La prossima Politica agricola comune (Pac) può aiutare a raggiungere gli obiettivi del Green deal?
Domanda a bruciapelo, ma inevitabilmente necessaria alla vigilia di quello che potrebbe essere il trilogo più importante per la definizione degli ultimi punti nodali della Riforma 2023-2027, che la presidenza portoghese di turno al Consiglio Ue punta a consolidare entro il prossimo 30 giugno.
 
Al quesito ha provato a rispondere Alan Matthews, professore emerito di Politica agricola europea al Trinity College di Dublino e fra i più autorevoli e attivi economisti agrari d'Europa, intervenendo al webinar organizzato dall'Associazione degli economisti e sociologi rurali della Repubblica Ceca.

La Commissione europea è alle prese con rilevanti sfide, come ha elencato lo stesso professor Matthews: "Le emissioni dell'agricoltura di gas a effetto serra sono in aumento e le proiezioni degli Stati membri fino al 2030 mostrano scarsi segni di miglioramento; anche le emissioni di ammoniaca stanno aumentando, ponendo il tema del rispetto dei limiti di inquinamento atmosferico; il bilancio lordo dell'azoto è migliorato tra il 2000 e il 2010, ma non ci sono stati ulteriori miglioramenti fino al 2015".

Non solo. "Ci sono tendenze preoccupanti nella salute del suolo, con il 75% delle terre coltivate dell'Unione europea che ha meno del 2% di carbonio organico - ha aggiunto l'economista -; la biodiversità dei terreni agricoli sta scomparendo e la recente relazione della Corte dei conti europea sottolinea che il contributo della Pac non ha arrestato il declino. Inoltre, l'obesità è in aumento e le malattie legate all'obesità rappresentano ora il 7% dei bilanci sanitari dell'Unione europea; livelli elevati di resistenza antimicrobica indicano che l'azione per affrontare la questione rimane insufficiente".

In tale contesto si aggiungono anche gli obiettivi indicati dalla Commissione von der Leyen ed inseriti nel Green deal. Sintetizziamo brevemente i principali, almeno quelli più specificatamente "agricoli" e contestualizzati nelle strategie Farm to fork e Biodiversity: l'agricoltura dovrà contribuire alla riduzione di almeno il 55% delle emissioni nette di gas a effetto serra; riduzione del 50% degli agrofarmaci e del 20% dei fertilizzanti chimici entro il 2030; aumentare la superficie coltivata in agricoltura biologica al 25% della Sau entro il 2030; mantenere una superficie minima del 10% con caratteristiche paesaggistiche ad alta diversità; raggiungere il 100% di internet a banda larga veloce nelle zone rurali entro il 2025.

Finora, ha commentato il professor Matthews, "non è stato previsto alcun sostegno sul piano normativo e politico per raggiungere tali obiettivi".
Un altro aspetto sul quale riflettere è legato alla discrasia temporale fra la proposta della Pac elaborata dalla Commissione Agricoltura dell'Ue, presentata nel 2018 dall'allora commissario Phil Hogan, e il Green deal, le cui strategie Farm to fork e Biodiversity sono state invece illustrate nel maggio dello scorso anno.

"Sembra che i negoziati del trilogo comporteranno una grave regressione rispetto alle proposte originali della Commissione - ha sostenuto il professor Matthews -, sebbene alcuni aspetti dell'architettura verde rimangano da decidere proprio nel super trilogo, per cui il risultato finale non è ancora noto. Le decisioni di respingere molte delle proposte della Commissione volte a rafforzare la protezione ambientale, l'incertezza circa l'efficacia degli eco schemi ecologici e la prospettiva che le risorse destinate alle azioni ambientali e climatiche saranno diluite, si tradurrà in un quadro legislativo più debole che renderà più difficile il raggiungimento degli obiettivi del Green deal".

"La decisione di estendere la pianificazione strategica e l'elaborazione di politiche basate su dati concreti dai Programmi di sviluppo rurale del solo Secondo pilastro all'intera Pac è un passo nella giusta direzione, così come il requisito secondo cui i piani strategici nazionali devono tener conto degli obblighi derivanti dalla legislazione specifica dell'Ue sull'ambiente e il clima" ha proseguito Alan Matthews in una riflessione postata anche sul sito "Cap Reform". "Ma ci sono grandi questioni aperte circa l'impegno per la pianificazione strategica e la capacità istituzionale di attuarla nei ministeri competenti, e sull'adeguatezza dei dati per supportare il processo decisionale basato sull'evidenza".

Il punto focale sembra riguardare la cinghia di trasmissione fra livello comunitario e livello nazionale. "Mentre la Commissione sta compiendo grandi sforzi per garantire che i piani nazionali riflettano e tengano conto degli obiettivi del Green deal - ha detto il professor Matthews -, i ministeri nazionali preferiscono non essere vincolati in questo modo. La questione fondamentale resta che le entrate della Pac sono preassegnate nell'ambito dei negoziati sul quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea e gli Stati membri sanno che questi fondi non saranno influenzati né negativamente né positivamente dal livello di ambizione dei loro piani strategici".

Il Green deal, è convinto Matthews, "offrirà nuove opportunità aprendo nuovi mercati, dalle materie prime industriali alle energie rinnovabili, ai mercati del carbonio. Alcune misure, come una maggiore efficienza nell'uso dell'azoto, potrebbero migliorare sia l'ambiente che i profitti degli agricoltori".

È fuori di dubbio che "saranno necessari investimenti molto maggiori in ricerca e innovazione in pratiche agricole alternative, che possano garantire la produzione riducendo i danni ambientali. In alcuni settori avrà senso utilizzare misure di politica commerciale per garantire condizioni di parità".
 
La domanda iniziale si presta a una duplice risposta. Una pessimistica. "La nuova Pac sarà molto meno efficace nel raggiungimento degli obiettivi del Green deal di quanto avrebbe potuto essere" è la prima analisi. "Sarà la riforma della Pac anche meno efficace del necessario per invertire il continuo deterioramento di molti indicatori agroambientali e accelerare i miglioramenti positivi, laddove esistono. Si può certamente trarre la conclusione pessimistica che l'obiettivo principale di questi negoziati è garantire i cambiamenti minimi necessari per mantenere il flusso di finanziamenti della Pac".

Allo stesso tempo, un'analisi più ottimistica ha portato l'economista del Trinity College di Dublino a evidenziare alcune leve possibili di sviluppo verde. "Le modifiche normative al di fuori della Pac, come ad esempio la legge europea sul clima e la legislazione correlata intorno al più ambizioso obiettivo di riduzione del 2030, cioè gli obiettivi di inquinamento zero - ha affermato - potrebbero forzare il ritmo del cambiamento. Ci sarà l'opportunità di apprendimento reciproco tra gli Stati membri per migliorare il funzionamento della pianificazione strategica e anche le pressioni sulla catena di approvvigionamento che riflettono le richieste del mercato diventeranno più impegnative".

Ecco, dunque, che ci vorrà del tempo prima che si possa finalmente valutare quale di queste ipotesi risulti più accurata.