Una rivoluzione. E' quella che attende l'agricoltura, destinata a diventare protagonista, e non più solo comparsa, nello scacchiere economico mondiale. Perché domani dovrà nutrire una popolazione in continuo aumento e già oggi deve fare i conti con una maggiore richiesta di proteine animali. Colpa, anzi merito, delle migliorate condizioni di reddito di larghe fasce della popolazione, specie nell'Est. E siamo solo agli inizi. Cosa ci aspetta e come affrontare il futuro che si sta delineando? E' questa la domanda, impegnativa e difficile, alla quale si è tentato di dare risposta al convegno emblematicamente intitolato “Agricoltura: scenari e aspettative al 2020”, che si è svolto nell'ambito di “Patata in Bo”, manifestazione bolognese dedicata a questo tubero del quale si producono in Italia 1,7 milioni tonnellate.

 

Dalla patata al cibo

E' partendo dalla patata, che tanti meriti ha nell'aver sfamato l'uomo nei momenti più difficili, che ci si interroga su come sarà possibile già oggi e ancor più domani soddisfare le esigenze nutritive del mondo. E le proiezioni degli economisti dicono che alla fine di questo secolo saranno necessari tre pianeti Terra per dare cibo a tutti. E' questo l'efficace metro usato da Mario Manaresi, Basf – Sustainable agriculture manager crop protection – South Europe, per delineare la complessità della situazione e le difficoltà della sfida che si ha di fronte, la cui meta è più quantità e più qualità. La risposta sta nella ricerca e nell'innovazione orientata ad un'agricoltura sostenibile, rappresentata da un triangolo che abbia al vertice l'economia e alla base l'ambiente e la funzione sociale, perché da sempre la disponibilità di cibo, e al contrario la sua assenza, hanno favorito la stabilità sociale dei popoli. Ricerca e innovazione sono però solo una delle gambe sulle quali poggia il futuro dell'agricoltura mondiale.

Non meno importanti sono le strategie politiche ed economiche destinate ad orientare lo sviluppo dell'agricoltura. Lo scenario mondiale, ha ricordato nel suo intervento il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, vede la Cina aumentare di sei volte in tre anni gli investimenti in agricoltura. Così pure la Russia, seppure con incrementi meno vistosi (+2,7%). Nella Ue, invece, le proposte oggi allo studio paiono ancora indirizzate a disincentivare le produzioni agricole.

Come se ciò non bastasse gli orientamenti della Commissione non sembrano tenere nel dovuto conto il valore delle produzioni. Lo ha sottolineato Paolo Bruni, presidente del Copa Cogeca, ricorrendo ad un esempio sul settore della patata. In Italia, ha ricordato Bruni, si esportano 150mila tonnellate di patate e se ne importano 600mila. Ma il valore delle nostre esportazioni è di 70 milioni di euro, mentre le importazioni ci costano solo 150 milioni. Dunque il valore della produzione italiana è significativamente superiore rispetto a quello estero.

I buoni risultati della nostra pataticoltura, a parere di Tiberio Rabboni, assessore all'Agricoltura della Regione Emilia Romagna, sono anche merito del modello produttivo che il settore è stato capace di darsi. Sono però maturi i tempi per dare vita ad un organismo interprofessionale che sia alla base della programmazione produttiva. A proposito di produzioni, Rabboni, nella sua veste di presidente di Arepo (l'associazione europea delle regioni con produzioni Dop), si è detto soddisfatto di come il Pacchetto Qualità sia stato emendato, accogliendo la possibilità di regolare i volumi produttivi e accentuando il contrasto alle contraffazioni. Ma non mancano i dissensi di alcuni Paesi della Ue ed ora occorre una posizione forte e univoca da parte dell'Italia, sino ad oggi disattenta e priva di una politica agricola nazionale.

 

Dove va la Pac

Incisivo e puntuale sui temi della Pac l'intervento del presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue, Paolo De Castro, che ha definito orientata al passato la proposta di riforma che la Commissione si appresta a presentare il 12 ottobre. Sino alla metà degli anni 90, ha ricordato De Castro, abbiamo assistito ad un continuo espandersi delle produzioni in misura persino superiore ai consumi. Di qui le politiche tese a limitare le produzioni agricole, come il set-aside o le quote produttive. Oggi siamo nella situazione opposta, con una richiesta di derrate che l'agricoltura non è in grado di soddisfare. Ecco l'origine della volatilità dei prezzi agricoli, delle tensioni sui prezzi delle commodities agricole, solo per citare alcuni esempi. E' significativo che negli ultimi dieci anni ben 227 milioni di ettari, soprattutto nel continente africano, siano stati acquistati da fondi sovrani, Cina in particolare, per essere destinati a produzioni agricole. E' palese l'intendimento di dare risposta alla crescente domanda di alimenti.

La Ue è oggi largamente importatrice di prodotti agricoli e si dovrebbe pensare a come limitare questo gap. Vanno nella direzione opposta le proposte della Commissione, fra le quali troviamo il “greening”, come viene definita la volontà di congelare per ragioni ambientali la produzione agricola sul 7% delle superfici disponibili. Al contrario, e come votato a maggioranza assoluta dal Parlamento Ue in sessione plenaria, l'agricoltura ha bisogno di nuovi strumenti per affrontare le sfide del mercato. Occorrono leve per gestire il mercato, mezzi per superare situazioni di crisi, incentivi per favorire l'organizzazione degli agricoltori.

Il timore, ancora una volta, è che si abbia dell'agricoltura una visione romantica, che richiama alle antiche usanze contadine o ai ritmi lenti di una campagna che fu. Immagini bucoliche che non vanno rinnegate, ma interessanti solo per le pagine della cultura, non per quelle dell'economia, ha sottolineato De Castro.