Da quanto emerge da un'analisi Coldiretti su dati Istat relativi al primo trimestre 2011, la Russia si posiziona, dopo Germania e Inghilterra, tra i principali mercati di sbocco del vino made in Italy.

Un risultato ora messo a rischio dai pesanti dazi imposti da Mosca.

Non possiamo permetterci di lasciar chiudere le porte di un mercato in continua ascesa” ha commentato il direttore generale di Assoenologi, Giuseppe Martelli, facendo riferimento alla misura adottata da Mosca che raddoppia i dazi sui vini italiani rispetto a quelli francesi e spagnoli.

A partire dallo scorso 4 luglio, infatti, le disposizioni del Servizio doganale federale della Russia (FTS) prevedono per i vini italiani un livello del 'custom profile' pari 3 dollari per litro. A dire 1,60 euro per le bottiglie da 0,75 litri e 2,12 euro per quelle da 1 litro. Ciò non accade per i vini francesi e spagnoli, per i quali i livelli fissati ammontano a 1,22 euro per le confezioni da litro e 0,80 centesimi di euro per le bottiglie da 0,75 litri.
Una decisione discutibile e ingiustificata che farà perdere ai nostri vini importanti quote di mercato in un paese in cui le nostre etichette sono leader assolute” è il commento di Giuseppe Politi presidente di Cia.

L'effetto sul mercato russo del provvedimento, spiega Coldiretti, è stimato in un incremento pari al 30% per cento prezzi al consumo.

Unanime la richiesta di un intervento immediato delle istituzioni. “La preoccupazione dei produttori italiani è massima” spiega Politi, “ecco perché chiediamo ai ministri delle Politiche agricole e a  degli Affari esteri di attivarsi urgentemente presso tutte le autorità competenti”.

 

Se a questa notizia si aggiunge la preoccupazione posta in evidenza da Andrea Ferrante, presidente nazionale di Aiab, circa i recenti sviluppi sul Regolamento europeo di vinificazione biologica, si può dire che per la vitivinicoltura italiana non manchino le 'gatte da pelare'.

E' di questi giorni la bozza di regolamento ricevuta dallo Scof - Standing committee on organic farming - che secondo Ferrante “anziché risolvere la questione dei solfiti acuisce la discriminazione tra zone viticole”.
La bozza introduce, spiega Cristina Micheloni del Comitato Scientifico Aiab, in aree dove davvero si produce il vino - Italia, Spagna, Portogallo e Francia del Sud - limiti più restrittivi rispetto al resto d'Europa.

Limiti che, spiega “tali aree sono ben disposte ed in grado di accettare. Il problema è il resto d’Europa dove”, prosegue, “si farà solo finta di porsi delle limitazioni. Inoltre” afferma Micheloni “la zonizzazione nell’uso della solforosa, il cui impiego è legato non tanto alla zona ed al suo clima, ma alla tipologia di vinificazione e di vino che si vuole ottenere, non ha alcun fondamento tecnico o scientifico.

Se è vero che lo scorso anno la proposta venne ritirata perché ritenuta già al limite della decenza” conclude, “ci chiediamo come mai quest’anno il decoro della Comunità europea abbia così ceduto da consentire la presentazione di tale aberrante documento”.