I loro rizomi, ricchi d'amido, si consumano freschi, fritti o bolliti, oppure vengono processati per estrarre fecola ad uso alimentare o industriale. Il residuo dell'estrazione della fecola è utilizzabile come additivo alimentare, perché presenta discrete proprietà antiossidanti e addensanti (Rif.[i]). Le foglie sono carnose e vengono utilizzate come foraggio per gli animali e talvolta per avvolgere i tamales, un piatto tipico dell'Ecuador. Le foglie fresche hanno proprietà lenitive contro le ustioni. I semi, molto duri e di colori variegati, sono utilizzati per la costruzione artigianale di sonagli e collane, e nella medicina popolare come rimedio per l'acidità di stomaco.
La specie più coltivata a scopo industriale e alimentare è Canna edulis Ker, della quale esistono diverse cultivar (Rif.[ii]) divise in due grandi macrogruppi: a foglie rosse e a foglie verdi. Le cultivar a foglie rosse sono preferite per la produzione industriale di amido perché hanno rizomi più grossi (Foto 1), mentre le cultivar a foglie verdi sono preferite per consumare le foglie ed i rizomi freschi, o per la produzione artigianale di dolci e spaghetti di amido. È aperta la discussione sulla collocazione tassonomica di entrambe specie, e di altre specie correlate, come varietà di una unica specie, appunto Canna indica L.. La fioritura dura da giugno a novembre ed i fiori sono graditi da api e farfalle. Canna indica e il suo presunto sinonimo Canna edulis crescono bene fino a 2mila metri con temperature medie fra 14 e 27°C, ma temono le ghiacciate sotto i -3°C. La necessità idrica va da un minimo di 600 ad un massimo di 1.600 millimetri/anno (Rif.[i]). I rizomi maturano in dieci-dodici mesi (Rif. [iii]).
Foto 1: Rizomi di Canna edulis, comparati con due patate dolci
(Fonte foto: Useful Tropical Plants, licenza Creative Commons)
I rizomi contengono 25% di amido su base umida, ovvero 75-80% di amido, 6-14% di zucchero e 1-3% di proteina su base secca (Rif.[iv]). La resa in amido nelle regioni andine oscilla fra 2 e 4 tonnellate/ettaro, con picchi di 8 tonnellate/ettaro, e dipende molto dalle condizioni climatiche, ma anche dalla cultivar (Rif.[i]). Sono stati segnalati rendimenti di 93 tonnellate/ettaro in rizomi, ma un alto rendimento di biomassa di rizomi non necessariamente è correlato con un alto rendimento di amido (Rif.[v]).
Il rendimento di biomassa epigea fresca va da 6,7 a 10,1 tonnellate/ettaro, ovvero 0,76-1,75 tonnellate di sostanza secca/ettaro. Non è un foraggio completo, ma si può insilare e utilizzare come complemento della dieta dei ruminanti (Rif.[vi]). L'insilato contiene il 9-14% di proteina cruda e 54-64 % di fibra detergente neutra, su base secca. Il potenziale metanigeno (Bmp) teorico, stimato sulla base di tali dati, è di circa 300 Nm3/tonnellate SV. Le foglie si possono utilizzare per produrre carta da imballaggi.
La canna indica si coltiva con densità comprese fra 12mila e 24mila piante/ettaro, e cresce formando una rete molto fitta di rizomi superficiali. Tale caratteristica la rende interessante come coltura perenne a protezione di terreni soggetti all'erosione (Rif.[iii]). Gli Incas erano soliti coltivare la canna indica lungo i fossati e i canali irrigui, con il doppio scopo di consolidarne le sponde e ricavare un raccolto ad integrazione della loro coltura principale, il mais.
La canna indica tollera bene la siccità, ma è capace di adattarsi anche ad ambienti piovosi, fino a 4mila millimetri/anno, a condizione che il suolo sia sciolto e l'acqua non ristagni. Tale caratteristica la rende interessante come pianta per la fitodepurazione dei reflui agricoli. La fitodepurazione di reflui d'allevamento suino mediante vasche riempite con ghiaino lavato (ø 10-20 mm), vegetate con canna indica, è stata sperimentata in Italia da Veneto agricoltura (Rif.[vii]). La canna indica ha dato i migliori risultati di abbattimento di Cod (-524 milligrammi/litro) e di azoto totale (-160 milligrammi/litro). Trattandosi di un progetto di ricerca condotto su piccola scala (vasche da 10 metri x 0,7 metri x 0,7 metri), focalizzato sull'abbattimento dei macroinquinanti, non si hanno dati specifici sulla produttività di biomassa nelle condizioni operative dell'impianto.
