Le tasse e il biogas

Dalla Commissione tributaria di Pavia arriva una sentenza che fa chiarezza sul regime fiscale per le aziende agricole che producono biogas.
Come spiega Giorgio Gavelli su “Il Sole 24 Ore” del 7 dicembre, questa sentenza specifica che la tariffa onnicomprensiva è soggetta a Iva, ma non concorre a formare il reddito delle imprese agricole.
Il caso è stato sollevato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un’azienda agricola che produceva energia agricola utilizzando per oltre il 51% prodotti aziendali.
Erano dunque rispettati i principi di prevalenza del dettato legislativo, cosa che consente all’azienda agricola di far rientrare nel reddito agrario l’energia prodotta in franchigia.

Come dettagliato nell’articolo, nella produzione di energia elettrica partendo da risorse aziendali il contribuente è tenuto a determinare la quota di reddito eccedente la quota incentivo.
La soluzione più semplice, conclude Gavelli “è quella di calcolare l'imponibile moltiplicando i kWh fatturati al Gse (Gestore servizi energetici - ndr) per il prezzo dell’energia comunicato annualmente dalla Autorità per l’energia elettrica e il gas.
 

Agricoltura e Recovery fund

Accese discussioni sulla destinazione dei sostegni previsti dal “Recovery fund”, che per l’Italia dovrebbero raggiungere l’importante cifra di 196 miliardi di euro.
Un’anticipazione delle scelte che saranno poi operate le fornisce “Il Fatto” dell’8 dicembre, ricordando i principali capitoli di spesa: transizione energetica (74 miliardi), digitalizzazione e cultura (48,7 miliardi), infrastrutture e mobilità (27 miliardi), istruzione (19,2 miliardi), parità di genere (17,1 miliardi), salute (9 miliardi).

L’agricoltura non è espressamente citata, ma ha un ruolo da protagonista nel capitolo sull’ambiente e sull’efficienza energetica.
Riduzione delle emissioni, ottimizzazione nell’uso delle risorse idriche e prevenzione del dissesto idrogeologico, hanno infatti contatti molto stretti con il mondo agricolo.
Non meno importante il capitolo sulla digitalizzazione, tenendo conto del forte ingresso delle tecnologie digitali in numerose attività dell’agricoltura e della zootecnia.
Al capitolo “Innovazione, competitività, digitalizzazione 4.0 e internazionalizzazione”, cioè fondi alle imprese (sgravi sugli investimenti), scrive Il Fatto, è destinata la fetta più grande, pari a 35,5 miliardi.
 

Attenti alla Brexit

Vale 3,4 miliardi l’export agroalimentare italiano verso la Gran Bretagna. Con il vino che da solo esporta per quasi 800 milioni di euro, seguito da tanti altri prodotti della “dieta mediterranea”.
Esportazioni che potrebbero essere messe in forse dall’esito degli accordi per la fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, la Brexit per dirla con una sola parola.

A ricordare le conseguenze di un mancato accordo è Annamaria Capparelli dalle pagine del “Quotidiano del Sud” del 9 dicembre, che pone l’accento anche sulla mancata protezione delle nostre eccellenze alimentari.
La Gran Bretagna, si legge nell’articolo, potrebbe infatti diventare il porto franco del falso made in Italy in Europa per l'assenza di tutela giuridica dei marchi dei prodotti Dop e Igp.
Se ciò accadesse i prodotti di imitazione avrebbero gioco facile nell’esercitare una concorrenza sleale, trasformando Londra nel centro di possibili triangolazioni.

L’articolo prosegue ricordando che la Gran Bretagna non è nuova a pratiche commerciali “disinvolte”, come la vendita di kit per produrre in casa Barolo e Valpolicella finti, ed è sempre la Gran Bretagna ad aver tenuto a battesimo le etichette a semaforo (ora riesumate dai francesi), che penalizzano il made in Italy.
 

Agricoltura vittima, non artefice

Si sofferma sui temi ambientali “Repubblica” del 10 dicembre e lo fa con un articolo a firma di Elena Dusi, che prende in esame i dati pubblicati da una nota rivista scientifica, Nature, sulle conseguenze delle attività dell’uomo sull’ambiente.
L’articolo spiega che se mettiamo su un piatto della bilancia piante, animali e microrganismi e sull’altro piatto mattoni, asfalto, auto, cellulari e tutto il resto, ciò che è realizzato dall’uomo “pesa” più di quanto creato dalla Natura.
Si arriva anche a stimarlo questo peso: 1.100 miliardi di tonnellate, difficile persino da immaginare.

Si continua poi affermando che “il peso del patrimonio naturale, dall’avvento dell’agricoltura a oggi, in circa 5mila anni, si è dimezzato, passando da 2mila miliardi di tonnellate a poco più di una, soprattutto a causa della perdita delle foreste”.
Frase che ha un retrogusto negativo nei confronti dell’agricoltura, quasi fosse sua la responsabilità di aver sottratto suolo o di aver impoverito le foreste.
Semmai è proprio la presenza dell’agricoltura e dell’uomo che nelle aree marginali evita il degrado della foresta e dei pascoli, ed è l’agricoltura che nelle terre più fertili realizza colture (il mais ne solo un esempio) che producono più verde di una foresta.

