I nuovi dati presentati il 12 e 13 febbraio ad Addis Abeba nel rapporto congiunto dell'Ufficio regionale per l'Africa della Fao e della Commissione economica per l'Africa delle Nazioni Unite (Eca) non lasciano spazio a fraintendimenti: 237 milioni di persone nell'Africa sub-sahariana soffrono di denutrizione cronica, cui vanno ad aggiungersi altri 20 milioni nell'Africa del Nord. Una netta inversione di tendenza che annulla i piccoli progressi raggiunti negli ultimi anni.
Come riporta il sito di informazione AfricaNews, il vicedirettore generale della Fao e rappresentante regionale per l'Africa, Abebe Haile-Gabriel, insieme alla segretaria esecutiva dell'Eca, Vera Songwe, imputano questo trend negativo ad una pluralità di fattori: la difficile situazione economica globale, il peggioramento delle condizioni ambientali, ma anche conflitti, variabilità climatica ed eventi estremi, a volte tutti insieme.
"La crescita economica è rallentata nel 2016 a causa dei bassi prezzi delle materie prime alimentari - si legge nella prefazione del rapporto -. Il grado di sicurezza alimentare è peggiorato nei paesi colpiti da conflitti, spesso esacerbati dalla siccità o dalle inondazioni".
In molte zone, in particolare nell'Africa orientale e meridionale, condizioni climatiche avverse dovute a El Niño hanno portato a un calo della produzione agricola e all'aumento vertiginoso dei prezzi alimentari. La situazione economica e climatica è migliorata nel 2017, ma alcuni paesi continuano a risentire delle scarse precipitazioni.
Una speranza arriva però dall'agricoltura. Il rapporto affida proprio al settore rurale un ruolo chiave per quei 10-12 milioni di giovani che ogni anno si affacciano sul mercato del lavoro. Compito non facile, visto che un'altra minaccia presente e crescente alla sicurezza alimentare e all'alimentazione in Africa, in particolare nei paesi che fanno molto affidamento sull'agricoltura, è il cambiamento climatico, i cui effetti - precipitazioni ridotte e aumento delle temperature - influenzano negativamente le rese delle colture alimentari di base.
Importanti opportunità potrebbero arrivare dallo sviluppo del commercio intra-africano, sfruttando le rimesse dall'estero e investendo nei giovani. Sebbene le esportazioni agricole intra-africane siano passate da 2 miliardi di dollari nel 2000 a 13,7 miliardi nel 2013, rimangono relativamente modeste e spesso informali. Per quanto riguarda invece le rimesse internazionali, queste ammontano a quasi 70 miliardi di dollari, circa il 3% del Pil africano e rappresentano un'opportunità di sviluppo nazionale su cui i governi dovrebbero lavorare per ridurre povertà e fame, e per stimolare investimenti produttivi.
Sul binomio Africa-agricoltura è pronta a scommettere anche l'Europa. Nei giorni scorsi l'Ifad, il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, assieme alla Commissione europea, al Gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Acp), al Governo del Lussemburgo e all'Ong Alleanza per una rivoluzione verde in Africa (Agra), hanno lanciato un fondo indipendente denominato Agri-business capital (Abc) che contribuirà alla realizzazione dell'alleanza Africa-Europa incentivando gli investimenti nelle aree rurali.
Si tratta, si legge in una nota, di uno strumento volto a facilitare l'accesso ai finanziamenti per le piccole imprese agricole così da permettere di sviluppare business e creare nuovi posti di lavoro tra le popolazioni rurali più povere, in particolare per i giovani. Lo scopo ultimo del Fondo Abc è incentivare piccoli prestiti e investimenti da parte del settore privato verso le piccole e medie imprese, le organizzazioni di agricoltori e i piccoli agricoltori. L'Ue ha messo a disposizione del fondo 45 milioni di euro.
"Le piccole e medie imprese rappresentano un motore trainante per lo sviluppo, offrendo alle comunità rurali una via d'uscita dalla fame e dalla miseria, ma questo può avvenire soltanto se riusciranno ad avere accesso alle risorse di cui necessitano", ha dichiarato il presidente dell'Ifad, Gilbert F. Houngbo. E ha aggiunto: "Il lancio del Fondo Abc è un passo fondamentale per sostenere i piccoli agricoltori, le loro organizzazioni e soprattutto le nuove generazioni, aiutandole a realizzare le loro enormi potenzialità".
Intanto, al congresso dell'Ifad a Roma è stata presentata "Agricoltura è Vita" (AèV), l'Agriagenzia di Cia-agricoltori italiani, che si occuperà della realizzazione di servizi altamente professionali nel campo della formazione di startup agricole.
AéV, diventata membro italiano del network di AgriCord, Alleanza internazionale delle agriagenzie, orienterà il proprio raggio d'azione in due aree di intervento: la sponda meridionale del Mediterraneo, al centro di una crisi geo-politica senza precedenti, e i paesi balcanici, che necessitano di supporto alla creazione di impresa nelle zone rurali.
AèV eserciterà il suo ruolo in coerenza con il modello AgriCord e la visione di Cia-agricoltori italiani, con un approccio dunque "Farmer to farmer", basato sulla valorizzazione del ruolo delle cooperative locali di agricoltori, grazie a partnership alla pari per la co-progettazione e la realizzazione delle iniziative.
La formazione - informa un comunicato - sarà leva strategica, con lo scopo di fornire know-how alle organizzazioni rurali, divulgando la cultura d'impresa italiana con attenzione alla digitalizzazione, alla valorizzazione dei prodotti tipici e ai sistemi di qualità igienico-sanitari. Le attività si svolgeranno anche in Italia, ospitando tirocini di agricoltori stranieri presso le aziende, con la finalità di formare lavoratori che sviluppino competenze spendibili nei paesi di provenienza.
"Startup, innovazione, formazione e assistenza sono le parole chiave dell'impegno che Cia-agricoltori italiani vuole portare all'interno di AgriCord - ha concluso il presidente nazionale Cia, Dino Scanavino - con la nascita della sua Agriagenzia, per sostenere il futuro delle giovani generazioni e delle aree rurali in un'ottica di condivisione e internazionalizzazione. Di fronte a sfide epocali come la sicurezza alimentare globale e i cambiamenti climatici, è necessario fare rete con le altre associazioni e organizzazioni agricole. Solo attraverso il dialogo, la collaborazione reciproca e concreti progetti di cooperazione e sviluppo, si possono trovare soluzioni per costruire una nuova agricoltura sempre più sostenibile, solidale e tecnologica".