Studiare agricoltura significa prima di tutto avere un approccio multidisciplinare. Al giorno d'oggi, infatti, chi segue l'intero processo produttivo dei vegetali necessita di competenze che spaziano dalla biologia alla chimica, dalla fisica alla geologia fino alla genetica, all'economia e alla politica. E completano il profilo del moderno professionista dell'agricoltura anche materie che possono sembrare a prima vista distanti dal mondo agricolo come ingegneria e informatica.
Ai giorni nostri molte risorse naturali stanno cominciando a scarseggiare e al contrario la popolazione mondiale è in aumento. La Fao stima infatti che diventeremo nove miliardi nei prossimi trent'anni. Il 2050 non è così distante, c'è bisogno di produrre alimenti più sicuri e nutrienti, a prezzi accessibili per tutti salvaguardando l'ambiente. Studiare agronomia è una delle strade da percorrere per raggiungere questi obiettivi.
Nella pratica frequentare l'università di agraria vuol dire studiare le piante e le interazioni di queste con l'ambiente, le tecniche di produzione, la difesa delle colture dagli organismi dannosi, il suolo e le tecniche per la sua difesa e la gestione sostenibile. Si impara a progettare gli impianti irrigui, si studia l'anatomia e la fisiologia degli animali, la zootecnia, la meccanizzazione agraria, la microbiologia degli alimenti e la loro trasformazione industriale, l'economia e l'estimo.
Studiare agraria fornisce, insomma, un ampio bagaglio scientifico culturale che a sua volta offre numerosissimi sbocchi professionali.
È di questo che si parla negli articoli collegati al tema caldo "Università di agraria: conoscerla, iscriversi, studiare": cosa vuol dire studiare agronomia, come sono strutturate le università di agraria italiane e quali sono le cose da sapere prima di iscriversi.
Da dove si inizia
Ancora prima delle considerazioni professionali, per molti il motore è la pura e semplice passione. Una storia tipica è quella di Marco Benetti (26 anni, Veneto) che si è appassionato al mondo agricolo grazie all'azienda di famiglia: "Da piccolo i miei zii mi portavano con loro mentre facevano i lavori in campagna. Passavo ore e ore sul trattore, giornate intere a vedere il terreno che veniva smosso dagli attrezzi, settimane passate sulla mietitrebbia a vedere il frumento che andava dentro la barra". La sua curiosità insaziabile per le macchine agricole l'ha portato dapprima a studiare all'istituto tecnico di agraria e in seguito a svolgere la laurea triennale e magistrale in Scienze e tecnologie agrarie presso l'Università di Padova. Oggi lavora come ricercatore con il team di meccanizzazione, studia il compattamento del terreno e l'agricoltura conservativa, l'interazione tra le macchine agricole e il suolo.Non a tutti la passione nasce da bambini ma può crescere con il tempo. La professoressa Laura Mugnai che insegna Patologia vegetale all'Università di Firenze ha frequentato il liceo classico e poi si è resa conto di voler lavorare con la natura: "Sono laureata in scienze forestali. Mi è piaciuto immensamente. Quando ho fatto l'esame di patologia vegetale mi ha affascinato la materia, il microscopio, il mondo dei funghi: delle meraviglie incredibili".
Appassionatasi agli aspetti di campo e alla diagnosi delle malattie delle piante, la professoressa Mugnai dopo la laurea si e specializzata in patologia. Oggi oltre a insegnare si occupa di ricerca. In particolare, studia le malattie del legno della vite e collabora a progetti sulla difesa sostenibile e alternativa allo scopo di ridurre l'impatto ambientale degli agrofarmaci.
"Molti ereditano il mestiere dei genitori" ha notato Ilaria Laterza (26 anni, Puglia) laureata all'Università di Bari. "Agraria è molto legata al contesto in cui vivi. A Bari, per esempio, ci sono molti studenti che hanno un'attività agricola di famiglia. Secondo me lanciano un messaggio importante perché dimostrano di voler riprendere in mano l'attività produttiva dei genitori con l'idea di espanderla o innovarla".
