni di dare spazio nei Psr alla meccanizzazione agricola per svecchiare il parco mezzi e dare all'agricoltore la possibilità di guadagnare di più; perché macchine più moderne sono macchine più efficienti.
A livello europeo stiamo portando avanti battaglie su alcune macchine specifiche e stiamo concordando con il legislatore la possibilità di far slittare nel tempo l'introduzione di alcune norme antinquinamento, in modo che le nostre industrie riescano a far fronte agli investimenti e gli agricoltori possano percepire il valore aggiunto dei nuovi mezzi anche sotto un profilo di efficienza produttiva".
Quali sono i prossimi obiettivi di FederUnacoma?
"Quelli di migliorare i nostri contenitori fieristici: Eima, Agrilevante, la collaborazione con Fieragricola ed Eima Show. Contemporaneamente portiamo avanti il discorso 'estero', dove siamo ormai alla sesta edizione di Eima Agrimach in India e a settembre del prossimo anno inizieremo un'interessante collaborazione con Expo Agro, in Argentina, per fare una fiera dedicata alla viticoltura. A questo si aggiunge l'internazionalizzazione. Aiutiamo i nostri associati a partecipare a fiere e organizziamo incontri B2B con delegazioni straniere sia in Italia che all'estero. Facciamo comunicazione attraverso la nostra rivista di settore e campagne stampa per raccogliere anche piccole aziende, che sono quelle che hanno più bisogno di essere rappresentate".
Agricoltura, ambiente, paesaggio, energia... esistono ancora dei limiti tra le diverse attività del settore primario?
"No. Esiste ormai un'economia circolare che non possiamo non tenere in considerazione. Dobbiamo produrre con il minor dispendio possibile di energia, che ora possiamo produrre grazie alle biomasse.
Le macchine agricole sono quelle che più di tutte rispettano l'ambiente e che possono, in alcuni casi, sostituire trattamenti chimici con analoghi meccanici, divenendo centrali nella produzione bio... viviamo tutti nello stesso ecosistema, quindi lavoriamo tutti nell'ambito dell'economia circolare".
Meccanizzazione agricola non significa solo trattori o mietitrebbie, ma anche attrezzature o sistemi per la zootecnia. Quali sono le performance dei diversi settori?
"I settori 'tirano' più o meno nello stesso modo. Il trattore rimane il re delle macchine agricole, ma lo sviluppo dell'agricoltura è avvenuto attraverso le attrezzature, che si sono specializzate e hanno permesso un grosso salto nelle rese per ettaro. Aumentano le macchine semoventi, ossia macchine specializzate in un'unica attività: macchine per la raccolta del pomodoro e delle patate, vendemmiatrici… tante macchine 'di nicchia', ma che hanno limitato moltissimo l'utilizzo di manodopera, costosa e difficile da trovare".
Quando troveremo un'azienda che produce droni tra gli associati FederUnacoma?
"Speriamo presto. Per ora il drone in agricoltura ha solo la funzione di osservazione del campo e, in pochi specifici casi, interviene con irrorazioni mirate con prodotti naturali o distribuendo antagonisti naturali. Credo che nei prossimi anni tecnologie e normative si evolveranno, e le macchine volanti in agricoltura troveranno sempre più spazio, in particolare nelle tipologie di intervento in cui consentono un netto risparmio economico".
Nell'immaginario collettivo l'innovazione in agricoltura coincide solo con l'agricoltura di precisione. E' veramente così?
"No. La meccanizzazione agricola evolve molto rapidamente in tutte le sue parti, quella elettrica, quella meccanica, quella elettronica e quella digitale. In realtà l'agricoltura di precisione è abbastanza vecchia, essendo nata all'inizio degli anni '90 come 'guida satellitare', evolutasi poi nell'agricoltura digitale. I nostri sforzi, adesso, sono essenzialmente volti a integrare i dati che le macchine e le attrezzature producono, cercando di renderli interessanti per l'agricoltore e utilizzabili per prendere decisioni.
Altra grossa evoluzione all'orizzonte è la robotizzazione, che eliminerà la necessità di presenza umana nei processi. Piccoli esempi ci sono già oggi con le stalle robotizzate e alcuni trattori e seminatrici che possono fare a meno dell'uomo. Sono ancora piccole cose, ma nei prossimi trenta o quaranta anni assisteremo a un passaggio a queste nuove tecnologie. Non sarà semplice, ma dalla robotica ci aspettiamo tantissimo, anche perché dovremo produrre molto più cibo usando le stesse superfici attuali".
