Un suolo sano e vivo è un suolo ricco di microrganismi. Gli scienziati hanno scoperto che un campione di suolo può contenere fino a 30mila specie di microrganismi per grammo. Tra questi ce ne sono tanti che sono detti benefici perché in grado di proteggere le piante esplicando azioni di biocontrollo diretto ed indiretto verso i patogeni delle colture e promuovere la crescita delle piante.
Oomiceti, lieviti e funghi sono un valido esempio di microrganismi utili agenti di biocontrollo. Questi possono agire attraverso 4 diversi meccanismi d'azione quali la competizione, il parassitisimo, l'antibiosi e l'induzione di resistenza. Nel primo caso competono per lo spazio e/o nutrienti, nel secondo hanno un'azione diretta nei confronti del patogeno attraverso la parassitizzazione dello stesso e la produzione di enzimi degradativi, l'antibiosi prevede la produzione di metaboliti secondari che inibiscono lo sviluppo e la moltiplicazione del patogeno, l'induzione di resistenza permette alle piante di attivare o aumentare l'espressione dei propri geni di resistenza o di difesa.
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Molti di questi microrganismi sono i principi attivi di bioagrofarmaci per la difesa delle malattie delle piante. I vantaggi sono numerosi:
- non lasciano residui;
- non interferiscono con la fermentazione;
- i trattamenti possono essere fatti in prossimità alla raccolta;
- riducono la presenza di residui;
- possono essere inseriti nelle strategie anti resistenza;
- sono un valido strumento di agricoltura biologica e integrata;
- non sono tossici per l'ambiente, l'uomo e gli animali;
- non danno problemi di fitotossicità.
Il mercato dei bioagrofarmaci sta crescendo in maniera esponenziale grazie alla maggiore attenzione nei confronti delle soluzioni biologiche in agricoltura e si stima che supererà i 6,4 milioni di dollari investiti il prossimo anno. Tra i biofungicidi commerciali, i prodotti a base del fungo Trichoderma sono i più importanti e i più utilizzati nel mondo, soprattutto per il controllo dei patogeni vegetali presenti nel suolo.
L'uso di Trichoderma è stato testato su diversi parassiti tra cui su Stemphylium vesicarium che causa la maculatura bruna del pero. Di questi studi e dell'effetto positivo del trattamento se ne è parlato durante una lezione del corso di alta formazione Biosolution Academy tenuta da Vittorio Rossi dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, da Andrea Bagnalasta technical development specialist di Gowan e da Michelina Ruocco del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto della Protezione Sostenibile delle Piante sede secondaria di Portici.
Il problema della maculatura bruna del pero
La maculatura bruna del pero è la principale malattia fungina che attacca la coltura nel Nord Italia e con il tempo si è estesa ad altre aree di coltivazione in Francia, Spagna, Portogallo, Belgio ed Olanda.
Pleospora allii e Stemphylium vesicarium sono le due forme riproduttive dello stesso fungo saprofita e ubiquitario capace di vivere su tantissimi substrati vegetali. P. allii permette la conservazione del fungo nelle stagioni avverse (inverno) e S. vesicarium ha il compito di diffondere il fungo nei periodi favorevoli. Il ciclo della maculatura bruna del pero si suddivide pertanto in 2 fasi, una detta saprofitaria ed una parassitaria.
La fase saprofitaria ha luogo d'inverno e prevede lo svernamento delle forme di sopravvivenza del patogeno nelle foglie di pero cadute a terra e nel cotico erboso. Le ife fungine colonizzano i tessuti vegetali morti e formano gli pseudoteci, all'interno dei quali iniziano a maturare le ascospore di Pleospora allii. Questa fase è favorita da diversi fattori quali, per esempio, temperature comprese tra 10 e 15 °C e umidità relativa elevata principalmente nel periodo compreso tra metà marzo e metà aprile. Dopo la maturazione gli pseudoteci rilasciano sul cotico erboso e sulle foglie cadute a terra le ascospore, soprattutto in coincidenza di eventi piovosi.
La fase parassitaria prevede la diffusione e la dispersione dei conidi che raggiungono la pianta e germinano producendo i tubetti germinativi con i quali penentrano i tessuti vegetali. Questa fase avviene in un ampio range di temperature ed è necessaria una bagnatura della vegetazione con una durata minima di 6 ore. Il patogeno produce quantità enormi di spore per tutta la stagione e queste sono facilmente air borne, quindi disperdibili nell'aria.
