È motore propulsivo senza eguali e, dice correttamente Mantovani, "in Asia siamo cresciuti molto, ma altrettanto c'è ancora da fare. Ci sono grandi margini, ma per una volta vorremmo avere noi la piattaforma e non affidarci agli altri, perché non sappiamo poi come va a finire". In effetti, i casi delle portaerei in mano straniere, da Carrefour a Auchan, che privilegiano per amor di patria i prodotti francesi, qualcosa hanno insegnato.
Ecco allora che al 53° Vinitaly trova spazio la presentazione di "Wine to Asia", la nuova piattaforma multicanale di Veronafiere, creata attraverso una newco di cui la Spa veronese detiene la quota di maggioranza.
Partner unico è la Shenzhen Taoshow culture & media, società che fa parte della Pacco communication group Ltd con sede a Shenzhen e attiva anche a Beijing, Chengdu, Xi'an e Shanghai. L'iniziativa è in programma nel 2020.
"Il Far East è un'area da presidiare costantemente e per la quale abbiamo creato un'iniziativa permanente, come previsto dal nostro piano industriale, dopo oltre vent'anni di attività continuativa. Basti dire che la domanda globale di vino dell'Asia Orientale vale 6,45 miliardi di euro di import ed è prossima all'aggancio del Nord America che somma 6,95 miliardi di euro - spiega Maurizio Danese, presidente di Veronafiere -. Nella corsa al vino, l'Asia Orientale sta facendo gara a sé con un balzo a valore negli ultimi dieci anni del 227%: undici volte in più rispetto ai mercati Ue e quasi il quadruplo sull'area geoeconomica Nordamericana".
Una marcia a tappe forzate, che trova nel vino italiano molto di più di un ottimo prodotto, ma l'essenza per calarsi evidentemente in quello che è un vero e proprio "Italian way of life".
"Congratulazioni a Veronafiere e Pacco communication group per aver realizzato un nuovo brand di promozione del vino attraverso la piattaforma Wine to Asia - commenta Michele Geraci, sottosegretario del ministero allo Sviluppo economico -. Si tratta di una modalità di approccio innovativa al crescente mercato asiatico. Come Italia dobbiamo approfittare di questo momento di grande attenzione per il nostro paese da parte dei media e dei consumatori cinesi. Il Governo, dopo la firma del memorandum sulla Via della Seta e la creazione della Task force Cina, conferma una volta di più il suo sostegno alle Pmi che necessitano di guida e assistenza".
La città scelta per la nuova iniziativa è una delle aree più dinamiche della Cina, crocevia della Guangdong-Hong Kong-Macao Greater Bay Area che conta oltre 100 milioni di abitanti.
"Shenzhen ha il più alto tasso di crescita economica in Cina negli ultimi venti anni e sono presenti il 30% degli importatori totali di vino - sottolinea Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere -. Inoltre, è la terza città per importanza economica dopo Pechino e Shanghai ed è considerata la città dell'innovazione e della comunicazione digitale. Vinitaly è il brand forte del vino italiano in Cina, un marchio riconosciuto su cui stiamo costruendo un modello di stile tutto italiano di promozione in Asia. L'evento è b2b, prevede nella fase di startup la presenza di 400 espositori e si configura fin da subito con un respiro internazionale".
La società prescelta per l'accordo è stata fondata nel 2009 e si occupa di strategie online e offline di promozione in Cina nei settori wine&food e lifestyle e collabora con Veronafiere-Vinitaly già da sei anni, col quale promuove il fuori salone di Chengdu e i roadshow promozionali e culturali nelle città di prima e seconda fascia della Cina.
"Stiamo lavorando con Veronafiere dal 2014. Siamo partiti da Chengdu con il fuori salone, la più antica manifestazione dedicata ai vini e ai distillati in Cina e luogo simbolo della distribuzione che punta ad esaltare il segmento dei fine wine. Poi abbiamo contribuito ad ampliare il presidio di Vinitaly attraverso l'attività di roadshow in città di prima e seconda fascia. Questa lunga collaborazione ci ha permesso di conoscerci bene e raggiungere oggi questo accordo con l'obiettivo di cogliere nuove opportunità per il settore vitivinicolo sia in Cina che in Asia, mercati con la maggiore crescita potenziale al mondo", evidenzia Alan Hung, ceo di Shenzhen Pacco cultural communication Co., Ltd.
Pacco Group Ltd è co-organizzatore, inoltre, di Cfdf-China food & drink fair e organizzatore del Tao Show, il fuori salone del vino di Chengdu, due tra le più importanti manifestazioni b2b su vino e spiriti in Cina. Nel comparto wine ha una rete di contatti di oltre 60mila produttori internazionali, importatori e distributori cinesi. Tra i partner e i clienti, anche agenzia Ice, Vinexpo, JamesSuckling.com, Rhône Valley, Bordeaux Wine School, French Dairy Inter Branch Organization.
