Il volume d'affari complessivo annuale dell'agromafia con i suoi 21,8 miliardi di euro equivale a un paio di manovre finanziarie e con un +30% cresce con un ritmo da fare invidia a qualsiasi economia emergente.

E' quanto emerso alla presentazione del quinto Rapporto #Agromafie2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, nel quale si evidenzia che tale stima rimane ancora largamente approssimativa per difetto, in quanto è impossibile valutare i redditi derivanti da operazioni condotte "estero su estero" dalle organizzazioni criminali, gli investimenti effettuati in diverse parti del mondo, le attività speculative poste in essere attraverso la creazione di fondi di investimento operanti nelle diverse piazze finanziarie, il trasferimento formalmente legale di fondi attraverso i money transfer in collaborazione con fiduciarie anonime e la cosiddetta banca di "tramitazione", che veicola il denaro verso la sua destinazione finale.
 
All'evento hanno partecipato, oltre al presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e segretario generale Coldiretti e coordinati, Vincenzo Gesmundo, Gian Carlo Caselli, presidente del Comitato scientifico della Fondazione osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare; Gian Maria Fara, presidente Eurispes; Marco Minniti, ministro dell'Interno; Andrea Orlando, ministro della Giustizia; Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali; Giovanni Legnini, vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura; Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare Antimafia; Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia e Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione.
Le conclusione saranno del presidente della Coldiretti e della Fondazione osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare.
 
Secondo il Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia, la cui stesura è stata resa possibile anche grazie al contributo proveniente dalle Forze dell'ordine, dalla Magistratura, dalle Istituzioni e dagli Enti che operano sul territorio a salvaguardia del comparto agroalimentare, la filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita, ha tutte le caratteristiche necessarie per attirare l'interesse di organizzazioni che via via abbandonano l'abito "militare" per vestire il "doppiopetto" e il "colletto bianco", riuscendo così a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell'economia e della finanza 3.0.

Sul fronte della filiera agroalimentare le mafie, dopo aver ceduto in appalto ai manovali l'onere di organizzare e gestire il caporalato e altre numerose forme di sfruttamento, condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del nostro vero o falso made in Italy, la creazione all'estero di centrali di produzione dell'italian sounding e la creazione ex novo di reti di smercio al minuto.
 
Nel 2016 si è registrata un'impennata di fenomeni criminali che colpiscono e indeboliscono il settore agricolo nostrano, dove quasi quotidianamente ci sono furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti agricoli e animali, con un ritorno prepotente dell'abigeato.
A questi reati contro l'agricoltura, secondo il Rapporto, si affiancano racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo ed estorsione.
I poteri criminali si "annidano" nel percorso che frutta e verdura devono compiere per raggiungere le tavole degli italiani, e che vede uno snodo essenziale in alcuni grandi mercati di scambio per arrivare alla grande distribuzione.

Tra tutti i settori "agromafiosi" - sostiene la Coldiretti -, quello della ristorazione è forse il comparto più tradizionale e immediatamente percepito come tipico del fenomeno. In alcuni casi sono le stesse mafie a possedere addirittura franchising e dunque catene di ristoranti in varie città d'Italia e anche all'estero, forti dei capitali assicurati dai traffici illeciti collaterali.
Il business dei profitti criminali reinvestiti nella ristorazione coinvolgerebbe oltre 5mila locali: attività "pulite" che si affiancano a quelle "sporche"; e se il rapporto conferma una concentrazione del fenomeno soprattutto nel Mezzogiorno, evidenzia anche la presenza nella top ten di rilevanti realtà del Nord come Genova e Verona, rispettivamente al secondo ed al terzo posto dopo Reggio Calabria per i traffici finalizzati al business del falso made in Italy.
Secondo il Rapporto, relativamente nuovo risulta essere l'interesse delle agromafie per le plastiche da confezionamento ed imballaggio, a testimonianza della pervasività del tessuto criminale in ogni stadio della filiera.
 
"Le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell'opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono centinaia e migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma soprattutto con la trasparenza e l'informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto", ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che "per l'alimentare occorre vigilare sul sottocosto e sui cibi low cost dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l'uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi se non l'illegalità o lo sfruttamento".
 
Uno dei principali punti di forza delle agromafie è stato individuato da Caselli in una serie di lacune che rendono facilmente aggirabile una normativa già obsoleta. Lo stesso ha ricordato come la cosiddetta 'Commissione Caselli' abbia già da tempo presentato al ministro Orlando una proposta di intervento sulla riforma dei reati in materia agroalimentare costituita da un pacchetto di 49 articoli, la maggior parte dei quali accolti integralmente, che giace da più di otto mesi in Consiglio dei ministri.

