La Cina punta sull'agricoltura e il governo di Pechino investirà 247 miliardi di dollari per aumentare la qualità dei terreni coltivabili, modernizzare gli allevamenti e promuovere l'urbanizzazione, favorendo il miglioramento della produttività, che ha ancora molti margini di crescita.

Tecnologie per ammodernare il comparto, migliorare il benessere animale, garantire sicurezza alimentare a un comparto in crescita sono il corollario di un progetto ambizioso che, secondo il piano di governo, porterà entro il 2020 a sviluppare 26,7 milioni di ettari di terreno agricolo ad alto rendimento, pari alla stessa quantità creata dal 2011 al 2015. Allo stesso tempo, la Cina cercherà di migliorare la qualità di vita dei cittadini attraverso un percorso di miglioramento delle infrastrutture e dell'ambiente.

Il piano di rilancio ha un respiro più ampio, per giungere entro il 2035 ad un vero e proprio rinnovamento rurale e tendere entro il 2050 alla "completa realizzazione del benessere degli agricoltori". Un messaggio che campeggia nel documento Numero Uno, che di fatto stabilisce le priorità di Pechino per l'anno in corso.
 

La modernizzazione per il rilancio

Nel corso degli ultimi anni la Cina ha già adottato misure intese a modernizzare un settore agricolo dallo sviluppo incontrollato, nel tentativo di renderlo più efficiente e in grado di rispondere ai nuovi gusti di una popolazione urbana che sta progressivamente migliorando i propri redditi e la propria capacità di spesa.

La Cina, come ha ricordato Dominique Patton dell'agenzia Reuters, "ha riformato il sostegno alla produzione di cereali, abbandonando le strategie statali di stoccaggio e riducendo i prezzi di sostegno per le principali colture, come il grano e il riso, dopo che anni di raccolti abbondanti hanno gravato sul governo con riserve in eccesso. Sta inoltre tentando di passare da un'impostazione quantitativa ad una qualitativa".

Proprio su tale aspetto, il ministero dell'Agricoltura e degli affari rurali cinese ha divulgato la situazione generale degli esami condotti su campioni di prodotti agricoli a livello nazionale nella prima metà del 2018, dai quali risalta che, sugli aspetti di qualità e sicurezza dei prodotti agricoli a livello nazionale, il 97,1% dei campioni esaminati è risultato conforme agli standard richiesti. Per quanto concerne ortaggi, frutta, tè, bestiame, prodotti a base di pollame e prodotti acquatici le percentuali sono state rispettivamente del 96,7%, 91,8%, 97,8%, 98,3% e 97,9%. Numeri esibiti con un certo orgoglio a livello mondiale dalla Cina, posta molto spesso all'indice proprio per questioni di standard di food safety inferiori ai livello occidentali e delle agricolture più evolute.

La strategia politica della Cina elaborata nel documento Numero Uno prevede azioni per l'ammodernamento delle macchine agricole, l'acceleramento dello sviluppo delle colture moderne e lo sviluppo dell'agricoltura digitale.
Allo stesso tempo, il documento ribadisce gli impegni di Pechino per una migliore protezione delle risorse idriche e del suolo e un rafforzamento delle capacità di gestione delle risorse. In parallelo, la Cina si impegna ad intensificare la riforma fondiaria, consentendo ulteriori trasferimenti di terreni e sostenendo politiche di finanziamento nelle aree rurali per favorire la modernizzazione, tanto che si parla appunto di "contributo finanziario strategico".
 

La ricerca in campo agricolo

Un ruolo fondamentale, in tale contesto, è svolto dalla ricerca in campo agricolo: basti pensare che, secondo un recente studio di Confagricoltura, fra il 2008 e il 2015 la Cina ha aumentato del 335% la spesa per abitante destinata alla ricerca e sviluppo; un dato sorprendente se comparato a quello degli Usa, che non hanno superato il 55%, e dell'Italia, ferma al 12,3%. Il trend è stato confermato anche Harry Klee, presidente della American society of plant biologists, secondo il quale l'impegno finanziario Usa finalizzato alla ricerca ha subito negli ultimi anni una forte battuta d'arresto: nel 2016 sono stati spesi 4,1 miliardi di dollari per l'intero settore della ricerca in agricoltura - circa lo stesso stanziamento del 1990 - di cui solo 1,5 miliardi sono stati devoluti alla ricerca sulle piante.

Al contrario, nello stesso periodo in Cina è stato effettuato un percorso diametralmente opposto: solo nel 2013 sono stati stanziati 9 miliardi di dollari per la ricerca agraria. Una "disarmante stagnazione degli Usa", la definisce Klee e, aggiungiamo noi, del vecchio continente, che rende ancor più sconcertante il divario con la potenza orientale.


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