Gli agricoltori Fidenato e Taboga sono imputati in un procedimento penale in Italia per aver coltivato mais transgenico di tipologia Mon810 nel loro campo a Colloredo di Monte Albano in provincia di Udine.
Dopo diverse sentenze italiane, il giudice del Tribunale di Udine si è rivolto alla Corte di giustizia Ue per stabilire se il divieto dell'Italia di coltivazione del mais transgenico Mon810 del 2013 sia compatibile con il diritto dell'Unione.
I fatti
Nel 1998 la Commissione ha autorizzato l'immissione in commercio di un mais geneticamente modificato prodotto dalla Monsanto, il Mon810, particolarmente resistente agli insetti.
L'11 aprile 2013, il Governo italiano, sulla base di recenti studi scientifici che evidenziavano la necessità di adottare certe precauzioni nella coltivazione del mais transgenico, ha chiesto alla Commissione di adottare una misura d'urgenza e di vietare, quantomeno provvisoriamente, la coltivazione e l'immissione in commercio del Mon810.
La Commissione, tuttavia, ha ritenuto insussistente, nella specie, l'urgenza di provvedere e ha chiesto un nuovo parere scientifico all'Efsa. Quest'ultima ha confermato l'assenza di pericolosità del prodotto. La Commissione, pertanto, non ha adottato alcun provvedimento teso a vietare la coltivazione del mais in questione o a prescriverne particolari modalità di coltivazione.
Nonostante ciò, l'Italia ha vietato, per una durata di diciotto mesi, la coltivazione del mais geneticamente modificato Mon810 sul suo territorio, con decreto del 12 luglio 2013 del ministro della Salute, di concerto con il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali e con il ministro dell'Ambiente.
La procedura di autorizzazione Ogm in Europa
Oggi l'autorizzazione degli Organismi geneticamente modificati (Ogm) è concessa caso per caso a livello Ue, previa presentazione di una domanda. Agli Stati membri spetta di procedere alla valutazione iniziale dei rischi connessi alla coltivazione degli Ogm.
Possibilità divieto nazionale
Dall'aprile 2015, ogni paese Ue può proibire sul proprio suolo la coltivazione di un determinato prodotto Ogm per motivi di tutela della salute umana e dell'ambiente e in applicazione del "principio di precauzione".
Nell'ottobre dello stesso anno, invece, era stata bocciata dal Parlamento europeo la proposta di dare agli Stati membri la possibilità di vietare la commercializzazione all'interno dei propri confini nazionali dei prodotti Ogm per non minare l'integrità del mercato unico europeo.