La peculiarità di questa alofita (si veda La coltivazione di alofite a scopo energetico e ambientale) è la sua capacità di prosperare in presenza di pochissima umidità (Foto 1). Ciò la rende potenzialmente adatta ad essere sfruttata nei 400mila ettari di terreni salmastri esistenti nel nostro paese, che rappresentano il 3% della superficie coltivabile italiana (12,8 milioni di ettari secondo l'Istat).
L'origine di tale problematica è legata da un lato alla natura dei terreni e all'uso di acque ad alto contenuto salino e dall'altro all'utilizzo di fertilizzanti. Nei periodi caldi o in terreni asciutti, questi suoli sono facilmente riconoscibili in quanto presentano in superficie delle efflorescenze bianche. Come noto, l'elevata salinità del suolo riduce la produttività della maggior parte delle colture tradizionali. I terreni salini sono dunque i candidati ideali per colture da biomassa a scopo energetico, in modo da evitare il famigerato conflitto con la produzione alimentare.
Lo sviluppo delle colture energetiche alofite ha un altro campo di sviluppo ancora da esplorare: il riutilizzo delle acque reflue trattate, solitamente ricche di nitrati e fosfati (Rif. [i]).
La coloquintide è stata studiata dall'Icba (International centre for biosaline agriculture - Centro internazionale per l'agricoltura biosalina) negli Emirati Arabi Uniti per la sua capacità di tollerare alte temperature e siccità (Rif. [ii]). Il frutto rassomiglia molto ad un cocomero, ma è grande circa come un'arancia. La polpa è estremamente amara e contiene una serie di molecole potenzialmente tossiche, se ingerite in quantità superiore a 2 grammi per chilogrammo di peso vivo (rif. [iii]). In piccole dosi, la polpa viene usata come antireumatico, antielmintico, idragogo, lassativo, e per trattare infezioni cutanee.
I semi (Foto 2) vengono utilizzati per il trattamento del diabete e perfino di tumori. I semi torrefatti e poi macinati vengo utilizzati dai beduini e nel Nord dell'India e Pakistan per fare una specie di sfoglia croccante.
Il frutto contiene mediamente 315 semi, per un totale di circa 8 grammi. In condizioni favorevoli la produzione di semi può arrivare a 6.7-10 tonnellate/ettaro, con un tenore medio di lipidi tra il 31 e il 47%, quindi una resa in olio di circa 3 tonnellate/ettaro. Il pannello è proteico e si potrebbe utilizzare, previa cottura, in alimentazione umana o animale (Rif. [iv]).
Foto 2: Sezione del frutto con polpa e semi
(Fonte foto: M. Shahid, N.K. Rao, Rif. [ii])
Il biodiesel derivato dall'olio di semi di coloquintide presenta una serie di vantaggi: ciclo colturale breve - solo sei mesi - bassa viscosità, fumi poco opachi, è miscibile fino al 30% con gasolio senza perdita di potenza, migliora le emissioni del motore. Il metodo di propagazione vegetativo è il migliore, mentre la coltivazione mediante i semi presenta due problemi: alta variabilità fenotipica fra le piante figlie e una spiccata dormienza. La coltivazione mediante semi richiede la loro scarifica manuale, seguita da 48 ore in ammollo e infine 48 ore di incubazione a 30 °C, durante le quali avverrà la germinazione.
La pianta tollera la salinità solo dopo la sua fase di completo sviluppo, pertanto i germogli vanno coltivati in un substrato umido ma ben drenato, con bassa salinità e infine trapiantati. Solo in queste condizioni la percentuale di successo dell'attecchimento è del 90%. Una volta messe a dimora, le piante richiedono piena esposizione al sole e poche cure (Rif. [v]). Tollerano temperature diurne nel range di 14-40 °C, l'apporto idrico ottimale è di 300-500 millimetri/anno, ma la produzione di semi si verifica nei periodi secchi e caldi. Si adattano a tutti i terreni ma preferiscono quelli sciolti, sabbiosi o sabbiosi-argillosi. La densità ottimale della piantumazione non è specificata in alcune delle fonti autorevoli disponibili. Tuttavia, considerando che la pianta cresce circa 3 metri, possiamo stimare una densità di 1.100 piante/ettaro.
Conclusioni
La coltivazione della coloquintide nei terreni marginali aridi-salini del Meridione e isole del nostro paese offre un grande potenziale per la produzione di biodiesel. Il sottoprodotto dell'estrazione dell'olio potrebbe essere impiegato come mangime ed eventualmente la sua redditività potrebbe migliorare ancora mediante lo sfruttamento della polpa per l'estrazione di principi medicinali. La resa di biodiesel si attesterebbe nel range 2mila-3mila litri/ettaro, mentre il pannello residuo fra 4 e 6 tonnellate/ettaro.
Bibliografia
[i] Yvonne Ventura, Amram Eshel, Dov Pasternak, Moshe Sagi, The development of halophyte-based agriculture: past and present, Annals of botany, Volume 115, Issue 3, February 2015, pages 529-540.[ii] M. Shahid, N.K. Rao, Colocynth: A potential oilseed crop for bio-fuel production, Biosalinity news Volume 16, pages 6-7, 2015.
[iii] Bnouham, Mohamed & FZ, Merhfour & Mostafa, Elachouri & Ziyyat, Abderrahim & Abdelkhaleq, Legssyer & Mekhfi, Hassane & D., Lamnaouer. (2006). Toxic effect of some medicinal plants used in Moroccan traditional medicine. Moroccan Journal of Biology, 2-3. 21-30.
[iv] Progetto Plants for a future, scheda del Citrullus colocynthis.
[v] Kiran Menon, Aswathy Preetha Jayakumar, Mohammad Shahid, Neeru Sood, and Nanduri K. Rao; Seed dormancy and effect of salinity on germination of Citrullus colocynthis; International Journal of Environmental Science and Development, Vol. 5, No. 6, December 2014. Accessibile da questa pagina.
Fonte foto completa: Dipartimento di Scienze della vita, Università di Trieste. Foto di Andrea Moro (immagine Creative Commons CC BY-SA 4.0). Essaouira, vicinanze della città, Essaouira, Marrakech-Tensift-El Haouz, Marocco, 03/01/2016