Il fatto che l'Unione europea abbia emanato un Regolamento che finalmente consente di definire ed etichettare i vini bio come tali è ormai cosa risaputa.
Che tale Regolamento possa avere conseguenze considerevoli in tema di garanzie per il consumatore e di riscontro sul mercato internazionale ne è conseguenza evidente.
Entriamo allora nel vivo della questione.

La nuova normativa europea, applicata per la prima volta alla vendemmia in corso, consente di definire i vini come “biologici” e non più semplicemente “prodotti da uve biologiche” perché, oltre a garantire la provenienza delle uve, garantisce anche sulle pratiche di cantina.
Quindi, in concreto, di cosa si sta parlando se non di certificazione?
Il vino per definizione è ed è destinato a rimanere, un prodotto lavorato; la lavorazione del vino biologico, però, deve essere sottoposta a restrizioni determinate, puntualmente elencate nel Regolamento europeo. Pertanto qualcuno dovrà pur vigilare sul corretto ed effettivo svolgersi di tali lavorazioni e restrizioni.
Lavorazioni, restrizioni e controlli sono i tre parametri giuridici entro i quali l'operatore vitivinicolo dovrà muoversi nel futuro prossimo/imminente e la certificazione del processo non potrà che essere lo sbocco naturale per chi vorrà trovare il fil rouge tra i summenzionati elementi.

Attualmente nemmeno il Decreto ministeriale 177 del 31 luglio 2012, emanato in applicazione del Regolamento, ha provveduto ad individuare gli organi competenti che, comunque, con ogni probabilità resteranno quegli enti che svolgevano la medesima funzione riguardo alle uve da agricoltura biologica.

Ma la domanda, volutamente provocatoria, a questo punto è un'altra: perché non investire direttamente il produttore del compito di effettuare una sorta di autocertificazione che attesti prodotti utilizzati, lavorazioni effettuate, sostanze utilizzate? 
In questo modo andrebbe a snellirsi l'attività degli Organismi di controllo. Attività che, naturalmente, non potrebbe essere sostituita in toto, ma sarebbe meno gravosa per l'agricoltore.
La risposta è semplice ma con implicazioni nient'affatto semplicistiche.
No, non si può certo pensare di trasformare la certificazione in un'autocertificazione - non è permesso dalle leggi sopracitate - bensì di improntare un sistema di tracciabilità in cui i vari elementi dello stesso abbiano, di fatto, lo stesso valore di un atto pubblico o di documenti giuridicamente equiparati.
Questa attività di “tracciabilità strutturata”, ad oggi si può considerare di facile portata grazie a strumenti innovativi che consentono al produttore di aggiornare in tempo reale gli appositi Registri, che diventano così un vero e proprio “specchio” dell'effettiva situazione in vigna ed in cantina.

Infatti, con l'utilizzo delle nuove tecnologie, non ancora diffuse in questo settore ma ampiamente utilizzate (ad esempio in campo medicale), si possono studiare soluzioni adeguate alle diverse tipologie aziendali, che prevedano modalità di certificazione puntuali ed in grado di fornire con precisione tutte le indicazioni necessarie a descrivere (con efficacia esterna altamente rafforzata) trattamenti erogati, prodotti utilizzati e lavorazioni effettuate.

Un tale grado di precisione, trasparenza ed efficacia del dato comunicato si può attualmente ottenere avvalendosi di tecnologie diffuse e di facile utilizzo come la firma digitale, la posta elettronica certificata e in generale di tutti quei procedimenti di digitalizzazione certificata del dato.
Chi scrive, pertanto, ritiene che l'utilizzo di nuove tecniche di tracciabilità comportino un investimento in termini di tempo e denaro ripagato.

Approfondiremo in successivi articoli e in modo più specifico gli aspetti giuridici di questa rivoluzione che lentamente sta arrivando tra le vigne e nelle cantine.

 
A cura di Stefano Fiorentino e Cristina Gaia Giurdanella
Studio Legale Fiorentino


 

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Lo Studio Legale Fiorentino, sin dalla sua nascita nel 1999, opera nei principali settori del diritto civile, commerciale e societario, sia in campo giudiziale che stragiudiziale, in ambito nazionale ed internazionale.

Storicamente operante nel settore delle biotecnologie medicali, lo Studio nell’ultimo periodo ha iniziato un percorso regolatorio anche in ambito agri-food ed in particolare nel settore vitivinicolo, regolamentato da una normativa in continua evoluzione e di rilevante interesse giuridico per gli operatori del settore.

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