L'Ismea pubblica periodicamente i risultati di indagini sulle principali filiere agroalimentari e sulla competitività del sistema agro-industriale. Questi studi, molto accurati, non hanno grande risonanza, se non fra docenti e ricercatori universitari. Il mondo agricolo, i politici, in genere la opinione pubblica sembrano indifferenti ai temi della economia preferendo spesso, oltre che la cronaca, argomenti più leggeri come ad esempio quelli gastronomici, oggi in grande evidenza.
Come e perché nasce la ricchezza, per quale ragione è indispensabile essere efficienti ed i modi per esserlo interessa a nessuno, anche se sempre più frequenti e chiari sono i segnali di un declino economico della nostra economia iniziato alla fine del secolo scorso.
Chi vive protetto dall'ombrello dello stato, chi opera all'interno delle numerose e potenti corporazioni, può ignorare questi problemi, ma i meno fortunati, coloro che lavorano nelle imprese private e svolgono una libera professione, essendo in prima linea, debbono conoscere questi temi; l'ignoranza non ha alcuna giustificazione e può essere fatale.
Paesi con un reddito pro-capite elevato, sono diventati poveri in alcuni decenni per errori marchiani della classe politica, come l'Argentina, oppure in poche settimane, come l'Islanda, vittima della crisi dei mutui fondiari americani e da un'allegra finanza, o come Venezia, stato fra i più avanzati e prosperi nel rinascimento, che impiegò alcuni secoli per consumare ricchezza e potenza accumulati nei secoli.
Le crisi economiche che ciclicamente ed improvvisamente oggi compaiono, come le epidemie, rinforzano i paesi robusti, condannano quelli deboli. Esse hanno una prerogativa, obbligano tutti, governati e governanti, a fare un esame di coscienza, per capire ciò che non ha funzionato e cercare di porvi rimedio.
Il malessere del settore primario emerge dallo studio sulla competitività e rende possibile alcune riflessioni ed indicazioni sul cosa eventualmente è possibile ancora fare.
La produttività dell'agricoltura*, ossia il rapporto fra quanto si produce ed il lavoro impiegato è in Olanda di 50.600 € per addetto, in Italia è meno della metà: 21.700 €. I valori di tutti i nostri concorrenti europei sono nettamente superiori al nostro.
Le spese variabili sul valore della produzione sono inferiori al 50%, tutti i paesi europei hanno valori che oscillano dal 60 al 70%.
Le conclusioni che si possono trarre da questi indici sono che i redditi ed il potere di acquisto degli agricoltori italiani sono i più bassi in Europa e che l'organizzazione della produzione è, rispetto ai nostri diretti concorrenti, non adeguata.
La nostra agricoltura si è modernizzata assai meno della altre ed incontra grosse difficoltà a competere sia in Europa che all'estero.
La collettività eroga ogni anno aiuti finanziari di vario tipo al settore primario per 15.507 milioni di €, il 62% del valore aggiunto agricolo.
Il settore non crea ricchezza, ma la consuma. La situazione è divenuta assolutamente insostenibile per la crisi economica, per l'elevatissimo debito pubblico e perché la pressione fiscale ha raggiunto il 50% del PIL. Essa è il risultato di politiche agricole avviate nel dopo guerra, che hanno sempre privilegiato e sostenuto l'agricoltura coltivatrice, conservatrice, inadeguata ed assolutamente incapace oggi di servire il mercato, globale e molto concorrenziale.
Per cercare di porre rimedio a questa situazione la strada da percorrere è lunga, difficile ed irta di ostacoli in quanto occorrono imprese di maggiori dimensioni, condotte da imprenditori giovani, adeguatamente selezionati e preparati che abbiano facile accesso al credito.
Per programmare, per innovare, per interpretare i segnali del mercato, per dare vita a forme associative per l'approvvigionamento dei mezzi tecnici e dei servizi, per la logistica e per la vendita dei prodotti gli agricoltori hanno bisogno di idonei servizi di consulenza e di istituzioni per la formazione continua.
Occorre una riforma agraria che deve fare il cammino inverso di quelle del secolo scorso con l'obiettivo di creare imprese efficienti, capaci di adattarsi autonomamente alla evoluzione del sistema produttivo e di generare ricchezza ed occupazione.
*Nota sulla produttività in agricoltura: La produttività del lavoro viene espressa in termini lordi (PLV/Addetto) oppure netta (Valore aggiunto/addetto). L'indice più usato è quello al netto che misura il potere di acquisto. I dati Eurostat che sono stati indicati in questo articolo sono quelli relativi al valore aggiunto per addetto.
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Fonte: AEI - Associazione Economisti d'Impresa
Autore: Associazione Economisti d'Impresa