La Legge di Bilancio per il 2024 reintroduce l'Irpef per tutti gli agricoltori e al tempo stesso impone anche ai giovani agricoltori di versare i contributi previdenziali. Questo perché i due regimi di esenzione fiscale e previdenziale non sono stati prorogati, come pure era prevedibile e atteso, provocando ora anche una prima reazione delle organizzazioni agricole: Confagricoltura chiede un ritorno graduale all'imposta sui redditi, mentre Cia - Agricoltori Italiani vorrebbe un passo indietro del Governo con un emendamento al Decreto Milleproroghe. Il caso più eclatante riguarda proprio l'imposta sul reddito delle persone fisiche, per l'ampia ricaduta sul tessuto imprenditoriale agricolo.

 

Il regime di esenzione dall'Irpef che non c'è più

Manca infatti la proroga dell'esenzione Irpef per i redditi dominicali e agrari concessa, negli ultimi sette anni, ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola. Si torna dunque, in mancanza di correttivi sul Milleproroghe, ad attuare le vecchie norme.

 

L'esenzione fu introdotta dalla Legge numero 232 del 2016 (Legge di Bilancio per il 2017) al fine di sollevare il comparto agricolo colpito da un periodo di crisi. La misura - varata dal Governo di Matteo Renzi (ministro alle Politiche Agricole Maurizio Martina) - era stata poi prorogata di anno in anno fino alla Legge di Bilancio per il 2023 - Legge numero 197 del 29 dicembre 2022 - che aveva stabilito, con riferimento all'anno d'imposta 2023, che non concorrevano alla formazione della base imponibile ai fini Irpef i redditi dominicali e agrari relativi a terreni dichiarati dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.

 

La disposizione riguardava - come noto - anche i familiari coadiuvanti del coltivatore diretto che, ai sensi dell'articolo 1, comma 705 della Legge 145/2018, sono fiscalmente equiparati ai titolari dell'impresa agricola cui partecipano attivamente.

 

L'agevolazione era fruibile anche dai soci delle società semplici iscritti nella gestione previdenziale agricola. Unici a non beneficiare del regime di esenzione dall'Irpef erano i soci di società agricole costituite con denominazione Società in Nome Collettivo, Società in Accomandita Semplice e Società a Responsabilità Limitata trasparenti anche se avevano optato per la tassazione catastale.

 

Torna quindi la tassazione ordinaria e dall'anno d'imposta 2024 (dichiarazione dei redditi 2025) tornano ad applicarsi le regole ordinarie: i coltivatori diretti e gli Iap dovranno dichiarare i redditi dominicali e agrari in base alle risultanze catastali e assoggettarli a rivalutazione, pari all'80% per il reddito dominicale ed al 70% per il reddito agrario.

 

I redditi così rivalutati sono poi soggetti ad una seconda rivalutazione del 30%, valida solo per i meri proprietari terrieri e per gli agricoltori che non rientrano nelle categorie esenti: i soggetti in possesso della qualifica di coltivatore diretto e di Iap.

 

Una puntualizzazione di ordine definitorio: il reddito dominicale deve essere dichiarato dal soggetto che possiede il terreno a titolo di proprietà, mentre il reddito agrario deve essere dichiarato dal soggetto che svolge l'attività agricola.

 

La rivalutazione sopra descritta non trova applicazione per i periodi d'imposta durante i quali i terreni sono concessi in affitto per usi agricoli, con contratti di durata superiore a cinque anni, a soggetti che non hanno ancora compiuto quaranta anni e sono in possesso della qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale.

 

Ma non finisce qui, perché gli imprenditori agricoli, con il ritorno dell'Irpef, non solo si ritroveranno a riempire le colonne della dichiarazione "reddito dominicale imponibile" e "reddito agrario imponibile" ma anche quella relativa ai "redditi diversi" nel caso abbiano concesso "diritti di superficie" dietro pagamento di un canone, cosa oggi molto frequente vista la diffusione degli impianti agrivoltaici. Atteso che il diritto di superficie proprio con la Legge di Bilancio per il 2024 ha perso il beneficio di una tassazione separata, peraltro molto leggera.

