Oggi la superficie europea coltivata ecologicamente arriva a poco più del 6% di quella totale: questa volta si tratta di fare come l'Italia, che pianta e semina a biologico e biodinamico quasi a ritmo doppio rispetto agli altri paesi Ue, arrivando a coprire l'11,7% dei suoi campi. E l'obiettivo del 20% di agricoltura bio nella Ue può abbassare sostanzialmente la febbre del Pianeta. E' questa la sfida lanciata dal 34° Congresso internazionale dell'Associazione dell'agricoltura biodinamica "Per la rinascita del Sud: le nuove frontiere dell'agroecologia" in corso a Napoli e a Capua da oggi, 10 novembre 2016 e fino a domenica, organizzato con il patrocinio dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, del FAI-Fondo Ambiente Italiano, dell'Ordine Nazionale degli Agronomi e di Demeter.
"L'agricoltura ecologica è uno dei più potenti strumenti per sanare gli squilibri ecologici ed è allo stesso tempo una via per produrre innovazione, tenuta sociale e anche bellezza", ha affermato nell’intervento di oggi Carlo Triarico, presidente dell'Associazione per l'agricoltura biodinamica.
"E' un nodo cruciale della modernità, perché è una prospettiva concreta e sostenibile per il Sud del Paese per favorire salute, occupazione e turismo. La biodinamica è un pezzo importante di questo processo, grazie alle piccole e grandi aziende che hanno intrapreso un nuovo modello agricolo capace di aprire nuovi orizzonti anche sul piano della gestione del territorio, Inoltre, proprio alla conclusione del convegno si lancerà una grande iniziativa di cura del paesaggio originario italiano, attraverso il rafforzamento della collaborazione con il Fondo Ambiente Italiano" ha infine annunciato Triarico.
E mentre a Marrakech è in corso la 22ma Conferenza dell'Onu sul clima, la prima dopo l'accordo di Parigi, in cui si dovranno indicare le azioni e le politiche per contenere l'aumento della temperatura entro 1,5-2 gradi rispetto all'epoca preindustriale, dal mondo della bioagricoltura - biologico e biodinamica - arriva una proposta concreta.
“Molti studi ci dicono che la bioagricoltura produce il 40% in meno di gas serra rispetto a quella convenzionale, grazie a un minor uso di chimica e di energia e a un maggior ricorso al lavoro umano nel vero e proprio processo di coltivazione. Contemporaneamente, i suoli bio, specialmente quelli biodinamici la cui maggiore capacità di fertilità è riconosciuta, fissano nel suolo una quantità di carbonio compreso tra 0,3 e 0,6 tonnellate l'ettaro ogni anno" è scritto in una nota diffusa alla stampa dagli organizzatori del convegno.
Ma per fare in modo che l’agricoltura biodinamica possa progredire c’è bisogno di sempre maggiori evidenze scientifiche su metodiche e risultati. “Stiamo lavorando alla formazione degli agronomi in agricoltura biologica – ha detto il direttore del Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi Federico II di Napoli, Matteo Lorito – grazie ad un corso di laurea dedicato nel quale troverà spazio anche la formazione alla biodinamica”.
Ma Lorito ha anche ricordato: “Servono soldi per affermare la formazione in agricoltura biodinamica, perché mancano in tal senso bandi di ricerca e quindi risorse”.
Per il direttore del Dipartimento di Agraria di Napoli i filoni da declinare in chiave biodinamica sono importanti e vanno dalle ricerche sul microbioma del suolo, che consente di individuare ed ottimizzare le strategie di ripristino della flora batterica della terra, fondamentale per il fissaggio al suolo dell’azoto atmosferico, agli studi sui biofitofarmaci, fondamentali per la difesa.
“Questo perché sono convinto che la sfida lanciata dalla Fao al settore agricolo mondiale – ha sottolineato Lorito – incrementare la produzione del 60% nei prossimi 40 anni, non potrà essere perseguita né mediante il ricorso all’innovazione varietale, che impiega molto tempo per dare risultati, né all’incremento dell’utilizzo della chimica, per gli evidenti limiti ambientali che essa presenta”.