Secondo il Rapporto Ismea-Rete Rurale Nazionale "Gli scambi con l'estero del settore agroalimentare italiano: fattori di competitività e prospettive in un contesto di crisi" negli ultimi dieci anni il valore delle esportazioni di cibi e bevande è quasi raddoppiato (+81%), passando dai 33,5 miliardi di euro del 2013 a 60,7 miliardi del 2022. Ed è solo uno dei dati, neppure forse quello più eclatante, emerso dall'analisi di Ismea presentata ieri, 27 aprile 2023, nell'evento online "Le sfide globali del made in Italy agroalimentare". E per raggiungere un simile risultato le spedizioni di prodotti agroalimentari sono aumentate in valore al ritmo di quasi il 7% all'anno, a fronte di un incremento più contenuto delle esportazioni complessive (+5,4%).

 

Il settore non solo si è rivelato più dinamico, ma anche più resiliente quando, nel 2020, con lo scoppio della pandemia, le relative restrizioni sanitarie e l'interruzione delle catene di fornitura globali, è riuscito comunque a mettere a segno una crescita (+3,2%), in controtendenza rispetto al resto dell'economia (-9,1% la contrazione dei flussi in uscita complessivi).

 

Nel webinar organizzato da Ismea nell'ambito della Rete Rurale Nazionale, sono intervenuti Maria Chiara Zaganelli, direttrice generale Ismea, che ha introdotto i lavori, e Fabio Del Bravo, responsabile Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale, che ha invece esposto i dati.

 

Luca Giavi, direttore Consorzio di Tutela della Doc Prosecco, Sandra Sangiuolo, responsabile Marketing Export di Conserve Italia, Massimiliano Del Core, presidente Organismo Interprofessionale Ortofrutta Italia, Antonio Galtieri, vicepresidente Assalzoo e amministratore della Specialmangimi Galtieri, hanno invece portato le proprie testimonianze di protagonisti dell'agroalimentare.

 

L'incontro è stato moderato dal professor Fabrizio De Filippis. Ma ecco tutti i dati emersi durante la conversazione di ieri.

 

I comparti di punta dell'export agroalimentare

Dei 24 comparti merceologici che compongono i flussi di scambio complessivi, appena sei di essi (bevande, derivati dei cereali, latte e derivati, preparazioni di ortaggi e frutta, frutta, e altre preparazioni alimentari) catturano più di due terzi del valore complessivo e pesano singolarmente più del 5% sulle esportazioni totali.

 

La crescita nel 2017-2021

A crescere di più nel periodo 2017-2021 sono stati: altre preparazioni alimentari, che comprendono salse, sughi, minestre e gelati (+9,1% medio annuo); derivati dei cereali (+7,8%); latte e derivati (+8,2%). Inferiore alla media è stata invece la crescita di frutta (+1,2%), ortaggi (+4,1%) derivati ortofrutticoli (+4,9%) e carni (+2,5%).

 

A un livello più disaggregato, nel Rapporto si analizza un gruppo di venti prodotti distintivi del made in Italy, che con quasi 28 miliardi di euro, rappresenta il 53% del valore totale dell'export agroalimentare nel 2021.

 

I primi cinque in termini di valore sono vini in bottiglia, paste alimentari secche, tabacco lavorato, formaggi stagionati e prodotti della panetteria e pasticceria (specificamente rappresentati soprattutto dai dolci da ricorrenza e dalle pizze).

 

Nel quinquennio 2017-2021 si distinguono per i maggiori tassi di crescita, oltre al tabacco lavorato (+30%) - la cui forte crescita si deve a un accordo commerciale del 2016 tra il Governo italiano e una multinazionale giapponese -, cialde e cialdine (+16%) e paste alimentari farcite (+11%); ma anche formaggi grattugiati, formaggi freschi e latticini e prodotti della pasticceria e panetteria, con aumenti superiori al 9%.

 

Il biennio tra covid-19 e guerra

I dati dell'ultimo biennio forniscono indicazioni interessanti e in parte inattese. Nel 2020, nonostante la chiusura quasi completa dei canali Horeca in tutto il mondo, le esportazioni di alcuni prodotti agroalimentari nazionali sono cresciute moltissimo rispetto all'anno precedente: le variazioni della pasta, del riso, delle passate di pomodoro e delle polpe, ma anche dell'olio e dei formaggi freschi, dimostrano che il consumo all'estero del cibo made in Italy non è solo legato alle occasioni speciali e ai pasti fuori casa, ma ormai fa parte delle abitudini quotidiane in molte aree del mondo.

 

Più legate alle sorti dell'Horeca e alle occasioni conviviali, e quindi penalizzate nel 2020, sono state le esportazioni di vini in bottiglia, spumanti, formaggi stagionati, acque minerali, caffè e in misura minore i prodotti della panetteria e pasticceria, ma tutte nel 2021 hanno recuperato la perdita dell'anno precedente.

 

Anche nel 2022, pasta, formaggi freschi e grattugiati, pomodori pelati, polpe e passate, riso, caffè, acque minerali e spumanti sono tra i prodotti che registrano i maggiori aumenti delle esportazioni, con variazioni in valore comprese tra il +19,4% degli spumanti e il +38,4% della pasta, e variazioni positive anche delle quantità esportate.

 

Export, i prodotti allungano il viaggio

Cresce la distanza percorsa dalle esportazioni italiane di cibi e bevande. Secondo l'analisi di Ismea presentata ieri nel webinar "Le sfide globali del made in Italy agroalimentare", le spedizioni percorrono in media quasi 3mila chilometri, con un aumento dell'8% negli ultimi dieci anni, segno di una lieve crescita delle esportazioni verso mercati più lontani.

 

Ponderando i chilometri percorsi per le diverse destinazioni con i flussi in valore emerge poi che, tra i venti prodotti distintivi del made in Italy, quelli che vanno più lontano sono: il tabacco, con quasi 8mila chilometri percorsi, dovuti alla prevalente destinazione giapponese in forza di uno specifico accordo commerciale, seguiti da pomodori pelati e polpe (4.850 chilometri), vini, conserve e preparazioni suine e spumanti (tutti sopra i 4mila chilometri), formaggi e pasta (sopra i 3.500). In coda a questa particolare classifica ci sono invece le acque minerali, il riso e le cialdine che raggiungono destinazioni più prossime.

 

I principali mercati di destinazione

Anche se l'Ue rimane il principale mercato di sbocco dell'agroalimentare nazionale, la domanda da parte dei Paesi fuori dal Continente europeo si fa sempre più dinamica, con Usa, Giappone, Canada, Russia, Cina e Australia che insieme concentrano oggi quasi il 21% del valore dell'export agroalimentare italiano.

 

Scorrendo la top 5 dei principali Paesi clienti dell'Italia troviamo al primo posto la Germania con 8,6 miliardi di euro nel 2021 e una quota del 16,8%, seguita da Francia (5,8 miliardi e 11%), Stati Uniti (rispettivamente 5,6 miliardi e 10,6%), Regno Unito (3,7 miliardi e 7%) e Giappone con 2,3 miliardi di valore delle esportazioni che rappresentano il 4,3% nel 2021.

 

Tutti i principali venti mercati di sbocco hanno registrato un incremento significativo e a doppia cifra tra il 2017 e il 2021 con, in particolare, le spedizioni verso Giappone, Polonia e Cina che sono cresciute a un ritmo superiore all'11% all'anno (rispettivamente +14%, +11,4%, 11,3% la variazione media annua nel quinquennio).