Non si deve scoraggiare però chi non viene da un ambiente agricolo: la motivazione è il fattore più importante.
Alcuni dati sull'università di agraria
Che agraria sia una scelta ultimamente molto gettonata lo dicono i numeri. Se nel 2015 in Italia 1.630 ragazzi hanno conseguito la laurea triennale in agraria, nel 2019 i laureati sono diventati 2.596 (dati Miur). Lo stesso discorso vale per le lauree magistrali, da 573 nel 2015 a 935 nel 2019."Alla magistrale abbiamo dei numeri veramente buoni", riporta Paolo Sambo, professore di Orticoltura all'Università di Padova. "Due anni fa siamo partiti con 80 iscritti e siamo arrivati con 79 laureati entro un anno". Di questi il 35% arriva da un istituto tecnico e l'altro 35% dai licei.
Una provenienza variegata che smentisce il luogo comune che soltanto chi ha fatto agraria alle superiori può iscriversi a questa università.
Un altro mito da sfatare è che agraria sia una università "da uomini". La percentuale di donne iscritte è aumentata molto negli anni: "Noi eravamo veramente poche, ci si contava su una mano. Adesso invece no", dice la professoressa Stefania Pollastro che insegna Patologia vegetale all'Università di Bari. "Addirittura nei corsi di scienze e tecnologie alimentare si dovrebbe parlare di pari opportunità al contrario perché la percentuale femminile è di gran lunga superiore a quella maschile mentre in scienze agrarie diciamo che i due terzi sono ragazzi e un terzo ragazze".
Sempre più donne, infatti, lavorano nel mondo dell'agricoltura. Gli esempi sono tanti e senza guardare troppo lontano basta pensare che la redazione di AgroNotizie è composta da ben sette donne su sette.
Il mondo del lavoro
Tranquillizzate pure gli animi, lavorare nel settore agricolo non vuol dire "andare a zappare la terra". Oltre a questo c'è tanto altro come lavorare, per esempio:
- in un'azienda agraria e agroindustriale con la possibilità di gestire le varie fasi della filiera produttiva come vendita, trasformazione, confezionamento, certificazione, tracciabilità;
- in un'industria produttrice di mezzi tecnici per l'agricoltura (ad esempio concimi e fertilizzanti, semi, macchine, agrofarmaci, ecc.);
- in un'azienda zootecnica;
- come libero professionista che si occupa di consulenza tecnica nel settore agroalimentare sia pubblico (regioni, province, comuni, consorzi, parchi naturali, ecc.) che privato (studi e società);
- come ricercatore o insegnante.
Secondo Almalaurea, su un campione di 6.581 laureati nel 2019 in discipline agrarie e veterinarie, il 44,4% lavora dopo un anno dalla laurea con una retribuzione media mensile netta di 1.068 euro.
Ilaria, che si è laureata nel 2019, lavora ora nel mondo della ricerca. In particolare si occupa della problematica della cimice asiatica che da un po' di anni sta facendo strage di frutta e verdura. "Ho iniziato consapevole che il mondo della ricerca italiano è ricco di problematiche. Non sempre ti si presentano le opportunità quando vorresti e come vorresti" dice Ilaria che però sottolinea anche la soddisfazione nel lavoro che fa: "La mia giornata tipo prevede sveglia presto, con la macchina raggiungo Bari dove solitamente prendo un caffè con un mio collega. Alle nove sono in ufficio e leggo subito le email. Dopo controllo gli allevamenti di cimici, gli cambio il cibo e controllo se ci sono nuovi individui sfarfallati. Mi dedico ad attività di laboratorio, per esempio analizzo dei campioni raccolti oppure costruisco le trappole che mi servono per il monitoraggio. A volte passo le giornate a programmare le cose da fare in campo, ad esempio seleziono dei siti dove andrò a raccogliere le cimici, contatto aziende o altri studenti e mi confronto con altri gruppi di ricerca".
