E' tornato l'autunno e dunque il maltempo.
Si è ripetuto anche quest'anno, con puntualità quasi svizzera, un quadro fin troppo noto: una prevedibile ondata di piogge torrenziali che ha flagellato un territorio già fragile, a grave rischio idrogeologico, lasciandosi dietro vittime, devastazione e un'inevitabile coda di polemiche.

Iil bilancio del day after appare già gravissimo: quattro morti, centinaia di famiglie evacuate, interi settori produttivi in ginocchio.

Solo per l'agricoltura, stima la Coldiretti, si calcolano danni per 150 milioni di euro, ma il conto è destinato a salire.








"I finanziamenti ci sono, serve la volontà politica"

 

"La difesa idrogeologica del territorio, una leva insostituibile per il rilancio economico del Paese, necessita di scelte politiche determinate: le risorse ci sono e vanno usate subito, privilegiando i progetti immediatamente cantierabili".

A dirlo è Massimo Gargano, presidente dell'Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni (Anbi), nel ricordare che gli accordi di programma Stato-Regioni, tutti sottoscritti, contemplano un finanziamento complessivo di 2.150 milioni di euro. Ad oggi, però, a seguito dei notevoli tagli subiti da ministero dell'Ambiento e Fas – Fondi per la aree sottoutilizzate (da cui provenivano 800 milioni), non vi è alcuna certezza sulla disponibilità di questi fondi.

 

Gargano ha anche annunciato la nascita di "un progetto tra Anbi, Anci (Associazione nazionale comuni italiani), Regioni, Autorità di bacino e di cui i Consorzi di bonifica saranno i terminali operativi per dare risposte concrete alle emergenze; una prima sintesi sarà il 4° Piano per la Riduzione del rischio idrogeologico, che presenteremo ad inizio d'anno".

 

"L'Italia paga il prezzo della mancanza di una politica territoriale che ha favorito l'abbandono dell'agricoltura nelle zone difficili e la cementificazione in quelle più ricche – fa eco la ColdirettiRisultato: a livello nazionale ci sono 6633 i comuni complessivamente a rischio, l'82 per cento del totale".


"L'incuria, la mancata prevenzione, l'insufficiente manutenzione del territorio, il degrado, la cementificazione e l'abusivismo costano al nostro Paese ogni anno morti e milioni di euro - rincara la Cia, Confederazione italiana agricoltori - Per questo motivo è indispensabile che la nuova legge sulla difesa del suolo venga approvata al più presto, prima della fine della legislatura". 


 

La conta dei danni

 

Mentre si discute sulle risorse e le modalità di azione, nei campi l'acqua inizia lentamente a ritirarsi e si comincia a far la conta dei danni nelle centinaia di aziende agricole finite sott'acqua in Toscana, Veneto, Umbria e Lazio.

 

Spiega la Cia: "Le frane hanno danneggiato gravemente vigneti, frutteti e oliveti. Le piogge torrenziali e gli straripamenti di fiumi e canali hanno allagato migliaia di ettari di terreni agricoli, molte aziende e le loro strutture, fabbricati rurali e macchinari. Problemi seri anche per le serre".

 

Nel Veneto è tornato l'incubo dell'alluvione del 2010 e sono ancora le stesse aree ad essere colpite, i medesimi corsi d'acqua a tracimare. Nell'alta padovana – riporta la Coldiretti - case, orti e stalle allegati per l'esondazione del Vandura, Muson, Tergola. Nelle località del comprensorio di Camposanpiero i danni più evidenti a campi e allevamenti dove gli agricoltori hanno salvato gli animali in tempo. Ad una prima stima sono almeno 250 gli ettari di terreno allagato, soprattutto nell'Alta Padovana.

 

"Rimane aperta la delicata questione dei bacini di laminazione – spiega Coldiretti – efficaci strumenti di prevenzione, ma ancora in fase di progettazione, nonostante il succedersi degli eventi che invocano interventi decisi e urgenti. La campagna assorbe e paga le conseguenze di un territorio minato. Ma non c'è chiarezza negli indennizzi per la servitù o nei casi limite sugli espropri".

 

La Coldiretti segnala allagamenti anche in Umbria, nelle campagne della zona di Orvieto per lo straripamento del Paglia e nella zona di Marsciano (Pg) per lo straripamento del Nestore.

 

Nel Lazio le zone più colpite sono quelle della maremma laziale. I danni maggiori si registrano nel viterbese, nei comuni di Tarquinia e Montalto di Castro. Per quanto riguarda le coltivazioni i problemi principali si registrano per i cereali. Dopo una stagione siccitosa con una produzione di soli 10 quintali per ettaro, ora la forza delle acque ha dilavato una decina di centimetri di terreno rendendo difficoltose le semine future e cancellando totalmente quelle già effettuate. La Coldiretti di Viterbo sta valutando con i sindaci la possibilità di richiedere lo stato di calamità naturale per i comuni colpiti.

