Toscano di Cortona (Arezzo) dai modi gentili e dalle idee chiare, Enrico De Corso è un giovane dirigente di Confcooperative, da anni direttore di Confcoop Lombardia, una delle corazzate del sistema a livello nazionale. Abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo diversi anni fa, attratti dalla passione comune per l'agricoltura e per un'etica che deve accompagnare gli investimenti in tecnologia. Il capitale umano, in sintesi, fa la differenza ed Enrico De Corso, una laurea in Sviluppo Rurale e Agricoltura all'Università di Perugia e una specializzazione conseguita fra l'Università Cattolica di Cremona, quella di Wageningen in Olanda e il Politecnico di Milano, lo sa bene.

 

Da questa consapevolezza e da una visione a lungo termine dell'agricoltura e della cooperazione (anche digitale) come strumento in grado di coniugare lo spirito mutualistico all'imprenditorialità per una crescita competitiva sostenibile, De Corso ha pubblicato recentemente con la casa editrice Guerini Next il libro "Davide e Golia. L'evoluzione delle micro e piccole imprese grazie agli strumenti cooperativi digitali" (pagine 208, settembre 2022, euro 22).

 

Direttore, perché questo libro?

"Questo libro nasce dalla consapevolezza della necessità di tutte le imprese, quindi anche delle cooperative, di trasformarsi digitalmente evolvendo il proprio assetto strategico, per essere in grado di competere in mercati e scenari sempre più complessi.

Si tratta di una sfida ambiziosa, visto che la stragrande maggioranza delle imprese del nostro Paese è di micro e piccole dimensioni.

 

Sono stato ispirato dalla storia delle prime latterie cooperative nate tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. In Pianura Padana il latte, che prima era un prodotto secondario, divenne la principale fonte di reddito delle imprese agricole dell'epoca. Prima lo era stato la seta, la cui produzione fu fortemente ridimensionata a causa di una pandemia che colpì il baco da seta, e poi lo furono i cereali, che subirono una forte crisi di mercato alla fine dell'Ottocento.

Le aziende agricole si trovarono nella necessità di adottare nuovi processi di trasformazione tecnologica: la trasformazione del latte in formaggio. Verificata l'inefficacia e l'inefficienza della trasformazione in azienda, la soluzione proposta fu quella mutualistica, col conferimento del latte ad un soggetto terzo di cui le aziende divennero socie, la cooperativa; così nacquero i caseifici sociali, che oggi in Italia raccolgono quasi il 70% del latte prodotto.

 

Di fronte alla necessità della trasformazione tecnologica si adottò una soluzione mutualistica cooperativa. Quello che prima era un prodotto secondario dell'azienda agricola, ovvero il latte, diviene, anche grazie alla trasformazione tecnologica, la fonte di reddito primaria.

 

Anche il digitale è un fattore abilitante la trasformazione tecnologica e permette di valorizzare degli elementi che spesso non hanno particolare valore: i dati.
Con Davide e Golia provo così a proporre strumenti mutualistici innovativi che riunendo micro e piccole imprese permettano la loro trasformazione tecnologica e digitale, un po' come oltre un secolo fa i caseifici sociali permisero la trasformazione tecnologica del latte".

 

Obiettivo del presente saggio è quello di proporre percorsi di trasformazione digitale concreti, applicabili a gruppi di piccole e micro imprese, valorizzando quella che oggi è la materia prima digitale per eccellenza: i dati. Possiamo anticipare qualche esempio?

"Ho chiamato la proposta pratica che provo ad avanzare 'piattaforma cooperativa per la trasformazione digitale', una cooperativa che acquista e applica per le micro e piccole imprese socie soluzioni tecnologiche avanzate, come, a titolo di esempio, l'intelligenza artificiale o l'ecommerce: l'introduzione di queste soluzioni tecnologiche comporta un riassetto spesso anche profondo della strategia di impresa e delle competenze necessarie alla gestione della tecnologia stessa, che sono fornite sempre dalla cooperativa alle imprese socie.

 

Applicare l'intelligenza artificiale non significa soltanto acquistare una tecnologia, ma sviluppare ad esempio un assetto adeguato per l'elaborazione dei dati, che l'intelligenza artificiale riesce a produrre, così come la possibilità e la capacità di sviluppare algoritmi sempre più efficaci.

Allo stesso modo, l'ecommerce non è soltanto l'apertura di una vetrina online, quanto piuttosto lo sviluppo di una supply chain adeguata, l'elaborazione dei dati prodotti dal canale elettronico e la possibilità di applicare numerose ulteriori soluzioni tecnologiche come l'intelligenza artificiale, internet delle cose, eccetera".

 

Che cosa serve alle piccole e medie imprese agricole per una crescita digitale e un utilizzo efficace delle risorse digitali?

