"Non si possono perdere mediamente 136.000 giornate di lavoro all'anno a causa di incuria e mancanza di programmazione nella tutela del territorio".
A ricordarlo è Francesco Vincenzi, presidente dell'Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi), in occasione del 5 dicembre, Giornata mondiale del suolo.

"Serve urgentemente l'approvazione della legge contro lo sfrenato consumo di suolo – prosegue il presidente - impantanatasi nei meandri parlamentari dal 2013".

Pensiero condiviso anche da Coldiretti che afferma: "Occorre accelerare sull'approvazione della legge sul consumo di suolo, ormai da alcuni anni ferma in Parlamento, che potrebbe dotare l'Italia di uno strumento all'avanguardia per la protezione del suo territorio". Difatti l'agricoltura, proprio a causa del consumo di suolo, subisce perdite alla produzione di 400 milioni di euro all'anno con pesanti effetti dal punto di vista economico, occupazionale, ma anche ambientale. Un dato sulla base delle stime dei costi nazionali 'nascosti' provocati dalla trasformazione forzata del territorio dell'Ispra.

L'intensa urbanizzazione in Italia è in continua crescita: una velocità di trasformazione di circa 4 metri quadrati al secondo. In termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai circa 2.110.000 ettari del nostro territorio.
L'impermeabilizzazione rappresenta la principale causa di degrado del suolo anche in Europa; comporta un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce ai cambiamenti climatici, minaccia la biodiversità, contribuisce alla progressiva e sistematica distruzione del paesaggio soprattutto rurale.

Circa il 10% del territorio nazionale è costituito da aree ad elevata criticità idrogeologica. I dati Ispra sono eloquenti: i comuni italiani interessati da aree con pericolosità da frana e/o idraulica risultano 7.145, pari all'88,3%, dove si stimano a rischio oltre 6.000 scuole, 500 strutture sanitarie, circa 500.000 aziende (agricole comprese), 1.200.000 edifici residenziali e non.
La popolazione italiana a rischio frane è calcolata in 5.600.000 abitanti, le imprese a rischio sono 362.000, 34.700 sono i beni culturali in pericolo. La popolazione a rischio alluvioni è invece pari a circa 9.000.000 di abitanti, le imprese a rischio sono 879.000, i beni culturali in pericolo sono 40.400.
Ogni anno sono circa 2 miliardi e mezzo i danni causati da frane ed alluvioni al territorio, fattore economico, che genera oltre 267 miliardi di valore.

Per la sicurezza territoriale, una condizione fondamentale è l'adeguamento delle opere di bonifica idraulica; se non vi è stabilità del suolo non si realizzano investimenti per infrastrutture ed impianti.
Per ridurre il rischio idrogeologico, Anbi propone annualmente un piano pluriennale di interventi: quello 2017 prevede 3.709 interventi per un importo complessivo di quasi 8 miliardi di euro.

"Occorrono investimenti pubblici per la manutenzione straordinaria in tutto il Paese, necessaria ad adeguare gli impianti idraulici alla profonda trasformazione subita dal territorio ed al mutato regime delle piogge - conclude Massimo Gargano, direttore generale di Anbi - Vanno recuperati i danni di scellerate scelte urbanistiche, di condoni edilizi, di mancata cultura nelle scelte strategiche di lungo periodo".