Quanto costerà realmente la guerra in Ucraina alle aziende agricole italiane in termini di contraccolpi sui costi di produzione sull'ipotetico bilancio di fine 2022? Se dopo il Decreto del Governo del 18 marzo scorso e le iniziative messe in campo dalla Commissione Ue il 23 marzo le maggiori organizzazioni agricole italiane hanno chiesto alla politica di fare di più, a fornire una prima risposta e uno strumento di stima è il Crea, Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'Analisi dell'Economia Agraria. Il Crea ha recentemente pubblicato il Report "Guerra in Ucraina: gli effetti sui costi e sui risultati economici delle aziende agricole italiane", elaborato dai ricercatori del Centro, che hanno calcolato sulla base dei dati aziendali rilevati dalla rete Rica, Rete d'Informazione Contabile Agricola, l'aumento dei costi di produzione cui devono far fronte le aziende agricole a seguito dell'impennata dei prezzi degli input. La Rica è gestita dal Crea Politiche e Bioeconomia ed è la fonte ufficiale Ue che monitora il reddito e le attività delle imprese. I conti sono stati fatti a prezzi costanti di cessione dell'output agricolo.

 

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Maggiori costi per 9 miliardi

I numeri del Report sono quelli che fanno tremare le vene ai polsi: in media ogni azienda agricola italiana rischia di avere maggiori costi per 15.700 euro, con punte di quasi 100mila euro nelle aziende che allevano granivori.


E moltiplicando questo valore medio per l'universo delle circa 590mila aziende agricole italiane - con le necessarie correzioni statistiche - si ottiene un prodotto di circa 9 miliardi di euro di maggiori costi in un anno: una cifra dirompente, che rischia di provocare l'equivalente di una rovinosa ritirata militare, con la chiusura di migliaia di aziende e l'abbandono della terra in vaste aree del Paese. Per avere un'idea della dimensione pratica di questa cifra - 9 miliardi di euro in un anno - basti pensare che è pari a poco meno della metà dell'intero valore della spesa pubblica dei Programmi di Sviluppo Rurale di tutte le regioni italiane nel periodo 2014-2020.

 

Basteranno le risorse messe in campo?

Una condizione - quella dei maggiori costi indotti dalla guerra - che rischia di mettere fuori mercato un'azienda agricola italiana su 10, mentre quelle che hanno reddito netto negativo potrebbero passare dal 7 al 30% del totale. Scaricare questi costi per intero lungo la filiera avrebbe effetti inflattivi pesanti, e certo le munizioni messe fino ad ora in campo - 195 milioni di euro con il Decreto del Governo approvato il 18 marzo più una cifra che può arrivare a 144 milioni tra aiuti europei e cofinanziamento statale su input della Commissione Ue - rischiano di essere troppo poche o di arrivare troppo tardi per fare fronte all'assalto dei maggiori costi, specie in una situazione nella quale l'agricoltura italiana è chiamata - per la prima volta dopo decenni - a produrre di più sul piano quantitativo.

 

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Il Report del Crea

"Iniziamo con questo Report, che fornisce un quadro generale, ma continueremo a documentare, attraverso aggiornamenti pubblicati sul sito del Crea, le difficoltà del sistema agroalimentare, alle prese con una crisi senza precedenti. E d'altronde, è compito della ricerca fornire alle istituzioni conoscenze puntuali e approfondite per consentire la predisposizione di politiche efficaci e tempestive". Così Alessandra Pesce, direttrice del Crea Politiche e Bioeconomia, spiega l'obiettivo minimo della pubblicazione del Report "Guerra in Ucraina: gli effetti sui costi e sui risultati economici delle aziende agricole italiane" e quanto seguirà.


Al momento nell'indagine, condotta su un campione ampio, stratificato e casuale, di oltre 53mila aziende in tutta Italia, per le 6 voci di costo considerate - fertilizzanti, mangimi, gasolio, sementi-piantine, fitosanitari, noleggi passivi - l'impatto medio aziendale è di oltre 15.700 euro di aumento, ma con forti differenze, tra i settori produttivi e a seconda della localizzazione geografica.

 

Pagano il conto più elevato le regioni del Nord, con in testa la Lombardia, dove in media le aziende avranno incrementi di costi di produzione pari a quasi 38.900 euro. La crescita dei costi appare minore nelle regioni interne del Sud e montane, dove però i bilanci aziendali sono di dimensioni più modeste e più vulnerabili rispetto agli incrementi dei costi variabili.


Ad essere più penalizzati, con i maggiori incrementi percentuali dei costi correnti (tra il 65 e il 70%), sono i seminativi, la cerealicoltura e l'ortofloricoltura per l'effetto congiunto dell'aumento dei costi energetici e dei fertilizzanti, seguiti dai bovini da latte (+57%). Più contenuti, invece, gli aumenti per le colture arboree agrarie e per la zootecnia estensiva. A livello medio nazionale l'aumento dei costi si attesterebbe al +54% con effetti molto rilevanti sulla sostenibilità economica delle aziende agricole, in modo particolare per le aziende marginali.

 

In termini assoluti le aziende italiane potrebbero subire incrementi dei costi correnti di oltre 15.700 euro, che sfiorano i 99mila euro nelle aziende che allevano granivori. In definitiva, l'attuale crisi internazionale congiunturale può determinare in un'azienda agricola su 10 (il valore medio nazionale è pari all'11%) l'incapacità di far fronte alle spese dirette necessarie a realizzare un processo produttivo, estromettendole di fatto dal circuito. Tale percentuale era prima della crisi del tutto irrilevante, pari all'1% delle aziende Rica.

 

Nello scenario ipotizzato in questo lavoro si stima che il 30% delle aziende su base nazionale possa avere reddito netto negativo, rispetto al 7% registrato prima dell'attuale crisi, sempre con una rilevante variabilità territoriale e di specializzazione produttiva. Il tutto con un crollo generalizzato del valore aggiunto aziendale - definito come differenza tra i ricavi totali aziendali e i costi correnti - pari al 38%. Insomma, per evitare quella che si prospetta come un'Apocalisse per l'agricoltura italiana, ci vuole qualcosa di decisamente più potente e più risolutivo dei bazooka di Bruxelles e Roma che difficilmente da soli basteranno.