Come declina l'industria della meccanizzazione agricola i concetti di ricerca e innovazione?
"L'innovazione per noi parte da un prodotto maturo o in sviluppo. La ricerca, intesa come ricerca 'pura' è un'attività più vicina ad altri tipi di industria rispetto al nostro, ma che noi stiamo applicando agli studi agronomici. Con università e agronomi stiamo facendo tantissima ricerca per perfezionare le nostre macchine in maniera da ottimizzarle per un certo utilizzo agronomico o coltura agronomica. Questo ci sta permettendo di avere tantissimi miglioramenti, nel senso che possiamo curare molto di più piante e alberi, portando a una resa maggiore con un utilizzo minore di risorse da parte dell'agricoltore e, soprattutto, una gestione migliore della qualità del raccolto".
Quanto è importante la formazione e chi riguarda?
"La formazione in agricoltura è fondamentale. Le nuove generazioni sono molto più pronte e veloci a far proprie le novità, ma quello che serve è portare un grado 'medio' di cultura in settori come meccanica, elettronica, oleodinamica e via di seguito, a tutta la platea degli agricoltori. In caso contrario le innovazioni saranno sfruttate solo al 20/30%. Le nostre sono macchine fatte per ottenere un reddito, per essere operative, sottoutilizzarle sarebbe assurdo.
Noi, come FederUnacoma, offriamo ai nostri associati tantissimi corsi di formazione, agronomica, di marketing, fiscale e in campo finanziario, perché pensiamo che in questo e con questo l'industria debba crescere. Più in alto porteremo il nostro grado di formazione, più potremo fare macchine migliori e conquistare fette di mercato in Italia e all'estero".
Sicurezza, performance, affidabilità, rispetto per l'ambiente, carburanti alternativi al gasolio, tracciabilità dei prodotti… quali sono i trend che guidano lo sviluppo delle macchine agricole di domani?
"Un ruolo importante lo avranno certamente l'elettronica e la robotica. Quasi certamente assisteremo all'utilizzo di carburanti alternativi, con macchine non solo a biogas ma ibride. Mi aspetto che si continui a muoversi verso la sicurezza totale delle macchine, obiettivo a cui siamo già vicini, mentre a livello di performance, in futuro mi aspetto comunque un bel salto in avanti in funzione di un maggior rispetto dei terreni. Da questo punto di vista stiamo facendo un passo indietro, rispettando di più la terra e i suoi ritmi e stressandola il meno possibile. La terra oggi ci parla attraverso dei sensori in fase di sperimentazione posizionati nei campi, che ci trasmettono dati e avvisi sulle condizioni delle piante e sulle loro necessità. Negli ultimi anni abbiamo utilizzato anche tecniche abbastanza aggressive, oggi cominciamo ad ascoltare il terreno e a rispettarne i tempi".
Nel 2002 all'Eima venne proposto il tema "2050: ai confini dell'agricoltura". Lei come immagina sarà il panorama agricolo e della meccanizzazione a quella data?
"La Fao stima che ci saranno circa 9 miliardi e 200 milioni di persone e circa 2 milioni di chilometri quadrati in meno di superficie coltivabile rispetto ai 52 attuali. Avremo un fabbisogno calorico individuale medio superiore di circa il 10%. Questo ci dice che avremo bisogno di coltivare molto, molto meglio e per farlo utilizzeremo sicuramente una meccanizzazione molto più spinta e coltivazioni senza terra, di cui abbiamo già qualche esempio. Utilizzeremo coltivazioni che consumano meno e impattano meno sull'ambiente e mangeremo meno carne e più legumi. Cambieranno i gusti, che vireranno verso cibi più sani. Utilizzeremo meno chimica e tanta, tantissima innovazione".
L'agricoltura vista con gli occhi dei protagonisti del settore.
Per i 30 anni di Image Line abbiamo voluto dar voce ai principali Istituti, Confederazioni e Associazioni che, dall'agrimeccanica all'agroalimentare, passando per la zootecnia, hanno tracciato il quadro presente e futuro del settore primario