L’agricoltura andrebbe invece annoverata fra chi protegge l’ambiente, mentre essa stessa è “vittima” di una cementificazione a volte priva di senso, che riduce la disponibilità di terreni fertili.
Alla fine l’articolo ne dà una conferma, seppure indiretta, ricordando che in cima alle produzioni realizzate dall’uomo c’è il cemento e poi mattoni, vetro e l’onnipresente plastica.
 

I tesori del Mezzogiorno

La sola provincia di Matera produce più albicocche dell’intera Romania, la Puglia produce da sola più pomodori dell’intero Portogallo, più sedano del Belgio, più carciofi e indivia scarola e riccia della Francia, più grano duro e uva da tavola della Spagna.
Il Mezzogiorno (con 353 mila tonnellate nel 2019) produce il 93% dell’intera produzione italiana di carciofi ed è, di fatto, il primo produttore mondiale di questo ortaggio.

Sono solo alcune delle “curiosità” svelate da “Il Foglio” dell’11 dicembre, che dedica un ampio articolo sul contributo del Mezzogiorno alle produzioni vegetali fresche e di prima trasformazione connesse alla “dieta mediterranea”.
Marco Fortis, che firma l’articolo, riassume i dati dello studio della Fondazione Edison, intitolato “Il tesoro agricolo del Mezzogiorno”, dove si mette in luce la rilevanza dei numeri dell’agricoltura del nostro Sud.

Nel 2018, continua l’articolo, il Mezzogiorno d’Italia ha fatto registrare un valore totale delle produzioni ottenute da raccolti agricoli o dalle prime trasformazioni degli stessi, pari a 13,1 miliardi di euro, cioè il 42% circa della corrispondente produzione italiana di quell’anno.
E la quota preponderante di queste produzioni è legata a quelle che rientrano nella “dieta mediterranea”, che per l’Italia rappresenta un valore di 31,8 miliardi di euro, la cifra più importante fra i paesi europei.

Una grande agricoltura che meriterebbe, come evidenzia Marco Fortis, di essere adeguatamente valorizzata e potenziata con un profondo ripensamento degli obiettivi di infrastrutturazione del Sud, dall’irrigazione ai trasporti, alla logistica, così come dei modelli organizzativi della produzione, della commercializzazione, della promozione e dell’export.
 

Il clima cambia, meglio assicurarsi

Danni stimati in almeno 600 milioni di euro. Tanti sono quelli subiti dall’agricoltura a causa degli eventi estremi che accompagnano i cambiamenti climatici in atto, che hanno portato il 2020 ad essere uno dei tre anni più caldi di sempre.
Lo si apprende da “Il Sole 24 Ore” del 12 dicembre che con la firma di Alessio Romeo fa il punto sull’andamento delle coperture assicurative in campo agricolo.

Si scopre così che i premi assicurativi per l’anno in corso dovrebbero confermarsi intorno ai 500 milioni di euro, in linea con l’anno precedente.
Nel 2019, si legge nell’articolo, i valori assicurati si erano attestati a 8,3 miliardi considerando l’intero aggregato delle polizze a copertura dei danni da eventi atmosferici e sanitari, relativamente alle coltivazioni e agli allevamenti.
Modesto però il numero delle aziende assicurate, appena il 10% del totale. Eppure le imprese agricole possono vantare sostegni sino al 70% del premio dovuto alle compagnie assicurative.
Per aumentare il numero delle aziende che ricorre alle coperture assicurative, si sta pensando a livello comunitario di incrementare i fondi destinati alle polizze agevolate.

Il ramo più “gettonato” è quello dell’antigrandine, ma vanno aumentando le proposte con riferimento agli eventi estremi, come gelo, siccità e alluvioni.
Su questo tema l’articolo conclude che nei prossimi anni saranno sempre più importanti gli incentivi della nuova Pac per promuovere la cultura assicurativa nelle aziende agricole.
 

L’esempio francese

L’intervista raccolta da Maria Teresa Meli per le colonne del "Corriere della Sera" del 13 dicembre con la ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, è per gran parte centrata sull’attualità politica. Si discute di task force, di progetti, di capacità di spesa delle risorse che giungeranno dal Recovery fund, delle opportunità o meno di una “verifica” di Governo.
E di cose importanti come la presenza delle donne sul mercato del lavoro, sul riequilibrio e sviluppo del Mezzogiorno e via di questo passo.

Ma fra le pieghe dei molti argomenti spunta anche qualche argomento “agricolo” ed è la stessa Bellanova ad affrontare il tema rispondendo alle domande di chi la intervista.
Lo fa ricordando che al suo dicastero si sta lavorando già da agosto sui progetti da realizzare, con proposte definite di “altissima qualità”.
I miei uffici - afferma Bellanova - sono in grado di gestire le risorse e non hanno certo bisogno di essere commissariati.
E continua citando il confronto con i colleghi francesi su meccanizzazione e contratti di filiera. Oltralpe sono già definiti importi e modi per intervenire su questi due capitoli, mentre in Italia non si conosce ancora quante risorse saranno disponibili.
Almeno questa volta, aggiungo, si potrebbe prendere esempio dalla Francia.
"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"
Ogni lunedì uno sguardo agli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare e dell’agricoltura, letti e commentati nell'Edicola di AgroNotizie.

Nel rispetto del Diritto d’Autore, a partire dal 23 novembre 2020 non è più presente il link all’articolo recensito.

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