Un altro studio di fitodepurazione, condotto in Sri Lanka (Rif.[viii]), dimostra che la canna indica tollera la salinità, ma questa incide negativamente sulla sua crescita. Nella sperimentazione, le vasche irrigate con il concentrato di un impianto di osmosi inversa (Ec= 0,64 mS/centimetri, 357 milligrammi/litro di solidi disciolti) resero in media 29 grammi di biomassa secca/pianta. Le parcelle irrigate con acqua di pozzo (Ec = 0,3 mS/centimetri, 192 milligrammi/litro di solidi disciolti) resero mediamente 59 grammi/pianta.
Un gruppo di ricercatori dell'Università di Belgrado (Rif.[ix]) ha riscontrato che la canna indica è in grado di assorbire metalli pesanti, in concreto piombo, cromo e zinco, immobilizzandoli nei rizomi. Ciò la rende potenzialmente interessante per la bonifica di terreni inquinati, con produzione collaterale di bioetanolo o biogas.
I rizomi di canna indica sono una fonte di amido interessante per la produzione di bioetanolo. Un chilogrammo di rizomi, adeguatamente triturato, bollito, trattato con amilasi e fermentato con lievito di birra commerciale (Saccharomyces cerevisiae), rende circa 90 millilitri di bioetanolo (Rif.[x]). Il succo dei fiori contiene 3,6 grammi di zuccheri per litro. Tale succo è dunque fermentabile direttamente mediante la semplice aggiunta di lievito, ma la concentrazione di alcol finale è troppo bassa per risultare economicamente conveniente (Rif.[xi]).
Conclusioni
La canna indica è una coltura polivalente, in grado di depurare terreni inquinati da metalli pesanti, proteggerli dall'erosione e produrre biomassa ed amido per usi energetici. La sua rusticità, unita alla lunga durata della fioritura, hanno reso questa pianta molto popolare come ornamentale. Il discreto contenuto di zuccheri nei fiori apre una possibilità, ancora inesplorata, di doppio utilizzo della canna indica come fonte di biomassa e amido industriale e come pianta mellifera.
Bibliografia
[i] Zhang, Juan & Wang, Zheng-Wu & Shi, Xian-Ming. (2010). Canna edulis Ker By-product: Chemical composition and characteristics of the dietary fiber. Food science and technology international = Ciencia y tecnología de los alimentos internacional. 16. 305-13. 10.1177/1082013209353832.[ii] Caicedo Díaz G., Bonilla Ramírez U., Rozo Wilches L., La achira: su producción y beneficio.
[iii] Jorge León, Botánica de los cultivos tropicales, Instituto interamericano de cooperación para la agricultura, Costa Rica, 1987.
[iv] Fonte in questa pagina.
[v] Caicedo Díaz G., Rozo Wilches L., Rengifo Benítez G.; La Achira: Alternativa agroindustrial para Áreas de economía campesina; Corporación colombiana de investigación agropecuaria, 2003.
[vi] G. Vaughan y C, Fernández, El potencial forrajero de la achira o sagú (Canna indica L.) en Guayatá, Colombia;
Grupo interdisciplinario de investigaciones arqueológicas e históricas, Uptc, Avenida central del Norte, Tunja, Boyacá, Colombia.
[vii] Veneto agricoltura, progetto Aqua. La fitodepurazione delle acque agricole e dei reflui zootecnici.
[viii] M.H.J.P. Gunarathna, A.I. Ranasinghe, S.C. Rathnayake, and T.K. De Costa; Can canna indica use as a phytoremediation agent in mitigating high pollution concentrations in reverse osmosis concentrate?; Int'l journal of advances in agricultural & environmental engg. (Ijaaee) volume 3, Issue 1 (2016) ISSN 2349-1523 EISSN 2349-1531.
[ix] Nevena Cule, Ljubinko Jovanovic, Dragana Drazic, Milorad Veselinovic, Suzana Mitrovic, Marija Nesic; Potential use of Canna indica L. for phytoremediation of heavy metals; Balwois 2012 - Ohrid, Republic of Macedonia - 28 May, 2 June 2012.
[x] Kumala Dewi; Wega Trisunaryanti, Endang Sutariningsih Soetarto; Development of bioethanol production from canna (Canna edulis Ker.) Rhizome; 2010 International conference on biology, environment and chemistry Ipcbee volume 1 (2011) © (2011) Iacsit Press, Singapore.
[xi] Nikita Naik, Rupashree Salvi, Arati Potphode; ISSN: 2278-7798; International journal of science, engineering and technology research (Ijsetr); volume 5, Issue 5, May 2016.