 


 

Piantine affogate nel fango

Fonte: Coldiretti

 

Toscana in ginocchio

 

Ma la vera emergenza è in Toscana, sulla quale il maltempo si è accanito con particolare violenza. Ad una prima stima i danni per l'agricoltura superano i 10 milioni di euro.
Secondo la Coldiretti, nel grossetano si è verificata una vera strage di animali.  Sulla costa tra Albinia e Capalbio sono stati devastati gli impianti di trasformazione del pomodoro e delle sementi e sono finite sott'acqua estese superfici a cereali, ma anche serre (fragole), frutteti e oliveti e coltivazioni di ortaggi autunnali.

Danni anche per l'orticoltura, il florovivaismo (decine di migliaia di piante, in particolare stelle di Natale, pansè e primule sono state ricoperte da decine di centimetri di pioggia) e la zootecnia, settori che rappresentano l'ossatura del comparto primario a livello provinciale.

 

In provincia di Siena, nella zona di Montepulciano sono andate sommerse le coltivazioni orticole, quelle di tabacco e numerosi vigneti. Le semine di cereali, in parte già effettuate e andate perse, sono adesso sospese in gran parte della provincia. Sospesa anche la raccolta delle olive per le quali si prevede una consistente perdita di prodotto.

 

La situazione è gravissima nella provincia di Massa Carrara, soprattutto tra i filari delle colline del Candia, dove si produce il Doc dei Colli Apuani. Secondo Vincenzo Tongiani, presidente di Coldiretti Massa Carrara, "le colline sono esplose, e non sono franate", portando via ettari ed ettari di vigneti.

 

Un movimento "atipico" che ha colpito le colline già messe a dura prova l'anno scorso: "I terrazzamenti non sono franati, ma sono come esplosi dall'interno, come se una bolla d'acqua avesse spinto la terra verso l'esterno, verso valle – fa notare Tongiani, che ha visitato le zone colpite – E' evidente che l'assetto idrogeologico del territorio è cambiato profondamente, in particolare nell'area a ridosso della collina. Il sistema di regimazione idrico è stato modificato e nel frattempo si è costruito tanto, tantissimo, a valle. Si è continuato a tombare, a stravolgere la geografica secolare dei fossi, a snaturarne la configurazione. Questo è il risultato della mano dell'uomo. L'acqua da qualche parte deve defluire per arrivare al mare". 

Coldiretti riporta che nel Candia sventolano sulla testa degli abitanti 360 ordinanze con cui il Comune aveva intimato – poi tutto era stato prorogato al 31 dicembre di quest'anno – la messa in sicurezza delle zone a rischio frana. Interventi a spese dei cittadini insostenibili per le imprese e per le famiglie per cui si stanno aspettando, ormai da due anni, i contributi promessi. "Oggi hanno senso quelle ordinanze alla luce di quanto è successo? - si chiede Tongiani - Si intima alle imprese e alle famiglie di mettere in sicurezza i terreni e ripristinare la regimazione idrica quando non si sa dove mandare l'acqua che arriva a valle. Quello che serve è uno studio serio per capire l'assetto idrogeologico del territorio ed intervenire per riequilibrarlo correttamente. Non è a colpi di ordinanza, mettendo la gente al muro, che si risolve il problema". Tongiani torna a chiedere lo sblocco immediato dei 480 mila euro già stanziati dalla Regione Toscana relativi all'alluvione del 2010: "Non basteranno – conclude – ma intanto daremo ossigeno alle imprese".

 

 
Imparare dal passato per guardare al futuro

 

Le organizzazioni agricole (e gli esperti di idrogeologia) sono concordi nell'invocare un efficace piano nazionale di prevenzione contro le calamità naturali, che trascenda dagli interventi legati all'emergenza immediata. Questi eventi non sono incontrollabili e ineluttabili: che piova a novembre è inevitabile, ma le scene di devastazione che si ripetono ormai con cadenza annuale no. "Bisogna adottare strategie dinamiche di progetto e di azione, attraverso gli strumenti ordinari della programmazione: progettare in sicurezza per assicurare un territorio tutelato e al tempo stesso produttivo" conclude la Cia.
 
"Dal 1950 ad oggi si sono spesi più di 200 miliardi di euro per riparare i danni causati da calamità naturali - riporta la Cia - Sarebbe bastato destinare il 20 per cento di questa cifra ad opere di manutenzione del territorio per limitare le disastrose conseguenze e soprattutto le perdite umane".

 

"Per una manutenzione periodica della rete scolante e della vegetazione ripariale i costi sono di 850 euro a ettaro - riporta Monica Coletta, presidente della Federazione toscana dei dottori agronomi e dei dottori forestali - mentre per una manutenzione straordinaria i costi sono di 7-9mila euro a ettaro

 

Dopo l'emergenza in Toscana e Liguria dello scorso anno si sono spenti i riflettori sulla sicurezza del territorio, una materia su cui c'è da fare ancora molto per una corretta gestione delle aree agricole coltivate, di progettazione, direzione e collaudo delle opere di sistemazione idraulica, di contrasto all'abbandono delle aree rurali, dove i solchi del degrado innescano forme di dissesto di gravità crescente che collassano in occasione di eventi meteorologici eccezionali".