Un sunto più esaustivo dei contenuti del Rapporto è stato presentato dal presidente di Eurispes che ha sottolineato come la capacità adattiva delle mafie alle nuove tecnologie e agli scenari mondiali che queste offrono sia assolutamente superiore a quella delle forze deputate a contrastare la criminalità, e come le nuove forme operative del crimine organizzato possano essere combattute solo a patto di non irrigidirsi in schemi sorpassati. Un esempio è quello del fenomeno della cosiddetta 'mafia silente' che esporta il sistema corruttivo al di fuori del territorio, mantiene un profilo basso e basa il proprio potere su economia e finanza piuttosto che sulla violenza.

Le nuove modalità operative, la pressoché inesauribile riserva di liquidità e una innegabile spregiudicatezza consentono alle mafie di mettere in campo tecniche difficili, se non impossibili, da contrastare. Dopo aver reso pienamente operativa l'attività di Cyberloundry, ossia il riciclaggio di denaro sporco attraverso internet ed e-commerce, le mafie sembrano aver individuato un canale di riciclaggio nell'online banking, lanciandosi nella nuova frontiera dell'Hft (High frequency trading), in grado di muovere somme enormi di denaro attraverso transazioni ad alta frequenza rese possibili dall'uso di sofisticati strumenti software guidati da algoritmi matematici, agendo su mercati di azioni, opzioni, obbligazioni, strumenti derivati, commodities.
"Con gli strumenti attuali, per quanto bene Forze dell'ordine e Magistratura possano fare, non potranno che colpire solo la punta dell'iceberg", ha concluso sconsolatamente Fara, che ha anche voluto sottolineare l'incongruità nell'associare sfruttamento e immigrazione.
 
Il ministro Minniti ha convenuto su tutti i punti espressi da Caselli e Fara, soffermandosi principalmente sull'aspetto dello sfruttamento dell'essere umano e dichiarando guerra aperta al fenomeno dei ghetti, definiti "indegni di un paese civile" e ricordando che l'immigrazione illegale impedisce di fatto quella legale, e che l'accoglienza trova in ogni caso il suo limite nell'integrazione.
 
Il ministro Orlando ha esordito rammentando l'efficacia nella lotta alle mafie della misura del sequestro dei beni ed esortando organi normativi e operativi nel contrasto alla criminalità organizzata a una maggiore interattività, ricordando infine che il territorio, ben lungi dall'essere neutralizzato dalla modernità, ne è diventato parte fondante.
Il ministro della Giustizia ha poi ribadito l'errore nell'associare i fenomeni dell'immigrazione e del caporalato, ricordando che la maggior parte dei lavoratori sfruttati sono in realtà cittadini comunitari e come non si possa ormai limitarsi a parlare di integrazione quando è in atto in tutto l'Occidente un fenomeno di disintegrazione sociale.
 
Nel corso del suo intervento il ministro Martina ha voluto unirsi all'impegno preso dai suoi predecessori nel dare sbocco al Parlamento alla proposta della Commissione Caselli, ribadendo poi come il complesso sistema di controlli nel campo dell'agroalimentare messi in campo dall'Italia sia un elemento qualificante del sistema qualitativo del made in Italy.
"Ritengo non si possa parlare di sviluppo della politica agricola, - ha dichiarato il decano del Mipaaf - senza affrontare la questione della commercializazione di prodotti a prezzi che non coprono neanche i costi di produzione. Abbiamo già iniziato a discuterne con associazioni e Gdo; ora è il momento di passare alla fase legislativa".
 
La chiusura dei lavori è stata affidata al presidente della Coldiretti. "Di fronte a questa escalation senza un adeguato apparato di regole penali e di strumenti in grado di rafforzare l'apparato investigativo, l'enorme sforzo messo a punto dalla macchina dei controlli apparirà sempre insufficiente" ha affermato Moncalvo nel sottolineare che "bisogna, al più presto, portare all'esame del Parlamento o valutare l'ipotesi di una decretazione di urgenza, riguardo al testo della Commissione Caselli di riforma dei reati agroalimentari per accendere il semaforo rosso alla rete criminale che avvolge da Nord a Sud tutte le filiere agroalimentari".

Moncalvo ha proseguito indicando come prioritaria l'esigenza di fermare i traffici illeciti stringendo le maglie larghe della legislazione a partire dall'obbligo generalizzato di indicare in etichetta la provenienza degli alimenti e di rendere pubblici gli elenchi delle aziende che importano da paesi extracomunitari al fine di meglio garantire l'attività di controllo e accusando apertamente il clima e le strutture istituzionali europee di privilegiare, sotto la bandiera del libero mercato, una concorrenza senza regole che finisce per favorire lo sfruttamento e i comportamenti criminali.