Vinitaly è un grande evento del vino italiano. Ne è vetrina, motore commerciale, ma è anche uno strumento di indagine estremamente utile per gli operatori, perché aiuta a leggere il mercato. Ed è in questo contesto che l'Osservatorio Vinitaly-Nomisma wine monitor racconta il mercato Italia, dal quale si evince appunto che il vino è molto più di un asset del made in Italy: è un collante tra generazioni che coinvolge quasi nove cittadini su dieci in tutto lo Stivale.
Rispetto a venti anni fa si beve meno - il 26% di volumi ridotti - ma lo fanno praticamente tutti e in modo più responsabile: la media è di due-quattro bicchieri a settimana, consumati soprattutto in casa (67%) in particolare dai baby boomers (55-73 anni, al 93%) ed è rilevante la quota di tutte le generazioni, con i millennials (18-38 anni) che evidenziano già un tasso di penetrazione pari all'84%. Dato in aumento sia a casa che nel fuori casa. Si beve meno, dunque, ma il mercato del vino tiene e produce un valore al consumo che, secondo l'analisi, è stimato dall'Osservatorio in 14,3 miliardi di euro (dato 2018).
Parliamo di un "mega-vigneto" da 650mila ettari, con 406 vini a denominazione, 310mila aziende e soprattutto un valore al consumo del mercato interno che l'Osservatorio Vinitaly-Nomisma wine monitor stima nel 2018 in 14,3 miliardi di euro, per un volume di vino venduto pari a 22,9 milioni di ettolitri.
Rispetto al 2017 si registra una crescita del 2,8% a valore a fronte di una sostanziale stabilità a volume (-0,4%). Nel confronto tra i top mercati per valore dei consumi, l'Italia si posiziona al quarto posto dopo Usa, Francia e Regno Unito.
Per la maggior parte degli intervistati il vino è tradizione, eleganza e cultura, al contrario dei superalcolici, associati a divertimento e monotonia, o della birra, dove prevale il matching con amicizia e quotidianità.
"Per gli italiani il vino va oltre lo status symbol - commenta il direttore generale di Veronafiere Spa, Giovanni Mantovani -, rappresentando un tassello fondamentale della cultura tricolore, al contrario di altri paesi consumatori. E Vinitaly è un brand riconosciuto come bandiera: tre italiani su quattro conoscono infatti la nostra manifestazione, dato che sale al Nord, per l'81%, e tra gli italiani con un alto livello di scolarità e reddito. Una notorietà del brand non fine a se stessa - continua il dg - perché Vinitaly ha l'obiettivo di parlare attraverso tutti i canali possibili, per creare un rapporto sempre più coeso tra il mondo dei produttori e quello dei consumatori. In questi anni abbiamo investito quasi 5 milioni di euro nello sviluppo digital e la nostra sarà la prima manifestazione che userà queste potenzialità".
E se è vero che il vino rosso rimane il favorito in tavola, lungo la penisola cambiano le preferenze sulla base di vecchie e nuove abitudini al consumo e della vocazione delle diverse aree vitate.
Chi beve vino rosso lo fa nella metà dei casi almeno due-tre volte la settimana mentre per le altre tipologie il consumo è più episodico, in particolare nel fuori casa. Nelle città metropolitane, dove il tasso di penetrazione è uguale o leggermente superiore alla media italiana (91% a Napoli contro 88% in Italia) e si abbassa l'età media dei consumatori, Roma beve molto più vino bianco rispetto alla media italiana (25% vs 18%) mentre a Napoli i rossi dominano nelle preferenze e a Milano lo sparkling presenta punte di consumo ben superiori alla media, come pure i rosati nei capoluoghi meneghino e partenopeo.
Un rapporto edonistico - quello tra gli italiani e il vino - fatto di soddisfazione dei sensi più che di conoscenza, con solo un quarto dei consumatori che si dice in grado di riconoscere ciò che sta bevendo. Quota quella degli 'esperti' che sale nei maschi (33% contro il 18% delle donne), nel Nord-Ovest (31%) e in maniera direttamente proporzionale al reddito (45%) e alla scolarità (laureati al 39%).
Tra i criteri di scelta, il territorio di produzione la spunta su denominazione e vitigno. Assieme sommano il 61% delle risposte e si rivelano molto più importanti di prezzo, brand aziendale, consigli di sommelier e caratteristiche green.
Tra i 'saranno famosi' nei prossimi due-tre anni, i consumatori indicano invece gli autoctoni (28%), i biologici (19%), i vini veneti, piemontesi, toscani, pugliesi e siciliani e quelli leggeri, facili da bere e da mixare. Vino nel bicchiere ma anche in campagna, con il 23% degli italiani che hanno fatto una vacanza/escursione in un territorio del vino e solo il 18% che esclude questa possibilità in futuro. Tra le mete più ambite, stravince la Toscana con il Chianti e Siena, poi Piemonte (Langhe e Asti) e il Veneto.
Su tutta la penisola si fa largo lo spritz che è il re del fuori casa (e dell'aperitivo) e ormai un vero e proprio rito di iniziazione al vino per i palati più giovani. Una svolta pop che allo stesso tempo può essere interpretata come un primo approccio culturale verso un prodotto bandiera.