Nei giorni scorsi è intervenuto anche il commissario europeo all'Agricoltura, Phil Hogan, annunciando che "ci sarà un'analisi della Commissione Ue, con la Direzione generale Agricoltura e commercio, dell'accordo Ceta e del suo impatto sull'Italia per i produttori e il settore agroalimentare".
A lanciare per prima l'allarme fu Coldiretti, ritornata a più riprese sull'argomento. L'opposizione di Palazzo Rospigliosi è giustificata - denuncia Moncalvo - dal fatto che "con il Ceta per la prima volta nella storia l'Ue legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall'Asiago alla Fontina, dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma può anche essere liberamente prodotto e commercializzato dal Canada falso Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan".
"La svendita dei marchi storici del made in Italy agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese ma - continua Moncalvo - si è dimostrata essere soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri paesi, dal Giappone al Messico, dall'Australia alla Nuova Zelanda fino ai paesi del Sudamerica (Mercorsur) che sono stati così autorizzati a chiedere lo stesso tipo di concessioni. Secondo la Coldiretti su un totale di 294 denominazioni italiane riconosciute, ben 250 non godono di alcuna tutela nel trattato e la situazione non è molto diversa per gli altri accordi conclusi o in itinere".
Di tenore opposto Agrinsieme, il coordinamento di Alleanza delle cooperative, Cia, Confagricoltura e Copagri, che parla di "clamoroso autogol" l'ipotesi di dire no all'accordo euro-canadese. "Col Ceta - si legge in una nota di Agrinsieme - vengono tutelate ben 41 denominazioni italiane, pari a oltre il 90% del fatturato dell'export nazionale a denominazione d'origine nel mondo e che, soprattutto, senza questo accordo non godevano di nessuna tutela sui mercati canadesi".
"Riteniamo opportuno che il governo tenga conto delle istanze che vengono da un coordinamento che rappresenta oltre i due terzi delle aziende agricole italiane, pari al 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata e con oltre 800mila persone occupate nelle imprese rappresentate, e che è nettamente a favore della ratifica dell'accordo" incalza Agrinsieme. "Senza il Ceta non si potrebbe verificare un aumento dei contingenti di export a dazio zero, e quindi una crescita esponenziale delle esportazioni italiane ed europee, e non si arriverebbe a una maggiore tutela per le produzioni agroalimentari nazionali, le cui denominazioni, al contrario, potrebbero essere liberamente usate dai canadesi".
Anche Copagri si schiera a favore del Ceta. "Per rispondere al sempre più concreto protezionismo portato avanti dagli Stati Uniti è di fondamentale importanza puntare sugli accordi commerciali e sulla semplificazione e regolamentazione del commercio globale, sfruttando le enormi possibilità offerte da intese bilaterali quali Ceta e Jefta, che elimina quasi completamente le barriere tariffarie per le esportazioni comunitarie verso il Giappone", afferma il presidente di Copagri, Franco Verrascina.
Le posizioni antitetiche dei due schieramenti si sono lanciate anche su una valutazione relativa al settore lattiero caseario. "Nel 2017 le esportazioni in Canada dei prodotti Dop e Igp del settore lattiero caseario sono cresciute del 5%, a 51 milioni. E nel primo trimestre 2018 del 3,5%", è la posizione espressa dal presidente del Consorzio di tutela del Grana Padano, Cesare Baldrighi, che è anche al vertice di Aicig, l'associazione che rappresenta settanta realtà consortili relative a denominazioni agroalimentari (vini esclusi) italiane, rappresentative di circa il 95% delle produzioni italiane ad Indicazione geografica.
Dati contestati da Coldiretti, che immediatamente ha replicato. "In netta controtendenza all'aumento fatto registrare sui mercati mondiali, le esportazioni di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano in Canada sono diminuite in valore del 10% nel primo trimestre del 2018, quello successivo all'entrata in vigore in forma provvisoria il 21 settembre 2017 dell'accordo di libero scambio con l'Unione europea (Ceta) che avrebbe dovuto frenare le imitazioni e migliorare l'accesso al mercato. Ad aumentare è stata solo la falsificazione dei formaggi italiani presenti su quel mercato", ha denunciato Moncalvo, sottolineando invece che "nei primi tre mesi del 2018 sono stati prodotti in Canada ben 3 milioni di chili di falso Parmigiano Reggiano (Parmesan), 2,3 milioni di ricotta locale, 970mila chili di Provolone taroccato senza dimenticare che ci sono addirittura 36,1 milioni di chili di mozzarella e ben 68mila chili di un non ben identificato formaggio Friulano, che certamente non ha nulla a che vedere con la regione più a Nord Est d'Italia".
Nel ginepraio di innocentisti e colpevolisti, di Ceta sì-Ceta no, il ministro delle Politiche agricole, Centinaio, prende tempo, ribadendo comunque la propria contrarietà all'accordo. "Nessuno ha fretta di portare il Ceta in Aula. Vogliamo capire con dati concreti se realmente è vantaggioso per il nostro paese. A oggi ci sembra di no".
Precisando che: "Non abbiamo altri dati rispetto a quelli della Commissione, ma abbiamo sensazioni da parte degli imprenditori soprattutto nel mondo agricolo che ci dicono di no. Penso soprattutto al discorso delle 41 denominazioni che vengono tutelate mentre tutto il resto viene abbandonato a se stesso. Vediamo se ci sono dei dati che confutano la nostra opinione. Per ora nessuno mi ha fatto cambiare idea".
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