"Serve innanzitutto la formazione degli operatori e la consapevolezza della necessità di evolvere l'assetto strategico dell'impresa agricola.
Evolvere l'assetto strategico non è una cosa teorica: significa ad esempio che il trattore non serve soltanto a lavorare il terreno, ma anche e soprattutto a raccogliere dati per comprendere in maniera sempre più avanzata ed analitica la realtà, sulla base della quale impostare l'attività di impresa.
Significa anche comprendere che il digitale non è un optional evolutivo di macchine agricole moderne, ma è strumento abilitante l'utilizzo delle macchine stesse, attraverso un modo nuovo di approcciare la realtà e la strategia di impresa".

 

Qual è la forza della cooperazione in agricoltura?

"La forza della cooperazione in agricoltura è il mutualismo, cioè la capacità di colmare la distanza che c'è tra l'azienda agricola socia e gli obiettivi della sfida imprenditoriale che le è propria.

Questo è il motivo per cui alla cooperazione è destinato oltre il 50% di tutte le produzioni agricole e grazie alla cooperazione le imprese agricole possono essere tali, ovvero imprese che competono sul mercato con quella che è la domanda finale.

 

Voglio anche aggiungere che la forza della cooperazione in agricoltura, come per gli altri settori economici, sta anche nelle principali associazioni che la rappresentano. Tutte le analisi infatti registrano performance migliori delle cooperative aderenti alle principali associazioni, di cui Confcooperative esprime la leadership, rispetto alle cooperative non aderenti ad alcuna associazione.

Ovviamente il merito non è direttamente ed esclusivamente delle associazioni, ma di un intero sistema mutualistico che è diventato, non da solo, ma insieme al sistema dei consorzi di tutela, il miglior sistema di crescita del made in Italy agroalimentare e non solo".

 

Come è cambiato in questi anni e come sta cambiando il modello cooperativo in agricoltura?

"Il modello cooperativo sta cambiando molto, coerentemente ai grandi cambiamenti di cui gli scenari socioeconomici che stanno dominando la nostra complessa epoca.

In questi anni la cooperazione agroalimentare ha lavorato molto per avvicinare alle imprese agricole socie sfide e obiettivi apparentemente molto distanti, come l'export, i mercati, ma anche la sfida delle transizioni ecologica e digitale, tenendo al centro la valorizzazione della materia prima agricola ed il reddito degli imprenditori agricoli".

 

Come si rafforza la formazione, elemento di forza insieme all'aggregazione?

"A questa domanda rispondo forte della mia esperienza indimenticabile all'Istituto Tecnico Agrario Angelo Vegni di Cortona. La formazione si rafforza rafforzando l'istruzione tecnica superiore: ragazzi e ragazze a 18-19 anni quando acquisiscono il diploma di perito agrario devono avere già gli strumenti ed essere competenti in materia di digitale, sostenibilità ed anche mutualismo e cooperazione. Questi sono elementi e strumenti fondamentali per affrontare sia la supply chain sia l'università. È necessario investire fortemente per avere giovani ventenni competenti e reattivi".

 

Perché è molto difficile vedere cooperazione e industria collaborare insieme?

"Questa collaborazione tradizionalmente è difficile perché ciò che per l'industria è un costo, per la cooperazione è un fattore da valorizzare, ovvero la materia prima agricola dei soci.

Il fatto inoltre che l'industria agroalimentare privata sia sempre meno italiana e sempre più controllata da gruppi multinazionali pone una distinzione netta tra cooperazione agroalimentare italiana e industria agroalimentare privata multinazionale. Il fatto che i principali marchi del made in Italy agroalimentare rimasti in mani italiane siano in gran parte detenuti da imprese cooperative ne è la riprova.

 

Voglio però sottolineare che ci sono anche grandi esempi virtuosi di collaborazione tra cooperazione e industria, come avviene nel governo, sotto la saggia guida del presidente Renato Zaghini, del Consorzio di Tutela del Grana Padano, la prima Dop al mondo. Si tratta di un'esperienza assolutamente significativa".

 

Quali sono invece i limiti della cooperazione che possono essere superati senza grossi sforzi?

"Ovviamente tanti sono anche gli elementi da migliorare, in verità con sforzi da compiere in maniera non indifferente.

Mi vengono in mente queste sfide: la selezione democratica di dirigenti all'altezza delle sfide in atto, il difficile equilibrio tra la garanzia del reddito dei soci e la garanzia della sostenibilità e della crescita dell'impresa cooperativa ed infine la collaborazione tra cooperative, nelle sue svariate forme, che rappresenta l'unica via per affrontare le difficili sfide della competizione globale presente nei mercati nazionali ed internazionali ad opera di player che ormai sono divenuti player globali. Ci aspetta molto lavoro ancora".

 

Libro 'Davide e Golia. L'evoluzione delle micro e piccole imprese grazie agli strumenti cooperativi digitali'

Davide e Golia. L'evoluzione delle micro e piccole imprese grazie agli strumenti cooperativi digitali

(Fonte foto: Enrico De Corso)