Agricoltura e consumatori possono stringere un patto per una ripresa verde, a vantaggio del sistema primario europeo? Le opportunità per un nuovo paradigma agricolo, in cui produzione, ambiente, redditività per gli agricoltori, sicurezza alimentare per i cittadini non solo esistono, ma in alcuni casi sono già un presente virtuoso da prendere a modello.

La sfida, ora, è comprendere come tali opportunità possano essere applicate più diffusamente, così da far convivere su più piani le opportunità derivate dalla produzione e dalla commercializzazione (anche su scala internazionale, naturalmente) dei prodotti agricoli e agroalimentari, unitamente a una dimensione territoriale e locale (che la Dg Agri prevede in crescita). Una crescita sostenibile in più direzioni e in più dimensioni, in cui la cooperazione fra produttori e società assume i connotati anche culturali, a sostegno della comunità e delle imprese. Produrre bene non basta più e questo è ormai chiaro a tutti.

Il tema è stato affrontato nel corso dell'appuntamento organizzato dalla Commissione Agricoltura dell'Ue sulle previsioni del settore al 2030.
 
Fra i protagonisti che sono intervenuti, Ivo Degn, cofondatore e amministratore delegato di Climate farmers, un sistema per supportare un cambiamento su larga scala in agricoltura verso un modello di rigenerazione e resilienza ecologica, oltre che finanziaria.
Il ricorso all'agricoltura cosiddetta "rigenerativa" porta diversi vantaggi secondo Degn, a partire da "un aumento del 78% dei profitti per gli agricoltori rispetto alle produzioni tradizionali, ad un paesaggio più inclusivo, ad un miglior impatto nella lotta per la tutela della biodiversità".
Il modello di agricoltura rigenerativa, inoltre, "grazie all'utilizzo della tecnologia, consente di migliorare l'ecosistema, i pascoli, la silvicoltura e aumentare la produzione alimentare anche grazie a buone pratiche quali la rotazione colturale". E attraverso partnership tra pubblico e privato, è possibile un costante monitoraggio da parte dei consumatori.

La strategia a tutela del biologico, inserita fra i grandi obiettivi del Green deal, rappresenta a tutti gli effetti un'opportunità per indirizzare l'agricoltura verso una rotta verde. "Raggiungere il 25% della Superficie agricola utilizzata coltivata a biologico non è uno sforzo irrilevante, tenuto conto che oggi la media europea è poco superiore all'8% della Sau totale", ha ricordato Lone Andersen, produttrice di latte bio e presidente del gruppo di lavoro del Copa Cogeca sull'agricoltura biologica.
Tuttavia, ha affermato Isabel Lorenzin, fund manager del fondo di investimento Triodos food transition Europe fund (prima conosciuto come Triodos organic growth fund), "gli agricoltori sono chiamati a muoversi verso un ecosistema bilanciato, che funzioni con una formula di prosperità inclusiva. L'obiettivo della sostenibilità, perseguito dal fondo Triodos, guarda a modelli di economia circolare, in cui, accanto alle produzioni biologiche ecosostenibili, si inseriscono soluzioni circolari finalizzate a ridurre la produzione di rifiuti e incrementare packaging a basso impatto ambientale, a promuovere diete alimentari sane e fornire alimenti di qualità alle scuole". Il fondo, ad oggi, ha investito in dodici progetti in otto paesi europei.

Che cosa significa proiettare la comunità e il territorio al centro del progetto agricolo lo ha spiegato molto chiaramente Wojtek Mejor, attivista polacco ed educatore nel mondo del cibo, strenuo sostenitore nello sviluppo di cooperative alimentari fin dal 2009. La sua esperienza è legata alla realtà Dobrze food cooperative.
"Il nostro modello di cooperazione è particolarmente vantaggioso per i piccoli produttori, in quanto sviluppiamo una catena più breve possibile e sosteniamo gli agricoltori nella conversione al biologico - ha specificato -. Uno dei punti di forza è dato dalla fiducia che i consumatori hanno verso i produttori della cooperativa, i quali seguono criteri di inclusione per accedere ai nostri punti vendita, politiche di equità, chilometro zero, rifiuto zero".

"La solidarietà sociale, perseguita anche attraverso campagne di crowdfunding e di voucher per l'acquisto di prodotti - ha proseguito -, è stata fondamentale come risposta soprattutto nella prima fase di pandemia, in cui abbiamo avvertito una maggiore necessità di manodopera e abbiamo dovuto fornire risposte immediate a uno scenario profondamente mutato in pochissimo tempo, mettendo così in piedi servizi di consegna domicilio e shop online".

Una solida reputazione accomuna tutte queste esperienze, e in alcuni casi non necessitano di particolari formule di promozione, proprio perché sono le politiche verdi, a sostegno dei produttori e dell'ambiente, insieme alla garanzia di cibo di qualità e controllato, ad essere sufficienti per conquistare nuovi clienti e supporter. Si tratta di quel "consumo consapevole", di cui parla la professoressa Imke de Boer dell'Università di Wageningen, che apre le porte ad un nuovo "potere collettivo, costituito dal rapporto definito tra gli agricoltori e i consumatori".