Bisogna cambiare le regole del gioco e, se necessario, scegliere anche compagni di squadra più affidabili. Questo, in estrema sintesi, il messaggio scaturito dall’incontro organizzato da Anas a Reggio Emilia sul tema, assai impegnativo, “Le fondamenta del nostro futuro”. Incontro affollato, come sempre accade quando i problemi sono molti, ed è questo il caso della suinicoltura, da anni stretta in una pesante crisi di mercato. Protagonista di questa crisi è la produzione del suino pesante, settore nel quale l’Italia vanta una specializzazione che non ha concorrenti e che è alla base delle nostre produzioni di salumi e insaccati, prosciutto in testa, Dop compresi. Quanto sia difficile e pesante la situazione è emerso senza ombre dalla presentazione del presidente di Anas, Giandomenico Gusmaroli.
I numeri della suinicoltura (fonte Anas) | |
Suini nati in Italia | 12,922 milioni di capi (-0,8%) |
Suini del circuito Dop | 8,707 milioni di capi (-4,5%) |
Cosci prodotti in Italia | 26 milioni di pezzi |
Cosci importati | 55 milioni di pezzi |
Autoapprovvigionamento cosci | 35% |
Autoapprovvigionamento lombi | 90% |
Esportazioni di prosciutti e speck | 44.353 tonn (+3,5%) |
Prezzo medio suini 90-115 kg | 1,34 euro/kg (-5,4%) |
Prezzo medio suini 156/176 kg | 1,22 euro/kg (-7,1%) |
Valore produzione suinicola | 2,36 miliardi di euro (-6,8%) |
Quota valore per allevatori | 15,90% |
Quota valore per distribuzione | 50% |
I punti critici
Questo lo scenario. Che fare? Anzitutto riconoscere i punti deboli delle iniziative interprofessionali prese negli ultimi due anni, e fra queste le Commissioni uniche nazionali (CUN), poi il modello di valutazione delle carcasse, la programmazione delle produzioni Dop, tanto per citare alcuni dei progetti che hanno dato scarsi o nulli risultati. Lucida e franca l’analisi del presidente di Anas nell’individuare le responsabilità dell’inefficacia delle azioni anticrisi. A iniziare da Assica, per la parte industriale, lenta e restia nell’attuare gli accordi, per continuare con la parte agricola dove “brontolii e divisioni” rappresentano una delle molte criticità. E poi la pubblica amministrazione, in difficoltà nel trovare soluzioni che rispondano alle istanze della componente industriale (che però sa confrontarsi in modo unitario) e le istanze del mondo agricolo, come sempre frammentato.
Intanto si affacciano all’orizzonte, come ricordato da Gusmaroli, alcune iniziative legislative europee che potrebbero avere interesse per il settore, come l’etichettatura dei prodotti alimentari con l’indicazione del paese di origine. Sempre che non prevalga nelle scelte del legislatore il criterio di “prevalenza” in base al quale potrebbe essere sufficiente, ad esempio, che solo un componente, ancorché rilevante, sia italiano per definire “made in Italy” un prodotto che annovera anche molte altre provenienze. Si apre poi, grazie alle nuove norme in tema di denominazioni di origine dei vini, la possibilità per i Consorzi di tutela dei prosciutti Dop di intervenire sul governo delle produzioni. Un ruolo che si scontrava sino a ieri con le norme antitrust, ma che sarebbe invece assai utile per evitare che la produzione sia superiore alla domanda. E' bene ricordare che oggi un quarto delle cosce disponibili per la salatura è di fatto in esubero.
Qualità, strada obbligata
Ben vengano queste opportunità, ma molto dovranno fare anche gli allevatori, sapendo che non possono competere sui mercati internazionali puntando su prodotti indifferenziati, ma che devono continuare lungo la strada della qualità e della tipicità. Magari cambiando le regole del gioco. “In mancanza delle condizioni di una reale cooperazione con gli altri soggetti della filiera – ha detto Gusmaroli – gli allevatori debbono prendere seriamente in considerazione la possibilità di assumere iniziative nuove per la valorizzazione delle produzioni, quali l’utilizzo di denominazioni e marchi gestiti direttamente dal sistema degli allevatori.” E fra gli impegni da portare avanti, come emerso dai numerosi interventi che si sono succeduti durante l’incontro di Anas, c’è anche quello di valorizzare tutta la salumeria italiana, riconosciuta come la migliore del mondo. Si dia allora spazio alla promozione di questi prodotti sui mercati internazionali e su quello interno, magari iniziando con una grande manifestazione dedicata a salumi e insaccati, oggi protagonisti di poche sagre locali. Già esistono importanti eventi per il vino e per i formaggi. I prodotti della suinicoltura meriterebbero uguale attenzione. L’invito è lanciato, vedremo se sarà raccolto.