Per chi invece preferisse provare un'esperienza all'estero, trovare lavoro fuori dai confini dell'Italia non è un problema. L'internazionalizzazione nel settore non manca e l'esperienza di Elisa Genovesi (28 anni, Emilia-Romagna) lo dimostra. Dopo essersi laureata all'Università di Bologna non ci ha messo molto a trovare lavoro in un'industria agroalimentare a Londra: "L'azienda lavora prodotti orticoli che vengono poi distribuiti alla Grande distribuzione organizzata (Gdo) e a tutti i grandi supermercati. Io mi occupo principalmente di assicurare che tutta la documentazione sia in linea con le regolamentazioni nazionali ed europee, controllo i requisiti richiesti dai vari supermercati e dalla Gdo. Inoltre, mi occupo dei prodotti agrofarmaci distribuiti, delle analisi di residuo dei prodotti, delle analisi microbiologiche, ecc. È principalmente lavoro di ufficio ma ci sono anche i vari controlli in campo nelle varie aziende".
Un po' diverso il percorso di Emanuele Vigano (27 anni, Lombardia) che subito dopo la laurea magistrale all'Università di Padova ha trovato lavoro come giardiniere a Milano nel pieno della crisi pandemica. Resosi conto dell'aumento di interesse per la cura del verde pubblico e soprattutto privato nei mesi di chiusura, ha deciso di farlo diventare il suo lavoro: "con il tempo mi piacerebbe fare un lavoro meno fisico e più intellettuale ma comunque nello stesso ambito, cioè il verde ornamentale e il verde urbano. Vorrei specializzarmi nella parte di perizia agronomica e nella parte pratica di potatura in tree climbing" per cui ha già fatto un corso. Il suo è un lavoro che è anche un'avventura quotidiana: non a tutti capita di doversi arrampicare sugli alberi ed essere anche ben pagati per farlo!
Nonostante il lavoro ci sia e i numeri dimostrino che non è affatto complicato trovarlo anche entro poco tempo dalla laurea, qualche difficoltà esiste. Finire il percorso universitario può spaventare perché il mondo del lavoro spesso è molto diverso da quello teorico a cui gli studenti sono stati abituati.
Il professore Domenico Pessina che insegna Meccanica agraria all'Università di Milano commenta il legame tra università e mondo del lavoro: "Negli ultimi anni gli organi di valutazione ci hanno imposto di migliorare questo legame, da un punto di vista duplice e complementare. Da una parte bisogna preparare di più gli studenti al mondo del lavoro aumentando il più possibile i periodi di tirocinio in aziende convenzionate per svolgere attività in ambito tipicamente lavorativo.
Dall'altra parte è necessario, in modo complementare, soddisfare le aspettative del mondo del lavoro. Quali sono le caratteristiche della figura professionale di cui c'è bisogno? Quali peculiarità deve avere un neo laureato? Cosa deve sapere? Al corso di laurea in viticoltura ed enologia noi siamo stati fortemente guidati dal mondo del lavoro su determinati aspetti. Infatti, la figura dell'enologo che formiamo è già pronta ad affrontare aspetti specifici. Abbiamo modificato in maniera significativa il triennio per rendere lo studente il più possibile pronto ad un inserimento proficuo nel mondo del lavoro".
Ricordiamo che per accedere a qualsiasi corso di laurea è fondamentale consultare il sito dell'ateneo di riferimento. Ogni università ha le proprie modalità e tempistiche di iscrizione e di ammissione.
Si ringraziano per la partecipazione i professori: Domenico Pessina dell'Università degli Studi di Milano, Enrico De Lillo dell'Università degli Studi di Bari, Laura Mugnai dell'Università degli Studi di Firenze, Paolo Sambo dell'Università degli Studi di Padova e Stefania Pollastro dell'Università degli Studi di Bari e gli ex studenti: Elia Tognetti, Elisa Genovesi, Emanuele Vigano, Ilaria Laterza e Marco Benetti.
Le singole interviste sono state riassunte, condensate ed editate per maggiore chiarezza e brevità, pur mantenendo il contenuto fedele a quanto detto.