Tre notizie sono apparse in questi giorni sui giornali e segnalate puntualmente dalla rassegna stampa giornaliera di Ismea.
Maurizio Gardini, presidente Fedagri Confcooperative, ha dichiarato che la politica di disaccoppiamento che prevede un contributo alle imprese agricole sta accelerando la loro morte.
Dopo oltre quaranta anni di proteziosimo e di sostegno finanziario ingente ed indifferenziato, una recentissima indagine di Inea scopre che solo un'azienda su tre è capace di stare sul mercato e nei soli settori del vino, degli ortaggi e dei fiori. Questi comparti concorrono per il 24% alla formazione del valore della produzione agricola e zootecnica.
La notizia è ancora più drammatica se si tiene conto che un'ora lavorata è stata in media remunerata con 2 €, livello fra i più bassi in Europa, più simile a quelli dei PVS.
Un altro studio ha rilevato che 377 milioni di € stanziati dal 2000 al 2007 per agevolare e promuovere il ricambio generazionale in agricoltura, sono stati utilizzati solo per il 6% (27 milioni fino ad ora erogati).
La percentuale di under 40 nello stesso periodo è ovviamente scesa dallo 11% al 5,5% . I giovani cercano lavoro altrove e nessun incontivo li induce a cambiare condotta.
Fare agricoltura oggi in Italia, pur a fronte degli enormi interventi pubblici, che nel 2008 sono stati complessivamente 16.000 milioni di €, 16.000 € per addetto, non è economico. Questo paraddosso va indagato a fondo per comprendere le cause.

Una prima ipotesi, per altro assai improbabile, è che questi sostegni siano stati spesi nel modo giusto ed allora quanti altri sono necessari, accolto che la collettività nazionale possa e voglia mettere a disposizione del settore agricolo altre ingenti risorse.
Gli altri pPesi europei in questi anni si sono preoccupati di mettere gli agricoltori in condizione di innovare, di fare nuovi investimenti e quindi di aumentare la cacapità di competere nel mercato mondiale.
Produttività del lavoro e redditi agricoli sono in Europa sono cresciuti regolarmente e sono oggi assai superiori ai nostri, in alcuni casi, come in Olanda e Danimarca, addirittura doppi.
Il presidente di uno delle maggiori istituzioni economiche agricole ha già dato una sua interpretazione alla nostra domanda ed è probabile che se facessimo indagini approfondite capiremmo che buona parte del denaro che arriva agli agricoltori è un semplice sussidio a fondo perduto, una grossa elemosina, ma certamente non uno stimolo che consenta loro di migliorare stabilmente la situazione economica.

Il nostro Paese è in fondo alle classifiche della Banca Mondiale nell'offerta di condizioni favorevoli a fare impresa, gli agricoltori ogni giorno spendono tempo e denaro per fare fronte alle incredibili ed interminabili richeste della burocrazia per svolgere il loro lavoro.
Vincoli, norme di nessuna efficacia vengono regolarmente inventate, non danno vantaggi alla collettività e ostacolano chi produce ricchezza.
La cosa più preoccupante è l’inerzia della classe politica chenon è capace prima di promuovere studi approfonditi, poi fare diagnosi realistiche condizione per mettere a punto una politica che rinforzi prima le aziende, troppo piccole, rimuova vincoli non necessari, renda efficiente i servizi pubblici già esistenti e presenti in tutte le regioni per il trasferimento tecnico, la formazione e l’addestramento onde metterere i nostri agricoltori nelle stesse condizioni dei loro colleghi europei.

Alcuni mesi fa un grande supermarket al centro della capitale cinese con i più affermati vini, formaggi e prosciutti nostrani, costruito da una società italiana con il supporto pubblico a tempo di record, dopo meno di due anni ha chiuso ingloriosamente i battenti per le scarse vendite e i troppi debiti.
Sorge inconsciamente il ricordo dell’affondamento del Titanic, la nave si inabissava ma le orchestre suovano per copie di eleganti, allegri ed ignari ballerini.

 

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