Intorno al mondo dei droni in agricoltura c'é tanto interesse, lo dimostrano le statistiche. Secondo l'indagine condotta da ImageLine - Nomisma il 43% degli intervistati si dichiara interessato ad impiegare velivoli senza pilota sui propri campi, anche se poi solo il 2,1% ha dichiarato di averli usati.
Durante Seeds&Chips, la prima convention dedicata all'innovazione nell'agrifood, erano molte le start up ad impiegare droni. Ma esiste un gap tecnologico da colmare prima che gli Apr (aeromobili a pilotaggio remoto) possano entrare in campo, questo perché il mercato è ancora giovane e anche chi fornisce servizi agli agricoltori, spesso, è alle prime armi.

Ecco dunque sei consigli per approcciarsi al mondo dei droni.

L'obiettivo è tutto
Dire drone vuol dire tutto e niente. Il drone altro non è che un velivolo senza pilota che può portare in cielo strumenti o prodotti. Dunque prima di approcciarsi a questo mondo è utile capire quali sono le necessità dell'azienda. Qualche esempio? Con un drone si possono distribuire prodotti, magari per la lotta alla piralide del mais. Si possono generare mappe di vigore, per indagare lo stato di salute di una coltura. Ma si possono anche misurare i danni provocati dall'esondazione di un fiume, dalla rottura di un argine o fare foto dell'allettamento del grano per chiedere i danni all'assicurazione.

Mai da soli
Il drone è uno strumento affascinante, ma anche parecchio complesso e costoso. Molti agricoltori, spesso i più giovani e "smanettoni", vorrebbero acquistarlo per impiegarlo in campo. Ma attenzione, la spesa per un drone, compresa di sensoristica, non è affatto abbordabile (anche diecimila euro) e le strumentazioni non sono semplici da utilizzare. Meglio dunque affidarsi ad una società che possa fornirci un servizio completo. E se proprio vogliamo fare volare qualcosa esistono droni commerciali acquistabili con poche centinaia di euro.

Attenti alla burocrazia
Se fare volare un drone nel giardino di casa non è un problema, quando viene fatto in spazi aperti il legislatore pone dei limiti. Serve infatti che chi pilota l'Apr abbia un brevetto rilasciato dall'Enac, che il drone sia assicurato e in alcuni casi serve anche un'autorizzazione al volo.

Comprare a pacchetto
Alcuni agricoltori che hanno voluto provare i droni affidandosi a società esterne sono rimasti delusi dall'incapacità di tradurre in interventi sul campo i dati raccolti dal drone. Se ad esempio un Apr viene usato per la lotta integrata si può toccare con mano il suo operato. Se invece viene usato per generare delle mappe di vigore bisogna concordare prima con l'operatore quale prodotto (e in quale formato) verrà consegnato alla fine. Il rischio è di avere file inutilizzabili. E dunque veniamo al quinto punto.

Interoperabilità
Occorre prestare la massima attenzione che i dati prodotti ed elaborati dalla società esterna siano "digeribili" dai sistemi in dotazione all'azienda agricola. Se si è dotati di uno spandiconcime a rateo variabile ad esempio, dobbiamo essere certi che la mappa di prescrizione sia utilizzabile sul mezzo.

Ritorno sull'investimento
E' la parte più complessa e non ci sono studi affidabili sulla reale convenienza dei droni. Il loro utilizzo infatti ha ancora dei costi alti e non sempre il gioco vale la candela. In colture come la vite, dove il valore aggiunto è alto, l'agricoltore potrebbe trarne un vantaggio economico. Ma sul frumento, dove i margini sono bassi, l'uso di un drone potrebbe risultare antieconomico.

AgroNotizie è media partner di Seeds&Chips
 

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