Una piccola modifica al Regolamento (CEE) 2568/1991 e un terzo dell’olio extravergine di olive della Calabria diventa un rifiuto speciale, mettendo in ginocchio 29mila aziende agricole. Autrice del misfatto la Commissione europea, che ha commesso un errore che va corretto al più presto.
 
“Con la modifica imposta dal Regolamento di esecuzione Ue 1830/2015 – che stabilisce la revisione dei valori per alcuni acidi grassi e per gli steroli totali – l'Italia olivicolo-olearia diventa fuorilegge, Dop e Igp comprese. Persino alcuni oli italiani, certificati Dop e Igp, non sarebbero più, infatti, in possesso del requisito minimo di 1000 mg/kg di steroli totali previsti dalla nuova normativa. Ma a pagarne il prezzo più alto sarebbe ancora una volta la Calabria che rischia il declassamento di una varietà, fino a ieri, emblema del Sud, la Carolea”.
È quanto si legge in una nota di Agrinsieme Calabria, diramata alcuni giorni fa.
 
“Oli di assoluta qualità – si legge ancora nella nota – che non si potrebbero più vantare della denominazione di olio extravergine di oliva a causa dello sforamento del nuovo limite relativo all'acido grasso eptadecenoico. In particolare negli oli di Carolea, i valori attuali dell'acido eptadecenoico supererebbero il limite dello 0,30% fissato dalla nuova normativa. Un superamento, quello dei valori analitici parametrici, che non incide in alcun modo né sul livello qualitativo degli oli né sulla genuinità del prodotto”.
 
La questione è ora all’attenzione del ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, che è stato informato dalle organizzazioni agricole calabresi e dal governo della Regione Calabria.
 
Il Regolamento di esecuzione Ue 1839/2015 è dell’8 luglio 2015 ed è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle comunità europee il 13 ottobre scorso. A prima vista sembra essere una modifica del regolamento (CEE) n. 2568/91 piuttosto scontata: una sorta di atto di recepimento delle richieste del Consiglio olivicolo internazionale sulle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva e dei metodi ad essi attinenti. Il tutto contenuto in una sola pagina di testo ed in ben quattro pagine di tabelle e grafici.
 
Ma a far saltare i produttori di olio calabresi è innanzitutto il requisito minimo per gli steroli totali, una parte della frazione non saponificabile degli oli di oliva, che in tutto non assomma a più del 3% del prodotto: l’olio di oliva, anche il lampante, deve possederne almeno 1000 mg per chilo. In pratica, l’olio extravergine di olive da Carolea non potrebbe essere più commercializzato neppure come lampante, diventando un rifiuto speciale.
 
In più sulla Carolea – guardando ai parametri inerenti la parte saponificabile degli oli di oliva contenuta nel nuovo regolamento - si aggiunge il problema posto dal limite parametrico per l’acido eptadecenoico che il nuovo regolamento porta a 0,30%. Anche in questo caso, gli extravergini calabresi finirebbero fuori da ogni mercato degli oli di oliva.
 
“C’è un’ampia fascia di territorio calabrese che corre da Lametia Terme fino alla sponda jonica a Crotone dove tutti gli oliveti sono a Carolea, parliamo di un danno difficile da quantificare, ma che si aggira su circa il 30 per cento della produzione di olio calabrese " spiega Giovanni Iannuzzi, direttore di Confagricoltura Calabria.

Agrinsieme ha già chiesto, lo scorso 16 novembre, con una missiva indirizzata al ministro Maurizio Martina, un intervento decisivo del governo per dirimere la questione nelle sedi più appropriate, ovvero quelle del Consiglio oleicolo internazionale e della Commissione europea.
“Occorre fare molto presto – sottolinea Iannuzzi – Si rischia di non riuscire a commercializzare l’olio di un’intera annata agraria in una parte importante della Calabria”.
 
Per migliorare gli oli le soluzioni per altro sarebbero ben altre: “Come proposto dall'intera filiera olivicolo-olearia italiana – si legge ancora nella nota di Agrinsieme Calabria – sarebbe più logico alzare a 0,50% i limiti per gli acidi grassi e prevedere di abbassare a 900 mg/kg il valore degli steroli totali.
Oggi – dopo aver ottenuto anche l'intervento del governo regionale presso il ministro Martina per un problema che vede coinvolte più di 29mila aziende – Agrinsieme Calabria chiede e si attende dalla politica calabrese
– conclude la nota – una levata di scudi contro un "cavillo numerico" che investe una filiera essenziale, determinante e maggioritaria per la regione”.