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Le reazioni

Iniziano a contarsi le reazioni all'avvento dell'Irpef sull'agricoltura dopo sette anni di esenzione. E sul diritto di superficie dice la sua anche il comparto degli installatori di pannelli agrivoltaici. "La gravità di questa disposizione risiede nella sua natura retroattiva, la quale incide profondamente sulla sicurezza giuridica e sulla pianificazione finanziaria delle imprese coinvolte - lamenta una nota della Kenergia, azienda impegnata nello sviluppo dell'agrivoltaico. "Dal 1° gennaio 2024 tutte le cessioni di diritto di superficie, incluse quelle in corso, saranno soggette a tassazione" sottolinea.

 

"Questo scenario - afferma Kenergia - impone un reale cambiamento nel modo in cui vengono strutturati e valutati i contratti tra proprietari agricoli e imprese del settore fotovoltaico e che potrebbe bloccare alcune migliaia di impianti fotovoltaici in corso di approvazione, che si installeranno in campi agricoli rispettando le norme che via via sono state emanate".

 

Nei casi peggiori - questo il timore - la tassazione del diritto di superficie può essere anche assoggettata all'aliquota massima del 43%, cosa che avrebbe l'effetto di mettere in fuga gli agricoltori dalla produzione di energia elettrica con impianti agrovoltaici, pure tanto incentivati dal Pnrr, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

 

Sulla reintroduzione dell'Irpef ci va giù duro il vicepresidente di Cia - Agricoltori Italiani, Gennaro Sicolo, presidente dell'organizzazione in Puglia, che il 12 gennaio ha detto: "Il mancato rinnovo dell'esonero dell'Irpef costerà da 400 a 10mila euro alle nostre imprese agricole, invece di ridurre le tasse, come promesso". E ancora: "il comparto primario viene penalizzato da nuovi aggravi fiscali". E chiede: "I parlamentari pugliesi si attivino con un emendamento al Milleproroghe che ripristini l'esonero". Cia definisce la reintroduzione dell'Irpef per gli agricoltori una vera e propria "mazzata" per il settore.

 

"Inaccettabile che il Governo abbia deciso di cancellare la misura introdotta nel 2016 dal Governo Renzi che esonera dal pagamento dell'Irpef i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli. Scriverò al ministro Francesco Lollobrigida e chiederò, con decisione, alla Commissione Politiche Agricole della Conferenza delle Regioni del 18 gennaio, di assumere una posizione. Si tratta di una misura che, negli anni, ha avuto un impatto importante nel sostenere gli operatori del settore e che, non a caso, di anno in anno è stata prorogata da tutti, a prescindere dal colore politico". Lo ha dichiarato il 13 gennaio scorso Nicola Caputo assessore all'Agricoltura della Regione Campania, con una nota ufficiale dell'Assessorato.

 

"La mancata proroga dell'esenzione dell'irpef è senz'altro la misura più penalizzante tra quelle previste in campo agricolo dalla Legge di bilancio per il 2024. Una scelta ancor più incredibile - ha affermato ancora l'assessore campano - se si pensa che il comparto agricolo, in questi anni, è stato quello più colpito dalle conseguenze della pandemia, della crisi climatica, delle guerre: costi alle stelle, raccolti sempre più difficoltosi, condizioni di lavoro spesso insostenibili tra temperature torride e alluvioni". Caputo infine invita il Governo Meloni a sostenere "l'emendamento di Italia Viva volto a ripristinare l'esonero Irpef. Coltivatori e imprenditori vanno sostenuti, non tassati. Ora più che mai".

 

Confagricoltura invece - con una nota del 29 dicembre - si era limitata a chiedere al Governo uno "sforzo" per una reintroduzione dell'Irpef che sia almeno "graduale".

 

Nello scorso novembre, durante l'audizione al Senato, Copagri aveva avvertito: "A pesare sul primario è l'assenza nella Manovra della proroga al 2024 dell'esonero contributivo per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali under 40, intervento fondamentale per favorire il tanto decantato ricambio generazionale contribuendo a rendere il settore agricolo una scelta credibile per il futuro dei giovani, così come la mancata proroga per il prossimo anno dell'esenzione Irpef per i redditi dominicali e agrari, che rappresenterebbe un concreto argine al graduale abbandono del comparto".

 

Un monito inascoltato quello di Copagri, che ora dovrà trovare un ascolto seppur tardivo per evitare severe conseguenze per il settore agricolo.