Un aggiornamento che, di fatto, giunge più di 20 anni dopo le disposizioni del 1995. Il provvedimento, in base a quanto comunicato dal ministero delle Politiche agricole, si pone l’obiettivo di garantire una maggiore tutela del consumatore; assicurare una maggiore tutela del commercio e della concorrenza; semplificare e unificare in un solo testo di legge la materia dei controlli sulla produzione agricola biologica; rendere il sistema dei controlli più efficace anche sotto il profilo della repressione.
D’altronde, secondo quanto riportato recentemente dall’Alleanza delle Cooperative italiane, i dati elaborati da Nomisma dicono che “nel 2016 il biologico ha invece messo a punto un +20% delle vendite nella gdo e un +15% di acquisti nei negozi specializzati”.
Anche il numero di famiglie che acquistano prodotti biologici almeno una volta all’anno è in forte aumento: “Si passa dal 55% del 2013 al 74% del 2016, con un incremento pari a 1,2 milioni di famiglie utilizzatrici di prodotti bio solo nell’ultimo anno”.
“L’elemento di novità che sta caratterizzando questa nuova fase della crescita degli acquisti di prodotti bio nel mercato interno – spiega Paolo Carnemolla, presidente di Federbio - è certamente il ruolo da protagonista che sta assumendo la gdo, con un rinnovamento e una crescita costanti degli assortimenti che stanno diventando il motore più potente dell’aumento a due cifre dei consumi di biologico. Un aumento che secondo i dati di Nielsen e AssoBio ha contribuito per circa il 40% alla crescita dei consumi alimentari in Italia nel 2016, facendo del biologico e del suo sviluppo negli assortimenti sui banchi della gdo il traino indispensabile per tutta la distribuzione moderna in Italia”.
Quanto ai numeri legati alla produzione, la superficie coltivata biologico in Italia è di 1.492.579 ettari, il 7,5% in più rispetto allo scorso anno. Il sistema di certificazione nel 2015 annoverava 59.959 imprese, con 4.500 realtà che hanno scelto la conversione al biologico (+8,2% rispetto all’anno precedente).
“Il biologico – secondo Federbio - va dunque considerato un’industria a tutti gli effetti: un modello di crescita economica sostenibile che offre vantaggi e opportunità per chi fa impresa e per la qualità e la sicurezza del consumo dei cittadini italiani”.
Il decreto, dichiara il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, vuole “rendere sempre più forte, sicuro e trasparente il settore biologico italiano. Siamo leader in Europa per numero di operatori e vediamo una crescita progressiva delle superfici coltivate a biologico. Con questo provvedimento c’è un salto di qualità nei controlli, per dare sempre più garanzie ai consumatori e ai produttori onesti. Mettiamo in un unico testo tutte le disposizioni in materia e soprattutto introduciamo disposizioni contro i conflitti di interesse che si sono verificati in passato. Rendiamo più corretti e trasparenti i rapporti tra controllori e controllati, in modo da rafforzare la credibilità di un settore assolutamente strategico”.
Il decreto conferma che il Mipaaf è l’autorità competente per l’organizzazione dei controlli e che delega tali compiti ad organismi di controllo privati e autorizzati. Le autorizzazioni all’esercizio dei compiti di controllo sono rilasciate dall’Ispettorato centrale per la tutela della qualità e la repressione frodi dei prodotti agroalimentari, al quale spetta l’esercizio dei compiti di controllo.
Al Comando unità tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei Carabinieri è attribuita, oltre all’attività di controllo sugli operatori, anche quella di vigilanza sugli organismi di controllo.
Il decreto prevede che le Regioni e le province autonome conservino ed esercitino l’attività di vigilanza e controllo negli ambiti territoriali di competenza.
La norma punta a eliminare potenziali situazioni di conflitto di interessi. La norma introduce meccanismi a rafforzamento della leale concorrenza e per l’eliminazione dei conflitti di interessi degli organismi di controllo.
Per questo si stabilisce che gli operatori del biologico non possono detenere partecipazioni societarie degli organismi di controllo; gli organismi di controllo non possono controllare per più di 5 anni lo stesso operatore; gli organismi di controllo devono garantire adeguate esperienza e competenza delle risorse umane impiegate.
Sono inoltre stabiliti nuovi obblighi di comportamento degli organismi di controllo, che discendono dai principi di trasparenza e correttezza e si prevedono conseguenti sanzioni amministrative pecuniarie, con funzioni deterrenti.
La norma istituisce una banca dati pubblica di tutte le transazioni commerciali del settore biologico fruibile da tutti gli operatori del sistema, per rendere più trasparenti le transazioni e più tempestiva l’azione antifrode e maggiore la tutela dei consumatori.
In Europa, intanto, si cerca di raggiungere un’intesa sul regolamento sul biologico, giunto ancora una volta in una fase di stallo dalla quale difficilmente si potrà uscire. Anche alla luce di una scadenza imminente del mandato maltese alla presidenza europea.
All’ultimo Consiglio agricolo Ue 17 Stati membri hanno cassato la proposta di riforma sul cosiddetto “organic”, tanto che il commissario europeo all’Agricoltura, Phil Hogan, aveva giocato l’ultima carta a disposizione, avanzando la proposta di stralciare le due questioni più controverse del dossier, ovvero i residui accidentali di agrofarmaci e il riconoscimento bio a colture cresciute in particolari condizioni in serra. Una soluzione che non è piaciuta e che non ha ricevuto l’opposizione solamente da Germania, Irlanda e Olanda.
Eppure, secondo il neoministro all’Agricoltura di Malta, Clint Camilleri, “la maggioranza delle delegazioni vuole continuare”. Ultima chance rimangono incontri bilaterali fra la presidenza di turno maltese e le delegazioni nazionali, una pratica che non aveva avuto tuttavia successo nell’abbrivio del semestre.
La mossa è quella di stendere un nuovo testo entro mercoledì e approvarlo entro il 26 giugno, in modo da consentire almeno una seduta negoziale con il Parlamento prima della fine del semestre di presidenza maltese.
Luci e ombre del bio
Secondo uno “Studio sulla distribuzione del valore aggiunto nella filiera alimentare biologica”, condotto a livello europeo dalla Dg Agricoltura sull’efficacia del funzionamento delle catene di approvvigionamento del settore, è emerso che si crea un valore aggiunto più elevato nelle filiere alimentari del settore biologico rispetto a quelle convenzionali.Tuttavia, non è stata riscontrata alcuna prova nel senso di una differente distribuzione della quota di valore aggiunto. Anche nelle catene di approvvigionamento alimentare biologico, cioè, gli agricoltori sembrano aggiudicarsi una piccola percentuale di valore aggiunto.
Questo potrebbe spiegarsi alla luce di alcune similitudini tra catene di approvvigionamento biologiche e convenzionali: parrebbe che la distribuzione del valore aggiunto dipenda fortemente dalla struttura e dalle caratteristiche specifiche della filiera, ad esempio dal suo livello di integrazione o dai rapporti di potere tra gli operatori del mercato.