Nel mese di novembre a Saluzzo (Cn) si è svolto l'ottavo "Convegno nazionale sull’actinidia". L’evento è stato organizzato dal Dipartimento di Colture arboree dell'Università di Torino con la collaborazione del Creso - Consorzio di ricerca e sperimentazione per l'ortofrutticoltura piemontese - e il patrocinio del Soi, Società scientifica italiana di ortoflorofrutticoltura, rivolto principalmente a tecnici e ricercatori per il fare il punto sullo stato dell’arte delle ricerche in corso.

La storia
La specie è originaria della Cina e fu introdotta in Europa come curiosità botanica nel 1847. In Nuova Zelanda, patria adottiva di questa specie, l’introduzione risale al 1904 e sino alla fine degli anni ’90 questo paese ha mantenuto la posizione di leader nella produzione di actinidia. A partire dagli inizi del nuovo secolo la Nuova Zelanda è stata superata dall’Italia, paese con grandi tradizioni nel settore della produzione di frutta fresca. L'Italia, secondo i rilevamenti effettuati dall’Iko, International kiwifruit organization, supera da anni gli altri paesi europei: nel 2006 la produzione di frutti destinati al consumo fresco ha raggiunto le 502.263 tonnellate, rispetto alle 300.000 t della Nuova Zelanda.
Nei Paesi che coltivano il frutto dell’actinidia, la maggior parte della produzione è destinata al consumo fresco con l’eccezione della Nuova Zelanda che ha fatto conoscere l’actinidia nel mondo e che destina una parte significativa del prodotto alla trasformazione industriale (vino, succhi, prodotti sciroppati, macedonie di frutta). I consumi pro capite ed indici di penetrazione sui mercati sono ancora oggi in costante crescita grazie anche all’immagine salutistica che accompagna questo frutto, ai valori di zuccheri, fibra, bioregolatori e sali minerali paragonabili a quelli di pesche, mele, agrumi. Inoltre presenta un rapporto sodio/potassio pressoché ottimale riferito ai fabbisogni nutrizionali. Il contenuto di vitamina C che possiede non trova confronti in alcun frutto.

In Italia
I primi significativi investimenti in questo settore risalgono agli inizi degli anni ’60; successivamente la coltura si espanse in modo continuo.
A conferma dell’interesse dei produttori e degli operatori del settore per questa specie, che continua a fornire performance economiche interessanti, si segnalano gli incrementi di superficie destinata alla coltura rilevati nel 2007 (fonte Cso). A fronte di un valore positivo del 3%, rilevato a livello nazionale, in Piemonte l’incremento in percentuale è stato dell’8%, di molto superiore a quanto rilevato in altre regioni a forte vocazione e tradizione frutticola (Emilia Romagna 2%, Veneto 4%).

"Tecniche colturali"
La sessione “Tecniche colturali”, moderatore il professor C. Xiloyannis, si è svolta nell’affascinante quanto gremito contesto dell’Ottocentesco Palazzo Drago di Verzuolo (Cn) dove è stata allestita la mostra pomologica, curata dalla professor C. Peano, Università di Torino e dalla Associazione Nazionale “Città della frutta”.
Il prof. Balestra dell’Università della Tuscia ha illustrato i risultati di ricerche volte a valutare l’impiego e l’efficacia di antagonisti e di sostanze naturali in grado di sostituire o ridurre l’impiego dei formulati rameici nella lotta ai batteri fitopatogeni (Pseudomonas syringae pv. syringae e Pseudomonas viridiflava), in grado di determinare ingenti danni e di ridurre le produzioni finali.
Il prof. Costa dell’Università di Bologna ha proposto un interessante intervento sui risultati preliminari dell’applicazione di un nuovo formulato contenente citochinine sul germogliamento della cv Hayward.
Con finalità di maggior rispetto per la natura si inquadrano gli interventi di O. Cacioppo, sul passaggio dall’irrigazione per nebulizzazione a quello a goccia nei nuovi impianti di Latina, con risparmio  idrico, e lo studio, illustrato da G. Sorrenti dell’Università di Bologna, riguardo all’adozione di strategie a basso impatto ambientale per la prevenzione della clorosi ferrica.
L’impollinazione è stata oggetto delle relazioni di M. Pinzauti dell’Università di Pisa, che ha riferito di prove di utilizzo di   Osmia rufa nell’impollinazione del kiwi e di A. Galliano, del Creso, che ha illustrato gli esiti di un progetto sperimentale di impollinazione di supporto con mezzi meccanici. Dal 2002 al 2006 sono state condotte prove in campo per verificare la funzionalità di modelli di impollinatrici per la distribuzione del polline a secco ed in acqua. I risultati sono stati positivi ed economicamente interessanti.
B. Basile, dell’Università di Napoli, ha descritto gli effetti di quattro diverse reti antigrandine fotoselettive sperimentali (bianca, blu, grigia, rossa) sull’attività vegeto-produttiva e sulla qualità dei frutti di piante di Hayward. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che le reti sono in grado di influenzare in maniera diversa i parametri vegetativi e i caratteri qualitativi dei frutti.
Valutazioni della defogliazione, come simulazione degli effetti grandigeni, sono state illustrate da C. Peano che ha riferito di prove in campo condotte in provincia di Cuneo. Interessanti informazioni sulla partizione della sostanza secca in piante di kiwi sono emerse dalla relazione di A. Roversi, Università Cattolica di Piacenza.

Nelle altre due giornate gli interventi hanno riguardato “Commercializzazione e marketing” e “Qualità e postraccolta".

Foto by somadjinn