I sintomi della malattia sono causati unicamente dalle fitotossine prodotte dai conidi di Stemphylium vesicarium. Le spore, infatti, iniziano a produrre queste tossine appena emettono il primo tubetto germinativo. Quindi, per evitare i sintomi bisogna impedire la germinazione delle spore sui tessuti vegetali. L'azione di queste fitotossine risulta specifica a tal punto da andare a colpire solo alcune varietà di pero, in primis Abate Fetel, Conference, Passacrassana e Decana del Comizio.
I sintomi sono visibili a partire dalla fioritura fino alla raccolta, su foglie, germogli, piccioli e frutti. Sulle foglie e sul picciolo si formeranno piccole macchie rotondeggianti di colore bruno nerastro. Sui frutti l'infezione si presenta sotto forma di macchie brune contornate da un alone rossastro che tendono ad ingrandirsi.
Questa malattia causa danni molto ingenti e il controllo, basato storicamente su fungicidi applicati a calendario, non è più sostenibile: parecchi dei fungicidi che si usano sono soggetti a resistenza e c'è una progressiva riduzione dei fungicidi e poche alternative disponibili.
Per migliorare e integrare il controllo della malattia, la ricerca sta attualmente lavorando sulla riduzione del potenziale di inoculo. È il cotico erboso la principale fonte di inoculo per la maculatura bruna del pero: le ascospore di Pleospora allii sono prodotte sui residui fogliari e i conidi di Stemphylium vesicarium sono rilasciati sul cotico erboso dei pereti. Ed è qui che entra in gioco il Trichoderma.
Il Trichoderma come soluzione per ridurre l'inoculo
Trichoderma è un genere di funghi filamentosi che possiedono molteplici meccanismi d'azione che un fungo antagonista può avere. Quindi, oltre a competere per spazio e nutrienti, questi funghi si comportano da micoparassiti perchè secernono enzimi che degradano la parete cellulare del patogeno e hanno un'azione diretta sul parassita attraverso la produzione di metaboliti secondari quali sostanze volatili, composti idrosolubili e peptaiboli.
Oltre all'antagonismo, i funghi del genere Trichoderma interagiscono con le piante promuovendone la crescita e lo sviluppo, inducendo resistenza acquisita (Isr) e aumentando la resistenza agli stress abiotici come siccità e salinità.
In Europa tra i prodotti autorizzati per il biocontrollo o in fase di autorizzazione c'è grande presenza di Trichoderma e in futuro ce ne sarà sempre di più perché è molto più facile utilizzare ceppi nuovi della stessa specie piuttosto che partire da zero con una specie nuova. I prodotti a base di Trichoderma sono quasi tutti autorizzati per le malattie del suolo ma sono dei prodotti ad ampio spettro e hanno molte potenzialità che non sono state ancora valorizzate.
Nel caso specifico della maculatura bruna e di S. vesicarium, il Trichoderma ha la capacità di ridurre l'inoculo. L'effetto dei prodotti a base di Trichoderma sulla produzione di conidi di S. vesicarium è stato studiato sul campo e in laboratorio. In una ricerca dell'Università Cattolica del Sacro Cuore funghi del genere Trichoderma hanno ridotto di circa il 50% il numero totale di conidi in campo mentre in laboratorio la riduzione è stata maggiore del 99%.
In condizioni di campo sembra, quindi, non bastare il Trichoderma. In un contesto di controllo integrato della maculatura bruna del pero quali sono le altre strategie che possono ridurre l'inoculo?
Da un'altra ricerca dell'Università Cattolica del Sacro Cuore è stato dimostrato l'importante contributo della rimozione dei residui fogliari. Lo studio ha previsto sia trattamenti con Trichoderma sul cotico erboso, che la rimozione della lettiera delle foglie del pero, entrambi messi a confronto e in combinazione con trattamenti fungicidi.
I soli fungicidi (7-8 interventi per stagione) non hanno controllato in modo soddisfacente la malattia; mentre, la combinazione di rimozione della lettiera e Trichoderma ha ridotto del 50% i frutti colpiti rispetto al solo trattamento chimico. Il contributo maggiore è stato dato dall'asportazione della lettiera di foglie nel 2005 e dalla applicazione di Trichoderma nel 2007. La differenza di efficacia dei 2 metodi di riduzione dell'inoculo possono essere in parte spiegate in base alle date di applicazione dei prodotti a base di Trichoderma: nel 2005 i 2 interventi sono stati effettuati precocemente (30 marzo e 18 aprile) per contenere la produzione di ascospore di P. allii, nel 2006 sono stati più tardivi (21 aprile e 8 maggio) e nel 2007 ripetuti una terza volta (16 aprile, 7 e 28 maggio) per contenere maggiormente la produzione di conidi di S. vesicarium. In ogni caso, l'uso di Trichoderma, nei 3 anni di prova, ha ridotto la malattia del 30-40%. Ma la miglior difesa si è comunque ottenuta integrando tutti i mezzi di controllo.
