Dopo la scissione del 2004 di Confai da Unima seguita da più di un decennio di separazione, si apre una porta verso la riunificazione delle due più importanti associazioni di rappresentanza delle imprese agromeccaniche.

Il progetto, ufficializzato lo scorso 18 dicembre con la ratifica dell'assemblea nazionale Confai, fa seguito a un biennio di "prove generali" costituite da una collaborazione sempre più serrata sotto l’egida del Cai, il Coordinamento agromeccanici italiani istituito dalle due associazioni sindacali nel 2013.

"Prove" concretizzabili nella partecipazione a iniziative comuni di rappresentanza nei confronti del mondo politico e, sotto la sigla del Coordinamento, a manifestazioni di settore e non, quali Eima International, Agrilevante e Expo 2015.

Di successo e da ricordare, la collaborazione di Cai con Nomisma, da cui hanno preso forma il rapporto sul contoterzismo del 2014 e l’istituzione di un Osservatorio permanente sul contoterzismo, ma anche l'organizzazione congiunta del Contoterzista Day.
 
Il tavolo a cui è nato il Cai nel 2013
Fonte immagine: © Alessandro Vespa - Agronotizie

Se ci sarà l'unione...
Qualora l’operazione di riunificazione dovesse andare definitivamente in porto, le due attuali sigle confluirebbero nel Cai, arrivando col tempo a una fusione che significherebbe il completamento dell’attuale struttura, per ora priva di una base associativa propria, con la somma dei patrimoni umano, imprenditoriale e logistico di Unima e Confai.

Dovrebbe mantenere la propria autonomia Confai Academy, la corporate University deputata alla formazione professionale.

Stando alle prime indiscrezioni, la struttura del nuovo Cai dovrebbe ispirarsi al "modello Confai" la cui rappresentanza è, a giudizio dalla stessa Confederazione, “snella, veloce a decidere e comunicare, con maggiore capillarità nei rapporti verso tutti gli associati in Italia”.

Sarebbe già prevista la realizzazione, nel corso del 2016, di una manifestazione comune per l'apertura di un tavolo di discussione finalizzato al superamento dei residui motivi di divisione e alla definizione degli ultimi aspetti pratici dell’operazione.

L'unione fa la forza
La rappresentanza del Cai a fine fusione arriverebbe a contare circa 10 mila imprese agromeccaniche che gestiscono, approssimativamente, due milioni di ettari fra gestione diretta, prevalentemente in affitto e in conto terzi.
In termini di operatività, l’apporto di queste imprese agromeccaniche al settore primario nazionale si traduce nella realizzazione di oltre l’80 per cento della raccolta in campo e del 30 per cento della preparazione del terreno e della difesa fitosanitaria.

Dal punto di vista della rappresentanza nei confronti delle istituzioni, il principale risultato della riunificazione si tradurrebbe nel diverso peso contrattuale di un unico sindacato anche con interlocutori storicamente inclini a ignorare il ruolo del comparto.

Tra le sfide che il nuovo Cai dovrà affrontare, la prima fra tutte sarebbe l’ottenimento di una definizione univoca e soddisfacente di "imprenditore agromeccanico professionale" che porterebbe al superamento di una serie di discriminazioni che la categoria, pur riconosciuta nell’alveo del settore primario, ritiene di subire nei confronti degli imprenditori agricoli. Ne sono esempi, il mancato accesso ai fondi Psr, all’applicazione di Imu, Tasi e Irap e alle supposte vessazioni in materia di rifiuti e di normative sulla sicurezza.