Una sola sigla a racchiudere le rappresentanze della cooperazione agricola in Italia (Fedagri-Confcooperative, Legacoop-Agroalimentare, Agci-Agrital). E l’orgoglio di imprimere all’agricoltura e alla cooperazione una svolta decisiva. E' quanto è andato in scena a Bologna, di fronte ad una enorme platea di cooperatori (erano presenti oltre 1000 persone), in occasione della prima assemblea unitaria dell’Alleanza delle cooperative Italiane, Aci, per dirla con una sigla. Un nuovo protagonista della scena economica che può vantare 32 miliardi di fatturato, che provengono dall’attività di 5100 cooperative, forti di 720mila produttori associati e che danno lavoro a 90mila addetti. Un “colosso” che può cambiare le regole del gioco e ridisegnare gli equilibri politici e non solo economici del settore agroalimentare. E che ci siano molte cose sulle quali è necessario mettere mano lo hanno detto a chiare lettere i vari interventi che hanno fatto da cornice alla relazione presentata da Maurizio Gardini, presidente di Fedagri-Confcooperative. Che nel confermare il ruolo di leadership che Aci ricopre nel settore agroalimentare italiano, ha voluto al contempo ricordare che l'86% del prodotto che passa attraverso la cooperazione è conferito dai soci ed il 71% è poi rappresentato da prodotti che possono essere definiti “locali” ed un 26% giunge da più lontano, pur restando comunque di provenienza nazionale. Una più che modesta quota, appena il 3%, è rappresentata dall'import, necessario per il completamento di gamma sui mercati. Importante è invece la quota di esportazioni, tanto che un quarto delle cooperative vanta una presenza sui mercati esteri (si sale al 58% nel settore del vino e del 39% in quello ortofrutticolo).

 

Numeri che contano

E' con la forza di questi “numeri” che Aci intende dialogare con il mondo politico, chiedendo quella attenzione verso il comparto agricolo che sino ad oggi è mancata. A iniziare da una riduzione del peso della burocrazia che sui campi italiani pesa più che altrove. Gardini, riportando l'esempio della produzione di uva, ha ricordato che in Italia il costo della burocrazia è di 5 euro per ogni quintale di uva prodotta. In Francia questo costo scende alla metà, solo 2,5 euro. Si chiede poi impegno per favorire l'accesso al credito. Gli strumenti che Ismea ha recentemente messo a disposizione a questo fine sono accolti con favore dal mondo della cooperazione, ma è solo un primo passo. L'elenco dei problemi è lungo, e comprende anche le barriere fitosanitarie, dietro le quali si cela la volontà di porre un freno al nostro export.

 

(Foto a fianco) Un'immagine eloquente della numerosa partecipazione alla prima assemblea Aci

 

 

La riforma da riformare

Poi bisognerà fare i conti con le proposte di riforma della Pac, proposte che Gardini ha bollato come rivolte al passato piuttosto che al futuro. Le critiche riguardano in particolare l'assenza di risorse per la gestione delle crisi, poi l'aumento della burocrazia, gli interventi di tutela ambientale che sembrano pensate solo per chi dispone di aree a pascolo, come nel Nord Europa. Serve invece flessibilità per adattarle alla peculiare realtà italiana. E le critiche continuano quando si parla di incentivi all'aggregazione e concentrazione delle aziende, invocata a parole mentre sono assenti gli strumenti che dovrebbero sospingerla. E l'elenco di cosa non va nelle proposte di riforma della Pac sarebbe ancora lungo. Che le proposte sul tavolo di Bruxelles debbano essere cambiate ha avuto la possibilità di confermarlo, a dispetto di un difficoltoso collegamento video interrottosi dopo pochi minuti, anche il presidente della commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, Paolo De Castro.

 

Si chiede unità

Questi alcuni dei problemi ricordati a nome di tutti da Maurizio Gardini, ma con diverse angolazioni confermati dagli interventi degli altri protagonisti della cooperazione presenti a questa prima assemblea, come Giovanni Luppi (presidente di Legacoop Agroalimentare), Luigi Marino (presidente di Confcooperative e moderatore dell'incontro), Giuliano Poletti (presidente di Legacoop), Giampaolo Buonfiglio (presidente di Agci-Agrital), solo per citare alcuni dei numerosi partecipanti al dibattito. A rappresentare le istituzioni, dopo il “forfait” del ministro Romano (colpito da un virus di stagione, è stato detto), l'assessore all'Agricoltura dell'Emilia Romagna, Tiberio Rabboni, e il coordinatore nazionale delle Politiche agricole, Dario Stefàno. Tutti, con toni sempre appassionati, hanno ribadito la volontà di andare avanti per la strada dell'unità ora iniziata e sottolineata ad ogni richiamo dagli applausi della sala. Unità testimoniata dalle fusioni e incorporazioni che hanno contraddistinto il mondo della cooperazione agroalimentare, all'insegna del motto più cooperazione e meno cooperative. L'obiettivo è quello di accrescere le dimensioni medie per affrontare un mercato più difficile per via della globalizzazione, ma per lo stesso motivo anche più ricco di opportunità.

 

Strada lunga

Alla sua prima assemblea l'Aci si è assunta l'impegno di aprire una fase nuova ed essere uno degli assi portanti della agricoltura di domani. Un primo risultato, e che al momento rappresenta la vera novità, è l'aver messo dietro le spalle una lunga stagione di divisioni, che forse ha stimolato la competizione, ma che oggi è superata dall'evoluzione dei mercati. Serve una voce unica per l'agricoltura, è questa l'invocazione che l'assemblea Aci ha rivolto al mondo agricolo e in particolare alle organizzazioni professionali. Sarà raccolto questo invito? C'è da dubitarne, anche se qualche apertura è giunta dalle parole del presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, e dal presidente di Cia, Giuseppe Politi, come pure da FrancoVerrascina, presidente di Copagri. La Coldiretti ha invece scelto di essere rappresentata da uno dei suoi quattro vicepresidenti, Mauro Tonello. Che ha rimarcato le differenti posizioni della sua organizzazione. Per l'unità sindacale, viene da pensare, ci vorrà ancora tempo. Peccato. Accontentiamoci per il momento del lavoro fatto dal mondo cooperativo verso l'unificazione. Che gli agricoltori hanno dimostrato di apprezzare.