L'Università Cattolica del Sacro Cuore ha collaborato con l'Università di Girona (Spagna) per una ricerca in cui sono stati eseguiti degli esperimenti in 2 diverse aree climatiche, a Girona e Ferrara, in un periodo di 4 anni su 3 cultivar di pera. I metodi alternativi testati per il controllo della maculatura bruna del pero sono stati la rimozione della lettiera fogliare da dicembre a febbraio e l'applicazione del controllo biologico con formulati commerciali di Trichoderma spp. alla copertura del suolo del frutteto da febbraio a maggio. I diversi metodi sono stati testati da soli e in combinazione tra loro e con interventi fungicidi. Tutti i metodi hanno sempre ridotto l'incidenza della malattia con un'efficacia del 30-60% nel caso della sola rimozione della lettiera e di oltre il 60% nel caso della combinazione rimozione della lettiera e controllo biologico.
Questi risultati dimostrano che sia l'uso di Trichoderma che la rimozione dei residui fogliari riducono efficientemente il potenziale di inoculo e aprono nuove possibilità per il controllo sia integrato che biologico della malattia in alternativa all'applicazione di fungicidi chimici.
La soluzione di Gowan: Remedier
Remedier è l'unico agrofarmaco registrato sulla coltura del pero, ammesso per l'impiego della sanificazione del cotico erboso per la riduzione dell'inoculo e distribuito in Italia da Gowan.
È un agrofarmaco biologico composto Trichoderma asperellum (2%) ceppo ICC 012 e da Trichoderma gamsii (2%) ceppo ICC 080. È formulato sotto forma di polvere bagnabile e va usato nel periodo compreso fra l'inizio della fioritura e la caduta dei petali, distribuendo sul cotico erboso 2,5 chilogrammi ad ettaro di prodotto. La strategie di impiego consigliata prevede 1-2 trattamenti in autunno, durante la caduta delle foglie e 2-3 interventi in primavera, dall'inizio della fioritura fino a fine giugno.
Si consigli anche di utilizzare Remedier in combinazione con le altre tecniche di sanificazione del cotico erboso per il controllo quanto più integrato della malattia. Se, in questo caso, vengono effettuati interventi di pirodiserbo o con calce dopo quelli con Remedier, è importante prevedere una nuova applicazione del prodotto per riattivare la colonizzazione del cotico da parte del Trichoderma spp..
I 2 ceppi sono caratterizzati da una forte attività saprofitaria e competitiva, una grande produzione di conidi, rapidità di sviluppo, adattabilità ad un ampio range di temperature e ambienti e capacità di trarre carbonio e azoto da diversi substrati (alcuni dei quali non utilizzati da altri funghi come ad esempio la lignina). Le temperature ottimali per i 2 ceppi si aggirano intorno ai 25-30 °C e l'intervallo di pH nel quale si registra il massimo accrescimento è 4,5-5,5 ma la crescita è comunque significativa fino a pH 7-8.
I 2 ceppi sono stati ampiamente saggiati in laboratorio e in campo per l'impiego specifico nei confronti di Stemphylium vesicarium. Remedier, applicato in laboratorio in modalità preventiva, prima della colonizzazione delle foglie da parte di S. vesicarium e in modalità curativa, 24 e 72 ore dopo l'inoculazione con S. vesicarium, ha ridotto significativamente l'inoculo tra il 70 e il 98,5% rispetto al testimone non trattato. In campo, invece, le applicazioni di Remedier sui residui vegetali hanno ridotto significativamente del 50-55% l'inoculo di S. vesicarium rispetto al testimone.
Biosolution Academy è il corso per la formazione di esperti di alto livello nello sviluppo di alternative ai prodotti chimici di sintesi per la difesa delle piante dagli organismi dannosi (biosolution). È organizzato dall'Università Cattolica del Sacro Cuore e si rivolge a dipendenti di aziende che producono e commercializzano biosolution, agronomi, consulenti e studenti.
Obiettivo di Biosolution Academy è quello di formare una nuova figura professionale, che guarda alle biosolution con una conoscenza profonda e trasversale. L'Academy sarà organizzata tramite una didattica innovativa ed esperienziale, con la collaborazione delle aziende del settore, delle migliori competenze dalla ricerca universitaria e dal mondo professionale.
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